Trasformare i rifiuti ittici in collagene di alto valore

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Trasformare i rifiuti ittici in collagene di alto valore – Una nuova ricerca della Swinburne University in Australia mette in luce un’innovazione promettente per l’industria ittica: la produzione di collagene di alto valore dai sottoprodotti del settore ittico. Guidata da Nisa Salim della School of Engineering della Swinburne e supportata dal governo dello stato di Victoria, il progetto esplora un metodo sostenibile per estrarre collagene dai materiali di scarto, offrendo un’alternativa etica alle fonti animali.

L’industria ittica è nota per generare grandi quantità di rifiuti, tra cui pelle di pesce, ossa e squame. Questi rifiuti spesso finiscono in discarica o vengono scaricati negli oceani, contribuendo a problematiche ambientali come la riduzione dei livelli di ossigeno e l’alterazione degli ecosistemi marini. Solo in Australia, circa 90.000 tonnellate di rifiuti ittici finiscono ogni anno nelle discariche. La ricerca di Salim offre una nuova via per trasformare questi rifiuti in una risorsa preziosa.

Il collagene è una proteina molto richiesta in vari settori, dalla cosmetica e farmaceutica fino all’alimentare e ai trattamenti medici. Tradizionalmente, il mercato è stato dominato da collagene di origine animale, ma la crescente attenzione verso alternative etiche e sostenibili ha creato la domanda per soluzioni innovative. Con questa ricerca, il collagene derivato dai sottoprodotti ittici potrebbe presto soddisfare questa domanda. Si prevede che il mercato globale del collagene crescerà significativamente, con stime che indicano un aumento da 5 miliardi a 8 miliardi di dollari entro i prossimi cinque anni.

Il metodo sviluppato da Salim rappresenta una soluzione ecologica, in linea con i principi dell’economia circolare. Riproporre i sottoprodotti ittici offre un duplice vantaggio: ridurre i rifiuti e creare una risorsa redditizia per diversi settori. Il progetto dimostra anche potenziali vantaggi economici, soprattutto per le comunità costiere che dipendono dall’industria della pesca. La capacità di generare nuove fonti di reddito dai materiali di scarto potrebbe trasformare il settore, garantendo sostenibilità ambientale e crescita economica.

In collaborazione con l‘End Food Waste Cooperative Research Centre, il team prevede di esplorare ulteriormente le applicazioni commerciali di questa tecnologia. I primi test hanno dimostrato che il collagene derivato dai rifiuti ittici soddisfa gli alti standard richiesti per l’uso sia nell’industria alimentare che cosmetica. Con test di fattibilità e valutazioni di mercato in corso, il futuro del collagene ottenuto dai sottoprodotti della pesca sembra promettente.

Mentre le industrie globali danno sempre più priorità alla sostenibilità, innovazioni come questa potrebbero servire da modello per ridurre l’impatto ambientale e massimizzare l’efficienza delle risorse. Il passaggio dalle fonti tradizionali di collagene a quelle derivate dai sottoprodotti ittici rappresenta una soluzione vantaggiosa sia per il pianeta che per l’economia.

Trasformare i rifiuti ittici in collagene di alto valore

 

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Federpesca. Continua Linea Blu Discovery

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Federpesca. Continua Linea Blu Discovery – Continua il viaggio nel mondo della pesca italiana! Appuntamento a questo sabato, 21 settembre, ore 14.00 su Rai 1 per la seconda puntata di Linea Blu Discovery. A condurre il programma ritroveremo Fabio Gallo e Giulia Capocchi, che verranno guidati nel loro viaggio dagli uomini e dalle donne di Federpesca, la Federazione Nazionale delle imprese di Pesca che dal 1961 rappresenta e tutela gli armatori e le imprese della pesca italiana.

“La prima puntata di sabato scorso ha registrato 1.764.000 spettatori con il 13,6% di share. Un record assoluto, di cui siamo orgogliosi e che conferma la nostra intuizione di voler avvicinare i cittadini ad un comparto poco conosciuto attraverso il racconto concreto di un importante settore produttivo del Paese che merita la dignità che gli spetta” ha dichiarato la Direttrice di Federpesca, Francesca Biondo.

La seconda puntata di Linea Blu Discovery unirà Marche e Calabria. Fabio Gallo sarà a San Benedetto del Tronto, borgo marinaro che ha scritto la storia della pesca oceanica. Dopo aver raccontato la tecnica a circuizione per la pesca di alici e sardine, parlerà con una Docente universitaria e biologa dell’Università Politecnica delle Marche di come i cambiamenti climatici stiano avendo un forte impatto sulla diminuzione di questa risorsa ittica e come sia oggi imperativa la collaborazione con i pescatori per trovare soluzioni efficaci. Infine, si parlerà di come il nuovo corso di laurea in gestione della pesca che sarà avviato a San Benedetto del Tronto possa essere uno stimolo per tanti giovani a scoprire e avvicinarsi al mondo della pesca come settore dove poter costruire un futuro di soddisfazioni. Giulia Capocchi sarà invece a Bagnara Calabra, un territorio in cui i monti si gettano a strapiombo nelle acque cristalline del Mediterraneo e in cui la pesca del pesce spada è stata il motore della crescita della marineria. Scoprirà la feluca, tecnica antica e affascinante per la cattura del pesce spada, che ha da sempre promosso selettività, stagionalità e rispetto della risorsa. Attraverso l’incontro con una “bagnarota”, scoprirà come le donne della pesca siano una colonna portante della marineria, capaci ancora oggi, attraverso pescherie mobili, di un continuo sviluppo del comparto ittico per l’economia locale e di valorizzazione del pescato.

Il programma nasce dalla collaborazione tra RAI, TvCom e Federpesca, con il contributo del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste. In tre puntate, i conduttori incontreranno i pescatori, li seguiranno nel loro lavoro per mostrare al pubblico la grande ricchezza dei nostri mari e le diverse tecniche di pesca. Racconteranno le loro tradizioni, i progetti per la salvaguardia dell’ambiente, i territori, assaggeranno i piatti tipici della loro cucina, percorreranno tutta la filiera che fa del nostro pescato una vera e propria eccellenza italiana. Per scoprire un settore capace di sapersi innovare per accogliere le sfide odierne e trasformarle in opportunità.

Federpesca. Continua Linea Blu Discovery

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Il prossimo superfood? Le vongole nude

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Il prossimo superfood? Le vongole nude – Un recente studio ha gettato nuova luce sul potenziale delle teredinidi, una specie spesso considerata fastidiosa ed invasiva, che potrebbe diventare un superfood sostenibile. A lungo viste come una minaccia per gli ecosistemi marini a causa della loro rapida colonizzazione delle aree costiere, queste invertebrate marine potrebbero ora essere la chiave per affrontare le preoccupazioni globali legate alla sicurezza alimentare. Chiamate anche “vongole nude” sono ricche di nutrienti essenziali come gli acidi grassi omega-3, lo iodio e lo zinco, le ascidie potrebbero presto approdare nei piatti dei consumatori attenti alla salute in tutto il mondo.

I biologi marini delle principali università hanno analizzato il profilo nutrizionale di queste creature, scoprendo che rappresentano una fonte alimentare a basso impatto e ad alta densità di nutrienti. A differenza dei frutti di mare tradizionali, che spesso richiedono allevamenti su larga scala o derivano da stock sovrasfruttati, le teredinidi necessitano di poche risorse per prosperare, nutrendosi di plancton mentre filtrano l’acqua che abitano. Questo le rende candidate ideali per l’acquacoltura sostenibile e un modello di produzione alimentare a basse emissioni di carbonio.

In un mondo sempre più attento all’impatto ambientale delle nostre diete, l’idea di trasformare un problema ecologico in una soluzione culinaria sta guadagnando terreno. I primi utilizzatori nelle zone costiere dell’Asia hanno già integrato le vongole nude nei loro piatti da secoli, servendole crude, marinate o persino grigliate. La sfida ora consiste nel convincere i mercati occidentali ad abbracciare questa fonte alimentare non convenzionale.

Da una recente ricerca, guidata dal dott. David Willer dell’Università di Cambridge e dal biologo marino Reuben Shipway, che ha analizzato circa 8.000 commenti sui post dei social media è emerso che, nonostante il loro aspetto simile a quello dei vermi, l’84 percento delle persone che hanno provato le vongole nude ha dichiarato di averle apprezzate.

Il sentimento online mostra un interesse emergente. Ricerche sui commenti sui social media rivelano che, una volta superata l’iniziale esitazione dovuta all’aspetto delle ascidie, molti riferiscono di apprezzarne il gusto. Sono stati fatti confronti con altri alimenti che un tempo erano di nicchia, come le alghe o la spirulina, che sono poi diventati pilastri dei mercati alimentari salutari.

Ripensando le fonti alimentari tradizionali, le teredinidi potrebbero svolgere un ruolo significativo nella diversificazione delle diete globali, riducendo al contempo la pressione sulle specie marine sovrasfruttate. Con l’aumento degli sforzi per educare i consumatori, il futuro delle ascidie come potenziale superfood appare promettente.

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Europêche accoglie con favore la proposta della CE

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Europêche accoglie con favore la proposta della CE – La Commissione Europea ha compiuto un passo decisivo per salvaguardare gli stock ittici condivisi, proponendo un emendamento al Regolamento (UE) 1026/2012. Questa iniziativa, volta a contrastare le pratiche di pesca insostenibili da parte dei paesi extra-UE, riflette l’impegno crescente dell’UE nella gestione responsabile delle risorse ittiche. La proposta conferisce all’UE il potere di imporre misure restrittive ai paesi che continuano a sfruttare in modo eccessivo le risorse marine condivise, garantendo un approccio più sostenibile alla pesca.

L’azione legislativa arriva in un momento cruciale, poiché diversi paesi extra-UE, in particolare la Norvegia, hanno adottato pratiche di pesca aggressive che mettono a rischio la sostenibilità a lungo termine della fauna marina. Le decisioni unilaterali della Norvegia di espandere le quote di sgombro e merluzzo hanno suscitato preoccupazioni nel settore della pesca europeo. Queste azioni hanno contribuito al sovrasfruttamento delle risorse ittiche nell’Atlantico nordorientale, mettendo ulteriormente sotto pressione gli ecosistemi marini.

L’emendamento fornisce all’UE strumenti più solidi per affrontare tali violazioni, permettendo di applicare sanzioni, comprese potenziali restrizioni alle importazioni, in modo equo e non discriminatorio. Ciò darebbe all’UE il potere necessario per chiamare i paesi responsabili delle loro azioni, promuovendo una concorrenza leale per i pescatori europei, che da tempo rispettano rigide linee guida di sostenibilità.

Per il settore della pesca europeo, questa proposta rappresenta una speranza. Affronta le preoccupazioni di lunga data sullo sfruttamento degli stock condivisi e sottolinea il ruolo dell’UE come leader negli sforzi globali per una pesca sostenibile. L’approccio della Commissione evidenzia l’importanza della cooperazione internazionale nel preservare le risorse marine per le generazioni future. Con l’aumento della pressione globale sulla pesca, la determinazione dell’UE a proteggere i propri interessi, promuovendo al contempo pratiche sostenibili, rimane salda.

Europêche, che rappresenta l’industria della pesca europea, ha accolto con favore questa proposta, considerandola una risposta necessaria a anni di frustrazione per le pratiche di pesca non conformi dei paesi extra-UE. L’organizzazione sollecita una rapida approvazione e attuazione della normativa rivista, vedendola come uno strumento vitale per ristabilire l’equilibrio e proteggere le risorse marittime europee.

Europêche accoglie con favore la proposta della CE

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L’impatto del cambiamento climatico sugli stock ittici giapponesi

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L’impatto del cambiamento climatico sugli stock ittici giapponesi – L’industria della pesca in Giappone, un tempo una potenza globale, affronta sfide senza precedenti a causa degli effetti continui del cambiamento climatico. Negli ultimi dieci anni, le catture di specie chiave come il saury del Pacifico e il calamaro volante giapponese sono crollate a minimi storici. I dati della National Pacific Saury Stick Net Fishery Cooperative rivelano un modesto aumento del 36% nelle catture di saury nel 2023 rispetto all’anno precedente, ma questa cifra rimane molto inferiore alla media storica. Nel 2023, il Giappone ha sbarcato solo 9.525 tonnellate metriche di saury, un netto calo rispetto alle 350.000 tonnellate registrate nel 2008.

The Fisheries Research and Education Agency (FRA) sottolinea che la temperatura superficiale del mare gioca un ruolo cruciale nella distribuzione del saury. Questi pesci preferiscono acque intorno ai 15°C, e quando le temperature costiere giapponesi aumentano, il saury viene spinto a nord, in acque internazionali più fresche al di fuori della zona economica esclusiva (ZEE) del Giappone. In queste aree, viene maggiormente pescato dalle flotte cinesi e taiwanesi, riducendo la disponibilità per i pescatori giapponesi.

Anche il calamaro volante giapponese, un’altra specie fondamentale per il settore ittico del Paese, registra significativi cali. La previsione a lungo termine della FRA per il 2024 indica catture di calamari ancora più basse rispetto agli ultimi anni. I dati delle indagini condotte tra giugno e luglio 2024 mostrano un calo significativo nella cattura per unità di sforzo (CPUE), con una media di soli 0,38 calamari catturati all’ora, rispetto alla media quinquennale di 5,95 calamari. Questi numeri riflettono una realtà difficile per i pescatori di calamari in Giappone, che affrontano pressioni simili a quelle dei pescatori di saury.

Mentre le specie di acque fredde soffrono l’aumento delle temperature oceaniche, le specie di acque calde stanno espandendo i loro areali verso nord. Il pesce palla, un tempo pescato prevalentemente vicino a Fukuoka, nel sud del Giappone, viene ora trovato in concentrazioni maggiori vicino a Hokkaido. Tra il 2011 e il 2021, gli sbarchi a Hokkaido sono aumentati di oltre sette volte. Altre specie come lo sgombro, lo sgombro cavallo e il ricciola vengono ora trovate più a nord che mai, alterando il panorama dell’industria della pesca in queste regioni.

La Japan’s Fisheries Agency ha riconosciuto per la prima volta l’impatto diretto del cambiamento climatico sugli stock ittici nel suo Libro Bianco sulla Pesca del 2018. L’aumento delle temperature oceaniche sta alterando in modo permanente la distribuzione delle specie marine, con conseguenze a lungo termine per l’industria della pesca. Le cooperative e i mercati ittici del Giappone settentrionale devono ora adattarsi per gestire specie meno conosciute dai consumatori, affrontando al contempo la possibilità che alcune specie storicamente significative non ritornino mai ai livelli precedenti.

Questa trasformazione degli ecosistemi marini richiede innovazione e resilienza da parte dell’industria della pesca giapponese. Mentre le specie tradizionali diminuiscono, sorgono nuove opportunità, ma questi cambiamenti richiedono un’adattamento rapido. La sfida continua è non solo gestire risorse sempre più scarse, ma anche anticipare e navigare un ambiente marino in trasformazione.

L’impatto del cambiamento climatico sugli stock ittici giapponesi

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