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Dazi USA e settore ittico sono due realtà che si intrecciano sempre più da vicino nel 2025. Il recente report “Time for Tariffs” pubblicato da NielsenIQ in collaborazione con economisti di Yale offre una lettura chiara e articolata delle ripercussioni attese su supply chain, consumi e strategie di posizionamento. Per gli operatori del settore ittico – dai trasformatori agli esportatori – la posta in gioco è alta: capire dove si aprono margini di rischio e dove invece si possono cogliere vantaggi competitivi.

Uno scenario in trasformazione: tra inflazione e nuovi dazi

Le nuove tariffe annunciate dall’amministrazione statunitense riguardano in prima battuta le importazioni da Canada, Messico e Cina, ma gli analisti prevedono una possibile estensione ad altri Paesi asiatici. Gli effetti principali si traducono in un aumento dei prezzi al consumo e una pressione crescente sulle imprese importatrici.

Per il comparto ittico, questo significa:

  • aumento dei costi per i prodotti importati o trasformati in quei Paesi;
  • rincaro di componenti indiretti come imballaggi, mangimi o macchinari di produzione;
  • maggiore difficoltà per chi esporta negli USA con filiere complesse o dipendenti da input esteri.

La strategia di molti buyer USA si orienta già verso fornitori che operano in Paesi non colpiti da dazi. Le imprese italiane che esportano conserve ittiche, prodotti trasformati ready-to-eat o salumi di pesce potrebbero trarne vantaggio, a patto di garantire continuità di fornitura e stabilità di prezzo.

Consumi in calo, valore in ascesa: la sfida del posizionamento

Il report NielsenIQ sottolinea come il consumatore americano medio stia vivendo una fase di “inflation fatigue”. Il potere d’acquisto è sotto stress, e la priorità va agli acquisti essenziali, mentre le categorie “indulgence” o premium registrano cali selettivi.

Per il settore ittico, il messaggio è doppio:

  • I prodotti percepiti come salutari e funzionali, come tonno o sgombro, mantengono una domanda più stabile.
  • Le referenze di fascia alta – come il gambero rosso di Mazara o prodotti affumicati – rischiano un rallentamento, salvo che vengano riposizionati come “piccoli lussi accessibili”.
  • L’opportunità per i brand europei è chiara: proporre soluzioni innovative, pack ottimizzati, porzioni smart, comunicazione sul valore aggiunto e sull’origine mediterranea. Elementi già strategici per il consumatore europeo, ma sempre più decisivi anche oltreoceano.

Supply chain e resilienza: le leve per restare competitivi

Il report invita le imprese a rafforzare le proprie catene di fornitura con due obiettivi principali: evitare shock produttivi e rispondere con flessibilità alle variazioni tariffarie. Questo significa:

  • rinegoziare i contratti con i fornitori non UE;
  • aumentare le scorte strategiche per i mercati export;
  • diversificare la rete logistica, puntando su porti alternativi o transiti via mare meno esposti a conflitti tariffari.

Per i buyer internazionali, soprattutto nella GDO, ciò comporta anche una riorganizzazione del portafoglio fornitori. Le imprese ittiche capaci di offrire trasparenza, continuità, e una filiera ben tracciata diventeranno partner preferenziali.

Il legame tra dazi USA e settore ittico non è astratto, ma concreto e immediato. Gli effetti toccano prezzi, rotazioni, margini, fiducia dei consumatori e capacità delle aziende di mantenere una proposta di valore coerente.

Pesceinrete continuerà a monitorare l’evoluzione delle politiche commerciali globali per offrire analisi puntuali e strumenti di lettura utili agli operatori. Per affrontare un mercato sempre più interconnesso, servono visione, strategia e informazione di qualità.

 

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