Mese: Giugno 2025

Il mercato del primo sbarco in Europa: valori in crescita, volumi in calo

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È disponibile il nuovo numero del report mensile EUMOFA, iniziativa della Commissione Europea, che analizza l’andamento dei prezzi del primo sbarco del pesce in Europa 2025 nei mesi di gennaio e febbraio. I dati indicano un aumento del valore complessivo (+6%) rispetto al 2024, per un totale di 622,9 milioni di euro, a fronte di una flessione dell’8% nei volumi sbarcati (327.972 tonnellate).

La dinamica evidenzia un mercato europeo che premia la qualità e il valore unitario, pur in un contesto di offerta ridotta per diverse categorie merceologiche.

Molluschi e crostacei trainano la crescita del valore

Il comparto dei molluschi ha registrato un incremento del 7% nel valore, con un +25% nei volumi. Decisivi l’aumento delle capesante (+12%) e dei mitili (+74%). Anche i cefalopodi mostrano un trend positivo nel valore (+11%), grazie a polpo (+19%) e calamaro (+14%), nonostante una lieve contrazione dei volumi (-3%).

Prestazione eccellente per i crostacei, con un +12% nel valore e +19% nei volumi. Il gambero rosa di profondità e lo scampo si confermano i driver principali della performance del comparto.

Calano i volumi per pesci piatti, pesce di fondale e salmonidi

Tra le categorie in contrazione, i pesci piatti mostrano un calo dei volumi (-3%) ma un incremento del valore (+4%), sostenuto dalla sogliola comune. Decisamente più marcata la flessione per il pesce di fondale: -38% in quantità e -6% in valore, penalizzato soprattutto dalla riduzione delle catture di merluzzo azzurro.

Situazione particolarmente critica per i salmonidi, che perdono il 95% del valore e l’85% dei volumi rispetto al 2024. Un segnale di forte contrazione, probabilmente legato a ristrutturazioni nella produzione e all’offerta ridotta.

Pelagici in recupero, sorprese dal dolce e dal tonno

Nel primo bimestre 2025, i piccoli pelagici guadagnano l’8% in valore e il 2% in volume. Lo sgombro irlandese registra un +32%, mentre l’acciuga portoghese crolla nei prezzi (-35%). Anche i tonni e affini mostrano una crescita contenuta nel valore (+3%) ma subiscono una riduzione dei volumi (-19%). Tonno rosso e pesce spada si confermano competitivi sui mercati.

Infine, spicca il dato del pesce d’acqua dolce: valore in crescita del 179%, con un’evidente impennata del prezzo dell’anguilla francese (da 62,69 a 199,91 €/kg). I volumi, invece, scendono del 38%, segnalando un’offerta molto selettiva.

L’andamento dei prezzi del primo sbarco del pesce in Europa 2025 mostra una netta tendenza a valorizzare le specie più richieste, anche a fronte di un’offerta più contenuta. Per i buyer e gli operatori della trasformazione, il dato invita a riconsiderare con attenzione tempi, fonti e strategie di approvvigionamento.

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Dal contenimento alla valorizzazione: il granchio blu come leva per una nuova economia marina

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L’emergenza generata dalla proliferazione del granchio blu (Callinectes sapidus) ha prodotto effetti devastanti sulle attività della molluschicoltura e della piccola pesca costiera, generando una risposta istituzionale incentrata sul ristoro dei danni e sull’abbattimento selettivo. Tuttavia, secondo Pasquale Sasso, docente di economia dell’innovazione e direttore dell’Osservatorio Agrifood Tech & Innovation dell’Università Pegaso, l’adozione di un approccio esclusivamente reattivo rischia di produrre un impatto limitato e temporaneo. Serve invece una strategia multilivello, capace di trasformare l’evento critico in una leva progettuale all’interno dell’economia blu.

“L’emergenza granchio blu va affrontata come un caso paradigmatico di pressione ecologica che interseca vulnerabilità produttive e carenze strutturali nella governance ambientale. Le risposte devono andare oltre la compensazione economica, includendo strumenti di valorizzazione della biomassa e di integrazione sistemica nella filiera”, afferma Sasso.

Oltre il contenimento: il potenziale industriale e nutrizionale

In numerosi contesti internazionali, specie aliene invasive sono state reindirizzate verso circuiti economici legittimi, generando nuove filiere di trasformazione, integrazione nella ristorazione e utilizzi alternativi (es. farine proteiche, pet food, bioplastica). Il granchio blu presenta caratteristiche organolettiche, nutritive e adattive tali da giustificare l’esplorazione di percorsi di valorizzazione industriale, a patto che vengano attivati strumenti adeguati di analisi tecnica, standardizzazione, tracciabilità e sviluppo di mercato.
“Il sistema Paese dispone di eccellenze nella trasformazione alimentare e nella ricerca biotecnologica. È doveroso attivare progettualità che consentano di testare, validare e scalare soluzioni innovative, anche in ottica di export controllato,” osserva Sasso.

Dalla blue economy alla blue resilience

L’approccio suggerito dal docente si inserisce in una visione più ampia di economia marina circolare e resiliente, in cui le specie invasive non vengono solo mitigate, ma riassorbite nel sistema economico attraverso processi di rigenerazione, riuso e conversione produttiva.
“L’integrazione di parametri ESG nel settore ittico non può più essere rimandata. I criteri di valutazione devono evolvere, includendo indicatori come la riduzione della pressione sugli stock, l’apporto al fabbisogno proteico locale, la capacità di contribuire a servizi ecosistemici, e persino la generazione di crediti di carbonio,” sottolinea Sasso.
Questa logica presuppone l’introduzione di metriche nuove nella misurazione del valore economico delle risorse marine, che non si limitino a prezzo e volume, ma tengano conto di esternalità ambientali e benefici sistemici.

Governance, investimenti e ruolo della ricerca

La transizione verso una gestione evoluta del granchio blu richiede politiche di lungo termine, piani di finanziamento strutturati e un forte coordinamento tra livelli istituzionali, dalle autorità regionali agli enti nazionali di ricerca. Il ruolo della R&S è centrale: solo una conoscenza dettagliata della biologia, dell’ecologia e della composizione chimico-nutrizionale della specie può consentire di progettare un utilizzo controllato e sicuro del granchio blu, minimizzando i rischi di nuove propagazioni o squilibri a valle.
“Siamo in presenza di un caso classico in cui la co-progettazione tra pubblico, accademia e impresa può generare un modello replicabile. Non intervenire in tal senso significa perdere un’occasione strategica per consolidare una blue economy europea basata sulla gestione adattiva delle risorse,” aggiunge Sasso.

Il granchio blu rappresenta oggi un banco di prova per l’intero sistema di governance delle risorse ittiche italiane. La sfida non è soltanto contenere i danni o sostenere economicamente i comparti colpiti, ma ripensare il modo in cui l’Italia affronta le pressioni ambientali sul comparto marino.
La valorizzazione controllata e sostenibile delle biomasse invasive, l’integrazione di approcci ecosistemici nella gestione delle filiere, e l’investimento in innovazione e trasformazione devono diventare assi portanti della pianificazione settoriale. Come ricorda Sasso, “non possiamo permetterci di trasformare il ristoro in sussidio permanente: serve un’economia del mare capace di generare rigenerazione, non dipendenza.”

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Specie in fuga e nuovi attori: la pesca italiana sotto pressione

Specie in fuga e nuovi attori: la pesca italiana sotto pressione

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L’impatto del cambiamento climatico sulla pesca nel Mediterraneo è ormai un dato di fatto e non più una previsione. A sottolinearlo con rigore scientifico e chiarezza è stato Fabio Fiorentino, ricercatore del CNR – IRBIM, intervenuto a Mazara del Vallo durante l’incontro con le marinerie siciliane, nell’ambito della rassegna ministeriale Tesori dal Blu, alla presenza del Sottosegretario Patrizio La Pietra e del Direttore Generale Francesco Saverio Abate.

Nel suo intervento, Fiorentino ha tracciato un quadro dettagliato delle trasformazioni che stanno investendo il sistema marino mediterraneo e, con esso, l’intera filiera della pesca, sia d’altura sia artigianale. Il primo elemento critico è la mutazione della composizione delle popolazioni ittiche: specie tradizionali stanno diminuendo o spostandosi verso altre aree, mentre specie termofile si stanno insediando stabilmente.

“Il cambiamento climatico – ha spiegato – sta ridisegnando la struttura delle popolazioni ittiche nel Canale di Sicilia e nel Mediterraneo centrale. Alcune specie modificano il proprio areale di distribuzione o si riducono, altre si affermano. Questo ha conseguenze dirette sulla produttività complessiva del sistema marino.”

Secondo il ricercatore, la produttività del mare è in calo, e non solo per effetto della pressione di pesca.
“Il vero nodo è che l’ecosistema è cambiato. Le temperature più elevate e i nuovi assetti ecologici non supportano più i cicli riproduttivi delle specie tradizionali. In questo contesto, continuare ad applicare schemi gestionali pensati per un altro Mediterraneo significa rischiare l’inefficacia. È indispensabile aggiornare le politiche, a partire da una revisione delle quote pesca, per renderle coerenti con le attuali condizioni ambientali.”

A conferma della trasformazione già in atto, Fiorentino ha citato il caso dei mercati palermitani: “Il 95% del pesce venduto come sardina è in realtà alaccia, una specie termofila che si adatta meglio alle acque più calde. La sardina vera, che predilige acque fredde, è quasi scomparsa.”
Un ulteriore elemento di riflessione è rappresentato dal fermo biologico, che secondo Fiorentino va ripensato: “Non si tratta di metterne in discussione l’utilità, ma di adattarlo. Vanno rivalutati tempi, modalità e obiettivi, perché il mare non è più quello di vent’anni fa. Non possiamo pensare a finestre fisse e generalizzate: serve una gestione adattiva, che tenga conto delle reali dinamiche biologiche in corso.”

A questi cambiamenti ecologici si aggiunge una trasformazione geopolitica. Fiorentino ha richiamato l’attenzione sulla crescente presenza dei Paesi del Nord Africa nella pesca d’altura, che non può più essere considerata marginale: “Per decenni l’Italia ha avuto un ruolo dominante nella pesca alturiera mediterranea. Oggi questo ruolo è in discussione. Ci troviamo di fronte a un nuovo assetto geopolitico.”
Questa espansione, favorita anche da accordi internazionali e investimenti, sta ridefinendo gli equilibri nel Mediterraneo, e l’Italia deve agire: “Non si tratta solo di pescare meno – ha sottolineato Fiorentino – ma di valorizzare di più ciò che si pesca, perché dobbiamo prepararci a una fase in cui il mare offrirà meno, e in forme diverse da quelle a cui eravamo abituati.”
Una riflessione che si inserisce in piena sintonia con quanto affermato nel corso dell’incontro dal Direttore Generale Francesco Saverio Abate, che ha più volte sottolineato l’urgenza di una pesca meno quantitativa e più orientata alla qualità e alla valorizzazione del prodotto ittico.

L’intervento di Fiorentino ha lanciato un messaggio chiaro: la pesca italiana è sotto pressione – ambientale, biologica, geopolitica. Per affrontare il cambiamento servono nuovi strumenti: gestione adattiva delle risorse, revisione del fermo biologico, flessibilità nelle quote e valorizzazione del pescato locale. Il Mediterraneo è già cambiato: comprenderlo è il primo passo per affrontarne il futuro.

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Musumeci: basta conflitti in mare, il Mediterraneo ha bisogno di intese

Musumeci: basta conflitti in mare, il Mediterraneo ha bisogno di intese

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Serve “uno spirito di cooperazione, non di conflitto”, ha detto il Ministro per la Protezione civile e le Politiche del Mare Nello Musumeci, intervenendo a Mazara del Vallo in occasione dell’evento ministeriale Tesori dal BluRafforzare l’approvvigionamento ittico nel Mediterraneo. Stop alla guerra del pesce: un monito forte, rivolto alle marinerie di tutta l’area e ai governi dei Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum.

Basta conflitti tra pescatori, il futuro è condiviso

“La guerra del pesce deve finire”, ha affermato Musumeci, facendo riferimento ai numerosi sequestri di pescherecci italiani da parte di milizie libiche. “Basta conflitti fra i Paesi che condividono il Mediterraneo: il destino è comune e non ci possono essere né vinti né vincitori. Dobbiamo lavorare tutti perché la pesca sostenibile trovi un punto d’incontro tra le legittime esigenze dei pescatori e quelle dell’ambiente.”

Un equilibrio difficile, ammette il ministro, ma necessario. E la politica, ha ribadito, “ha il dovere di provarci”.

ZEE: il coraggio di affrontare il nodo irrisolto

Il nodo delle Zone Economiche Esclusive (ZEE) resta uno dei temi più delicati. “In Italia sono sempre state un argomento tabù”, ha dichiarato Musumeci, criticando i governi precedenti per aver preferito “mettere la polvere sotto il tappeto” anziché affrontare apertamente le controversie, attraverso il dialogo tra Stati.

“Le ZEE consentono lo sfruttamento razionale delle risorse marine, ma richiedono grandi responsabilità gestionali fino a 200 miglia dalla costa. Ci abbiamo provato già nel 2015. Eppure, nonostante la legge n.14 del 2021 abbia istituito formalmente la ZEE italiana, di fatto non è mai stata proclamata.”

Solo Grecia e Croazia all’attivo, ora la svolta

Finora l’Italia ha concluso accordi solo con Grecia e Croazia. Ma ora, grazie al Ministero per le Politiche del Mare – istituito per la prima volta dal governo Meloni – è stata avviata una nuova fase negoziale. “Con i colleghi Lollobrigida, Pichetto e altri ministri competenti, stiamo cercando un’interlocuzione costruttiva con gli Stati frontisti. È un passo necessario se vogliamo garantire sicurezza alle nostre marinerie e sostenibilità alle risorse ittiche.”

Un’occasione di svolta per la diplomazia del mare

Mazara del Vallo, crocevia simbolico della pesca italiana nel Mediterraneo, ha così ospitato un momento di forte valenza politica e diplomatica. Il messaggio è chiaro: basta guerre silenziose tra pescatori, via al dialogo tra nazioni. La strada è ancora lunga, ma la direzione tracciata appare quella giusta.

Con l’intervento del Ministro Musumeci a Mazara, il governo ha ribadito l’impegno a porre fine alla cosiddetta “guerra del pesce” attraverso il dialogo internazionale e la piena attuazione della ZEE italiana. Una visione che punta a conciliare gli interessi della pesca con quelli dell’ambiente, nella convinzione che la cooperazione tra Stati mediterranei sia l’unica via per garantire un futuro sostenibile al settore.

Segui su Pesceinrete tutti gli sviluppi sulla cooperazione tra Stati mediterranei in materia di pesca e ZEE.

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