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La riduzione degli obblighi di rendicontazione e degli obblighi di due diligence approvata dal Parlamento europeo apre uno scenario articolato per l’economia blu e la filiera ittica. La posizione negoziale adottata punta a semplificare gli adempimenti, circoscrivendo gli obblighi alle imprese di dimensioni molto grandi. Nonostante ciò, le ricadute indirette per il settore del pesce rimangono significative e richiedono attenzione.

Gli obblighi di bilancio di sostenibilità verranno applicati solo alle imprese con oltre 1.750 dipendenti e un fatturato superiore a 450 milioni di euro, mentre la due diligence obbligatoria interesserà solo i gruppi con più di 5.000 dipendenti e 1,5 miliardi di fatturato. La maggior parte delle aziende della filiera ittica, composte in larga misura da PMI, resta quindi ai margini del perimetro normativo, ma non può considerarsi fuori dall’arena delle aspettative di mercato.

Che cosa si intende davvero per rendicontazione di sostenibilità

La rendicontazione di sostenibilità rappresenta un sistema organico di informazioni sugli impatti ambientali, sociali e di governance di un’impresa. Non si limita a un documento descrittivo, ma diventa un vero bilancio non finanziario affiancato al bilancio economico. L’azienda rende conto di come utilizza risorse naturali, energia e acqua, come gestisce emissioni e rifiuti, quali politiche adotta per sicurezza, welfare e parità di trattamento.

Nel settore ittico questi elementi riguardano lo sforzo di pesca, la tutela degli stock, la gestione degli impatti in acquacoltura, la tracciabilità delle materie prime, il benessere animale e le condizioni di lavoro lungo la catena del valore. La riduzione degli obblighi non elimina queste esigenze, ma sposta l’attenzione su un approccio più volontario, spinto soprattutto da mercati e clienti istituzionali.

Due diligence: dal quadro normativo alla filiera del pesce

La due diligence è il processo attraverso il quale un’impresa identifica, previene e mitiga i propri impatti negativi sulle persone e sull’ambiente lungo tutta la filiera. Nel comparto ittico significa valutare come si pescano o si allevano le specie, in quali condizioni operano i lavoratori a bordo e negli stabilimenti, quali rischi ambientali e sociali emergono nei porti di sbarco, nella trasformazione e nella logistica.

Con l’alleggerimento normativo, gli obblighi si applicano solo a un numero ristretto di grandi imprese. Tuttavia, queste imprese continueranno a richiedere garanzie solide a tutti i fornitori, soprattutto quando si tratta di prodotti ittici provenienti da Paesi terzi o da filiere complesse. L’effetto a cascata della due diligence resta quindi una costante anche in un quadro regolatorio più leggero.

Soglie più elevate e obblighi semplificati: che cosa cambia

L’innalzamento delle soglie riduce in modo significativo il numero di imprese obbligate. La rendicontazione settoriale diventa volontaria e gli standard saranno alleggeriti, con minori richieste qualitative e una maggiore flessibilità per le PMI, che non potranno essere sovraccaricate dai grandi partner commerciali.

Sul fronte della due diligence viene eliminato l’obbligo di predisporre un piano di transizione verso la piena conformità con l’Accordo di Parigi. La responsabilità sulle violazioni ricade sui sistemi nazionali, con sanzioni definite dagli Stati membri. Per il settore ittico questo significa un minor carico amministrativo diretto, ma anche un possibile rallentamento dei processi di allineamento tra obblighi legali e pratiche ESG consolidate.

Opportunità e rischi per la filiera ittica

Per le imprese ittiche medio-piccole la riduzione degli obblighi di rendicontazione e degli obblighi di due diligence rappresenta un sollievo amministrativo. Tuttavia, i principali mercati europei continueranno a chiedere dati solidi su origine del pescato, condizioni di lavoro, tracciabilità e impatti ambientali. I buyer che operano con politiche ESG interne o nell’ambito della GDO mantengono standard elevati anche in assenza di obblighi stringenti.

Per questo, investire in sistemi di tracciabilità, gestione dati e reporting integrato può trasformarsi in un vantaggio competitivo. Chi sceglierà di rimanere ancorato a un approccio minimale rischierà invece di perdere spazio all’interno delle catene del valore internazionali.

Il portale digitale UE come risorsa per le imprese del mare

La creazione di un portale digitale europeo unico con linee guida, modelli e informazioni sugli obblighi di rendicontazione (misura prevista dal pacchetto di semplificazione che il Parlamento europeo vuole introdurre) può rappresentare un’opportunità importante per la filiera. Anche se molti operatori non saranno soggetti a rendicontazione obbligatoria, la disponibilità di strumenti gratuiti può agevolare la costruzione di report credibili e coerenti con le aspettative di mercato.

Consorzi, organizzazioni di produttori e associazioni di categoria possono utilizzare questo strumento per accompagnare le aziende in percorsi di sostenibilità più leggeri e strutturati, migliorando la competitività complessiva del comparto.

Le prossime tappe e la strategia che serve alla filiera

La posizione approvata dal Parlamento europeo avvia ora i negoziati con il Consiglio e la Commissione, con l’obiettivo di finalizzare la legislazione entro la fine del 2025. La filiera ittiva può utilizzare questa fase di transizione per rafforzare sistemi di tracciabilità, raccolta dati e gestione degli impatti ambientali e sociali.

La sostenibilità non è più solo una questione di obblighi normativi, ma un elemento centrale di posizionamento e reputazione. Il settore ittico potrà competere meglio se saprà raccontare, e soprattutto dimostrare, la qualità del proprio operare in mare e a terra.

L’articolo Nuove soglie UE per rendicontazione e due diligence: cosa deve aspettarsi la filiera ittica proviene da Pesceinrete.

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