Golfo Aranci, incontro sulle opportunità di investimento

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Domani, nella splendida Golfo Aranci, daremo vita al convegno dal tema “Investire nel futuro blu”. Un momento importante per mettere insieme istituzioni, imprese e organizzazioni del settore e guardare al futuro, tutti insieme.

Sarà un dibattito sulle opportunità e le sfide del settore, che vede i nostri operatori nella costituzione di un sistema di collaborazione per Golfo Aranci e la Sardegna.

«Per noi questo è un importante appuntamento, un’ottima occasione di incontro con il comparto per sviluppare reti e connessioni anche fra le eccellenze locali – le parole del presidente di Agripesca, Mario Serpillo – aprendo nuove vie sul fronte di finanziamenti e bandi. E’ una eccellente opportunità per tutto il settoreanche perché il futuro dell’acquacoltura sarda passa inevitabilmente dalla sostenibilità e dall’innovazione tecnologica

Tanti gli argomenti sul tavolo: soprattutto, le opportunità di finanziamento disponibili per le attività di pesca, attraverso i bandi e il mercato. Grazie alla presenza di esperti sarà possibile discutere l’importanza di finanziamenti che supportano pratiche sostenibili, sia economicamente sia ecologicamente; si affronteranno temi legati all’innovazione e alle tecnologie verdi.

Ma sarà fondamentale per il comparto, affrontare tematiche legate alla promozione e alla formazione professionale.

A conclusione degli interventi tecnici, ci sarà un attesissimo show cooking, per celebrare anche in maniera tangibile l’eccellenza dei nostri mari e delle nostre marinerie, e dare un’idea di come potrebbe essere la messa in pratica delle attività di marketing e di utilizzo delle risorse primarie di cui, fortunatamente, disponiamo.

L’incontro rientra nel programma dell’ultima annualità del PNT.

Rassegna stampa:

Sostenibilità, Innovazione e Cooperazione nella Blue Economy per il mare Adriatico

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I ministri di Albania, Croazia, Montenegro e Slovenia, congiuntamente al Ministro Francesco Lollobrigida ed al Sottosegretario Giacomo La Pietra nonché ad alti rappresentanti delle amministrazioni coinvolte, si riuniranno ad Ancona il prossimo 15 luglio per un incontro cruciale sulla “Sostenibilità, Innovazione e Cooperazione nella Blue Economy per il mare Adriatico”.

L’evento, di alto profilo politico, mira a forgiare una strategia congiunta per il futuro del bacino, ponendo le basi per un modello di gestione innovativo e resiliente.

L’incontro si prefigge di andare oltre le tradizionali logiche di limitazione dello sforzo di pesca, spesso punitive per le economie costiere. L’obiettivo è sviluppare misure di gestione condivise che integrino l’impatto dei cambiamenti climatici, dell’innalzamento delle temperature e del livello delle acque nei modelli di valutazione degli stock ittici. Questa visione olistica riconosce che la semplice riduzione dell’attività di pesca ha “un effetto dirompente sulla possibilità di approvvigionamento della risorsa alimentare”, aumentando la dipendenza dalle importazioni e mettendo a rischio il tessuto socio-economico delle comunità marittime.

Sul fronte dell’acquacoltura, in particolare la molluschicoltura, la volontà è quella di affrontare con urgenza l’emergenza causata dai cambiamenti climatici e dall’invasione di specie aliene come il granchio blu, al fine di porre le basi per misure gestionali immediate ed efficaci per sostenere un settore vitale per l’economia blu regionale.
L’obiettivo, quindi, è creare un fronte diplomatico unito tra i Paesi dell’Adriatico, per esercitare una forte e condivisa influenza sui futuri negoziati sia in seno alla Commissione europea che alla Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo (CGPM). I ministri intendono contrastare le proposte di riduzioni delle giornate di pesca, che peraltro non tengono conto della diminuzione delle flotte pescherecce, un fattore economico e sociale di crescente rilevanza.

Questo vertice rappresenta, quindi, un’opportunità strategica per condividere esperienze e delineare azioni comuni, rafforzando una cooperazione regionale già consolidata. La visione è ambiziosa: trasformare il modello di gestione dell’Adriatico in un “esempio virtuoso di cooperazione” a livello internazionale, dimostrando che la sostenibilità può andare di pari passo con la prosperità economica attraverso un’azione politica concertata e innovativa.

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ASC e Carrefour insieme per l’acquacoltura responsabile

ASC e Carrefour insieme per l’acquacoltura responsabile

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ASC e Carrefour insieme per l’acquacoltura responsabile – L’organizzazione internazionale ASC™Aquaculture Stewardship Council, sceglie Carrefour Italia come partner per coinvolgere i consumatori sul tema dell’acquacoltura responsabile, lanciando la campagna “Acquaculturizzati” che vedrà la luce dal 10 al 23 luglio 2025, nei punti vendita diretti Carrefour (iper, market ed express) su tutto il territorio nazionale.

La comunicazione scelta per l’occasione si caratterizza per un approccio di grande impatto, fuori dal coro, in cui ironia e provocazione agganciano l’attenzione degli utenti, sensibilizzandoli sul tema dell’acquacoltura responsabile, per portarli alla consapevolezza del nuovo modo di lavorare dell’industria ittica certificata ASC.

La collaborazione di Carrefour con ASC è iniziata nel 2018 con l’introduzione di un prodotto di cozze cilene con il marchio ASC, a cui hanno fatto seguito prodotti di altre specie come salmone, orata, branzino, mazzancolle. Ad oggi, si possono trovare 25 prodotti a marchio Carrefour con il logo verde ASC.
La campagna prevede sia una promozione dedicata, con sconti dal 20 al 35%, su prodotti a marchio Carrefour come su brand famosi come Findus, sia momenti di sensibilizzazione dei consumatori per i quali verranno allestiti dei corner informativi nei weekend del 12-13 e 19-20 luglio nel canale iper.

“Siamo orgogliosi di partire con la prima campagna diretta ai consumatori in Italia. Queste attività sono fondamentali non solo per fare cultura sul ruolo dell’acquacoltura responsabile, ma anche per rafforzare la consapevolezza del potere che ogni consumatore ha quando sceglie cosa mettere nel carrello”, afferma Desirée Pesci, Market Development Manager di ASC Italia. “Siamo molto felici di collaborare con Carrefour: il loro ruolo è cruciale nel fare da tramite tra ASC e i consumatori, rendendo più accessibili le informazioni e facilitando scelte sostenibili.”

“Come Società Benefit, Carrefour Italia si impegna a fare la propria parte per contribuire all’obiettivo del Gruppo Carrefour: raggiungere entro il 2025 il 50% di pesce proveniente da fonti sostenibili”, afferma Josephine Ducatteau, CSR & Food transition Manager di Carrefour. “Siamo quindi orgogliosi di essere il primo retailer in Italia a collaborare con ASC per il lancio di una campagna nazionale dedicata alla promozione dell’acquacoltura certificata ASC: un modello rispettoso dell’ambiente, del benessere animale e delle comunità locali. Questa partnership strategica rappresenta un passo concreto verso un assortimento sempre più sostenibile, in linea con la nostra missione di creare un impatto positivo sul sistema alimentare.”

Il tema dell’acquacoltura riguarda l’intero futuro del pianeta e dei suoi abitanti. I prodotti ittici catturati in natura non sono più infatti in grado di soddisfare il fabbisogno alimentare di una crescente popolazione globale. Per questa ragione, già oggi, più della metà del pesce consumato in tutto il mondo proviene da allevamenti ittici e si prevede che la quota aumenterà. (Fonte) La rapida crescita dell’acquacoltura può condurre però ad una cattiva gestione degli allevamenti ittici, all’inquinamento idrico, a danni ambientali locali e a condizioni di lavoro inadeguate.

È importante, dunque, più che mai che l’allevamento ittico sia gestito responsabilmente, avendo a cuore le persone e il pianeta.

La certificazione ASC costituisce il principale schema di riferimento per l’acquacoltura responsabile a livello internazionale (l‘unico conforme al codice ISEAL), garantendo pesce e frutti di mare allevati con cura, provenienti da allevamenti certificati secondo i rigorosi standard ASC, basati su dati scientifici e misurabili.

ASC e Carrefour insieme per l’acquacoltura responsabile

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Federpesca al 4° Summit Blue Forum Italia Network

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La pesca è al centro delle politiche del mare. Per questo, Federpesca prende parte al 4° Summit Blue Forum Italia Network, organizzato da Unioncamere a Roma, dal 9 all’11 luglio. Un’occasione per portare la voce del comparto in un evento di rilevanza internazionale interamente dedicato all’economia del mare.

Tre giornate di confronto che riuniscono istituzioni politiche e militari, imprese, associazioni di categoria, enti di ricerca e formazione, per delineare insieme strategie comuni per lo sviluppo sostenibile della Blue Economy italiana.

Presente anche il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, che ha ribadito come la pesca rappresenti un settore primario, strategico non solo per la sicurezza alimentare, ma anche per la competitività del nostro Paese.

“La pesca è un settore produttivo fondamentale – ha spiegato all’inaugurazione Francesca Biondo, direttrice generale di Federpesca – che ha bisogno di essere riconosciuto come parte integrante del tessuto industriale nazionale. Per affrontare le sfide presenti e future servono politiche industriali e del lavoro all’altezza: servono investimenti, formazione, semplificazioni e una visione strategica che rimetta la pesca al centro delle politiche del mare.”

Il Blue Forum si conferma anche quest’anno un’occasione di dialogo ad alto livello, in un momento cruciale per il comparto ittico italiano, chiamato a tenere insieme tradizione e innovazione, tutela ambientale e competitività, identità e sviluppo.

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Percebe, strano, raro e delizioso

Percebe, strano, raro e delizioso

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Non è semplice incontrarlo, né meno ancora assaggiarlo. Il percebe è un crostaceo straordinario per habitat, gusto e valore culturale, una creatura marina che sfida le convenzioni biologiche e gastronomiche. Appartenente alla specie Pollicipes pollicipes, si tratta di un crostaceo cirripede, sessile, che vive aggrappato alle scogliere battute dalle onde dell’Oceano Atlantico nord-orientale.

La sua distribuzione geografica è precisa e limitata. I percebes popolano le coste rocciose della Galizia (in particolare nella provincia di La Coruña e lungo la “Costa da Morte”), del nord del Portogallo (tra Viana do Castelo e Peniche), del Marocco settentrionale (tra Larache e Tangeri), e in misura minore le scogliere esposte della Bretagna francese e di alcune isole Canarie. Gli esemplari migliori, per dimensione e sapore, sono generalmente considerati quelli galiziani, per via della forza delle maree e dell’ossigenazione costante delle acque.

Esteticamente inusuale, il percebe assomiglia a un artiglio preistorico: una lunga base carnosa, detta peduncolo, rivestita da una cuticola coriacea, e una parte terminale costituita da piastre dure che racchiudono l’apparato filtrante. Vive aggregato in colonie nelle zone intertidali, dove il moto ondoso è continuo e violento. Ed è proprio qui che si sviluppa una delle tecniche di pesca più dure e pericolose dell’intero panorama ittico europeo.

La raccolta dei percebes è un rituale che richiede esperienza, coraggio e preparazione fisica. I percebeiros – pescatori specializzati, spesso eredi di una tradizione tramandata di generazione in generazione – attendono la bassa marea per avvicinarsi alle scogliere, calandosi con corde o raggiungendole via mare. Indossano tute stagne, elmetti e scarpe con chiodi per affrontare rocce scivolose e onde imprevedibili. Con l’uso di un attrezzo detto raspón o espátula, staccano i percebes uno ad uno dalla roccia, cercando di preservare il piede del crostaceo senza danneggiare la colonia. Ogni operazione è una corsa contro il tempo: la marea risale in fretta, e bastano pochi minuti per trovarsi in balia dell’oceano.

Non è raro che si verifichino incidenti mortali: l’acqua, le rocce taglienti e la forza delle onde rendono questa attività una vera prova di resistenza. È per questo che il percebe non è solo raro, ma anche prezioso.

Dal punto di vista biologico, il percebe è ermafrodita ma richiede vicinanza ad altri individui per la fecondazione. Si riproduce più volte all’anno, ma solo una piccola percentuale delle larve riesce a sopravvivere e insediarsi con successo. In Spagna e Portogallo sono in vigore regolamenti stringenti che disciplinano la raccolta: limiti giornalieri per pescatore, rotazione delle zone di pesca, periodi di fermo biologico e tracciabilità del prodotto. Ogni percebes venduto legalmente è marcato da un’etichetta che ne certifica la provenienza e la sostenibilità della raccolta.

Il percebe è anche una prelibatezza gastronomica: la carne, contenuta nel peduncolo, è tenera, sapida, con note che ricordano ostrica e crostacei bolliti. Tradizionalmente, viene cotto per pochi minuti in acqua di mare e servito caldo, appena scolato. Non è raro che raggiunga prezzi superiori ai 200 euro/kg durante le festività natalizie o nei ristoranti gourmet.

È un prodotto che sfugge alle logiche industriali: non esiste un allevamento su larga scala, né tecnologie consolidate per la sua coltivazione. Questo lo rende l’archetipo del “cibo selvaggio” – difficile da ottenere, impossibile da replicare, profondamente legato al suo luogo d’origine.

Il percebe è molto più di un crostaceo: è una creatura estrema, legata a un paesaggio, a un gesto, a una cultura. Il suo valore va oltre il prezzo di mercato e si radica in un equilibrio fragile tra natura, rischio e tradizione. Conoscerlo, raccontarlo e rispettarne la complessità è un dovere per chiunque si occupi – a qualunque livello – di risorse del mare.

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Progetto Impresa: boom di richieste per esperti AI

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L’intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando il mondo del lavoro, anche in Italia. Le offerte di lavoro che richiedono competenze AI sono infatti cresciute dell’80% in soli sei anni (2019-2025). Lo riporta un’elaborazione del portale statistico Our World in Data basata sul recente “Lightcast via AI Index Report“.

L’indagine ha considerato gli annunci di lavoro come correlati all’intelligenza artificiale quando questi prevedevano una o più competenze legate all’AI, come, per esempio, l’elaborazione del linguaggio naturale, le reti neurali, l’apprendimento automatico o la robotica. La quota generale di ricerche di personale con competenze AI sono così passate, sempre in ambito italiano, dallo 0,5% del 2019 allo 0,9% di inizio 2025. Negli Stati Uniti la percentuale è invece dell’1,8%, con una crescita del 200% nell’ultimo decennio, dato che lascia presagire un’ulteriore e forte crescita anche nel Belpaese. La rivoluzione dell’intelligenza artificiale, nelle aziende, sta quindi creando nuove professionalità e, nel contempo, trasformando profondamente quelle esistenti. Tra le competenze richieste, però, non ci sono più solo quelle tecniche o analitiche, ma anche etiche. A rivelarlo è uno studio pubblicato dall’Università di San Diego, che ha recentemente analizzato come alcuni effetti si stiano già facendo sentire sulle organizzazioni aziendali. Per le imprese, ma anche per i professionisti, la trasformazione non è, quindi, solo tecnologica, ma anche e per l’appunto culturale. L’upskilling e il reskilling delle risorse umane diventano, allora, una necessità, soprattutto poiché, stando ai dati più recenti, meno di un italiano su due (il 46%), tra i 16 e i 74 anni, possiede competenze digitali di base, contro una media europea superiore del 10% (56%). La vera sfida, anche per le PMI che costituiscono l’ossatura dell’economia italiana, sarà quella di riuscire ad accompagnare i lavoratori in questo processo, garantendo un aggiornamento formativo continuo e flessibile.

In tale contesto, le imprese del Belpaese sono alla ricerca dei migliori strumenti per garantire al personale già assunto la formazione continua necessaria e l’alleanza con enti formativi e istituzioni può rappresentare un fattore chiave. Ne sono convinti gli esperti di Progetto Impresa, società italiana che da anni opera nel campo della formazione finanziata e della consulenza per la trasformazione digitale e oggi inclusa nella prestigiosa classifica “FT1000 Europe’s Fastest-Growing Companies” del Financial Times.

“In un momento in cui l’intelligenza artificiale sta ridefinendo il concetto stesso di lavoro, è fondamentale non farsi trovare impreparati – spiega Sebastiano Gadaleta, founder e direttore generale di Progetto Impresa – Le nostre imprese devono capire che la formazione non è un costo, ma un investimento. A richiederla, peraltro, non è solo il mercato, ma sono gli stessi lavoratori, che sentono di averne bisogno per rimanere competitivi. E grazie ai fondi pubblici disponibili, questo investimento può essere sostenuto senza pesare sul bilancio e, allo stesso tempo, può essere oggi erogato con modalità che evitano di sottrarre tempo prezioso all’operatività quotidiana. Soprattutto per le PMI è centrale la finanza agevolata. Per potervi accedere, però, è necessario che le aziende si affianchino a partner consulenziali che si occupino di individuare il bando più adatto, redigere il progetto formativo, gestire la burocrazia e monitorare l’intero processo fino all’erogazione dei corsi. In questo modo, le imprese possono concentrarsi sul proprio core business, senza rinunciare all’innovazione”.

L’affiancamento di un innovation manager è, in questo scenario, fondamentale: molte aziende italiane, infatti, non sono ancora pienamente consapevoli delle opportunità legate alla formazione finanziata. Fondi interprofessionali, bandi regionali (come i PIA e i voucher per la digitalizzazione), progetti del PNRR e finanziamenti europei sono strumenti che permettono di accedere a corsi specializzati, coaching, upskilling e reskilling del personale. Inoltre, l’adozione dell’IA richiede una revisione della governance e della cultura aziendale. “L’errore più comune che fanno molte delle nostre imprese e dei nostri imprenditori – continua Gadaleta di Progetto Impresa – è pensare che la transizione digitale sia solo una questione di software. In realtà è una questione di persone. Formare i propri dipendenti significa metterli nella condizione di affrontare con serenità e competenza i cambiamenti in atto, evitando resistenze e valorizzando i talenti interni. Tutti possono acquisire nuove competenze, se opportunamente affiancati e formati”. In questo modo, sempre secondo gli esperti, si possono guidare e condurre i dipendenti già presenti in azienda ad acquisire nuovi titoli e a rivestire nuovi profili professionali.

Secondo gli esperti del team multidisciplinare di Progetto Impresa, ecco quali saranno i 10 profili professionali più ricercati sul mercato e sui quali investire entro la fine del 2025:

1. AI Engineer: progetta e sviluppa sistemi intelligenti capaci di apprendere e adattarsi.

2. Machine Learning Engineer: specializzato nella creazione di algoritmi che permettono alle macchine di apprendere dai dati.

3. Data Scientist: analizza grandi quantità di dati per estrarre informazioni utili e supportare decisioni strategiche.

4. AI Ethic Specialist: si occupa delle implicazioni etiche e legali dell’uso dell’intelligenza artificiale.

5. Prompt Engineer: ottimizza le interazioni tra utenti e modelli linguistici avanzati, come i chatbot.

6. Responsabile dei contenuti generati dall’IA: supervisiona la creazione di contenuti da parte di sistemi intelligenti, garantendone qualità e coerenza anche valoriale.

7. AI Product Manager: guida lo sviluppo di prodotti basati su intelligenza artificiale, coordinando team multidisciplinari.

8. AI Solutions Architect: progetta l’integrazione di sistemi intelligenti all’interno delle infrastrutture aziendali.

9. Robotic Automation Specialist: implementa soluzioni robotiche intelligenti nei processi produttivi.

10. Chief AI Officer (CAIO): dirigente responsabile della strategia aziendale in ambito intelligenza artificiale.

L’IA nella filiera ittica: innovazione, competenze e formazione finanziata
Nota di redazione – Pesceinrete

Anche il settore ittico è coinvolto a pieno titolo in questa transizione. Dalla trasformazione industriale alla logistica, fino alla tracciabilità digitale e al marketing, l’intelligenza artificiale apre nuove prospettive per l’efficienza e la competitività delle imprese della filiera. In questo scenario, l’urgenza di investire nel reskilling e nell’upskilling delle risorse umane riguarda da vicino anche le aziende ittiche italiane, chiamate a cogliere le opportunità offerte dalla formazione finanziata e dalla digitalizzazione intelligente dei processi produttivi.

 

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