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Il pesce fermentato conquista nicchie di mercato internazionale

Il pesce fermentato conquista nicchie di mercato internazionale

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Il pesce fermentato conquista nicchie di mercato internazionale – La fermentazione del pesce rappresenta una delle più antiche pratiche di conservazione alimentare, oggi riscoperta per il suo valore gastronomico e funzionale. Si tratta di un processo naturale, guidato da microrganismi, che consente non solo di prolungare la durata del prodotto, ma anche di sviluppare aromi complessi e una struttura nutrizionale arricchita, grazie alla presenza di probiotici e all’elevato contenuto proteico.

Negli ultimi anni, il mercato globale del pesce fermentato ha mostrato segnali di crescita costante, superando i 540 milioni di dollari nel 2023, con una previsione di incremento superiore al 5% annuo. Sebbene rimanga un segmento di nicchia, l’interesse è alimentato dalla domanda di alimenti funzionali e dalla valorizzazione di produzioni tradizionali in contesti gastronomici di qualità.

In Europa, il pesce fermentato è storicamente legato a tradizioni locali consolidate. Il surströmming svedese e l’hákarl islandese sono esempi emblematici di prodotti ottenuti da lunghi processi fermentativi, caratterizzati da sapori intensi e fortemente identitari. Questi prodotti restano confinati a mercati specifici, rivolti a consumatori abituati a profili organolettici estremi o appassionati di cucina etnica e gourmet.

Accanto a queste tradizioni nordiche, si sta sviluppando un filone innovativo che guarda al Mediterraneo. Se la celebre colatura di alici appartiene a un diverso processo di maturazione sotto sale, alcune aziende hanno intrapreso percorsi distinti, applicando vere e proprie fermentazioni controllate. È il caso di realtà come Offishina, che ha reinterpretato l’antico concetto di garum romano non come semplice liquido di salatura, ma come condimento ottenuto attraverso fermentazione lattica, con l’obiettivo di creare un prodotto moderno, sostenibile e ricco di umami, distinto dalla colatura tradizionale.

Le tecniche moderne di fermentazione applicate al settore ittico vanno oltre la semplice riproposizione di metodi storici. Progetti europei come FISHFERMPLUS hanno sperimentato l’utilizzo dei sottoprodotti della lavorazione del pesce per ottenere nuove referenze commerciali, dimostrando come la fermentazione possa diventare uno strumento efficace per l’economia circolare e per la creazione di prodotti innovativi, come creme spalmabili, farciture o condimenti gourmet.

Il mercato europeo si caratterizza quindi per una duplice anima: da un lato la tutela e la commercializzazione di prodotti legati alla tradizione, dall’altro la spinta verso l’innovazione, con applicazioni tecnologiche che permettono di sviluppare referenze adatte a consumatori moderni, attenti sia al gusto che agli aspetti nutrizionali e sostenibili.

Le aziende coinvolte in questo segmento sono poche e specializzate, operano principalmente in ambito gourmet o in nicchie etniche e distribuiscono attraverso canali selezionati, sia fisici che digitali. La gestione dei processi fermentativi richiede competenze specifiche e una rigorosa attenzione alla normativa europea in materia di sicurezza alimentare, elemento che rappresenta una delle principali barriere all’ingresso per nuove realtà produttive.

Il pesce fermentato conferma così il suo ruolo di prodotto di frontiera tra cultura gastronomica, scienza alimentare e mercato. La crescita di questo segmento, pur lontana dai volumi dei prodotti ittici trasformati convenzionali, evidenzia come anche alimenti altamente caratterizzati possano trovare spazio in un contesto globale sempre più diversificato e aperto a sapori autentici.


Normativa UE sul pesce fermentato: quadro regolatorio e requisiti di sicurezza

1. Sicurezza microbiologica e controllo dell’istamina
Il principale riferimento normativo per la sicurezza microbiologica dei prodotti ittici fermentati è il Regolamento (CE) n. 2073/2005, che stabilisce i criteri microbiologici per i prodotti alimentari. In particolare, per le salse di pesce ottenute tramite fermentazione, il Regolamento (UE) n. 1019/2013 ha introdotto un criterio specifico per il contenuto di istamina, fissando un limite massimo di 400 mg/kg. Questo valore è stato allineato alle raccomandazioni del Codex Alimentarius e alle opinioni scientifiche dell’EFSA, considerando che l’istamina può essere distribuita uniformemente in prodotti liquidi come le salse di pesce fermentate.​

2. Valutazione dei rischi legati alle ammine biogene
L’EFSA ha condotto una valutazione qualitativa dei rischi associati alla formazione di ammine biogene nei cibi fermentati, tra cui l’istamina e la tiramina. Queste sostanze possono accumularsi durante la fermentazione e rappresentare un rischio per la salute se presenti in concentrazioni elevate. L’EFSA sottolinea la necessità di controllare attentamente i processi di fermentazione per limitare la formazione di queste ammine.​

3. Procedura per l’autorizzazione dei “Novel Food”
I prodotti ittici fermentati che utilizzano microrganismi non tradizionalmente impiegati o che presentano innovazioni significative possono rientrare nella categoria dei “Novel Food”, regolata dal Regolamento (UE) 2015/2283. In questi casi, è necessaria una valutazione della sicurezza da parte dell’EFSA e l’autorizzazione della Commissione Europea prima dell’immissione sul mercato. Le linee guida aggiornate dell’EFSA per le domande di autorizzazione ai “Novel Food” sono disponibili sul sito ufficiale dell’agenzia.​

4. Linee guida per le colture microbiche alimentari
Per garantire la sicurezza delle colture microbiche utilizzate nella fermentazione, l’EFSA ha sviluppato criteri per la valutazione e la caratterizzazione di questi microrganismi. Le colture devono essere identificate a livello di specie e ceppo, e la loro sicurezza deve essere documentata, soprattutto se non presenti nell’elenco delle specie con Presunzione Qualificata di Sicurezza (QPS)
effca.org.​

La produzione e la commercializzazione del pesce fermentato nell’Unione Europea sono soggette a un quadro normativo dettagliato che mira a garantire la sicurezza alimentare. I produttori devono prestare particolare attenzione al controllo dell’istamina, alla gestione delle ammine biogene e, in caso di innovazioni significative, seguire le procedure per l’autorizzazione dei “Novel Food”. L’aderenza a queste normative è fondamentale per assicurare la qualità e la sicurezza dei prodotti fermentati destinati al consumo umano.​

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Il futuro dell’acquacoltura passa dalla salute e e dal benessere animale

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Il futuro dell’acquacoltura passa dalla salute e e dal benessere animale – L’acquacoltura del futuro si gioca oggi, tra vasche e innovazioni che sembrano uscite da un film di fantascienza ma che sono già realtà. Lo dimostra una ricerca appena pubblicata su Fishes di MDPI e curata dall’Aquatic Life Institute, che riaccende i riflettori su un aspetto troppo spesso sottovalutato: l’equilibrio perfetto tra salute e benessere degli animali come motore trainante della sostenibilità nel settore ittico.

Non si parla più solo di rendere gli allevamenti più efficienti o i prodotti più sicuri per il consumo umano. La vera rivoluzione è dare voce al benessere degli animali acquatici, trasformando un imperativo etico in un vantaggio competitivo concreto. La ricerca condotta da Tessa Gonzalez, responsabile della divisione studi di ALI, lo dimostra con dati alla mano. Le aziende che hanno investito in strategie incentrate sul benessere degli animali hanno ottenuto risultati misurabili su più fronti: meno malattie, meno uso di antibiotici, maggiore sicurezza alimentare e prodotti finali che rispondono sempre meglio alle richieste di consumatori sempre più attenti e consapevoli.

Nel cuore di questo cambiamento c’è la tecnologia di precisione. Dalle soluzioni di iFarm per il monitoraggio del salmone atlantico, capaci di riconoscere ogni singolo esemplare e rilevarne le condizioni di salute, fino ai sistemi avanzati di visione subacquea di Tidal, che analizzano in tempo reale crescita, alimentazione e persino la presenza di parassiti. Sono strumenti che rendono ogni allevamento un centro di eccellenza, capace di migliorare la vita dei pesci e allo stesso tempo garantire una gestione più efficiente delle risorse.

La sostenibilità, d’altra parte, non è più un lusso o un semplice slogan. È la condizione necessaria per rimanere competitivi in un mercato globale in rapida trasformazione. Ingredienti innovativi per i mangimi, come le farine batteriche e le proteine vegetali promosse dalla F3 Feed Innovation Network, o soluzioni naturali come il KelpRing, che crea habitat marini arricchiti grazie alla crescita di alghe, contribuiscono a ridurre la pressione sulla pesca tradizionale e a garantire un ciclo di produzione virtuoso.

La visione è chiara: coltivare un’acquacoltura moderna che sia una vera alleata dell’ambiente. Questo significa ridurre al minimo la perdita di prodotto, abbattere il rischio reputazionale legato alle criticità sanitarie, ma anche costruire una filiera che dialoghi con consumatori sempre più esigenti in termini di trasparenza e tracciabilità.

Ma il messaggio chiave della ricerca è anche un altro: nessuna azienda è sola in questo percorso. L’Aquatic Life Institute invita gli attori della filiera a collaborare per sviluppare ulteriormente queste pratiche e trasformare l’eccezione in normalità. Solo unendo le forze sarà possibile rendere l’adozione di queste tecnologie non solo conveniente, ma anche parte integrante della quotidianità degli allevamenti ittici di tutto il mondo.

Per chi opera nel settore, è il momento perfetto per investire nel futuro. Per i lettori di Pesceinrete, è l’occasione per scoprire da vicino una trasformazione entusiasmante, capace di ridisegnare il presente e l’avvenire dell’industria ittica globale. Perché il benessere animale, oggi più che mai, non è solo una scelta etica: è la chiave di volta di un nuovo modo di fare acquacoltura, più responsabile, redditizio e sostenibile.

Il futuro dell’acquacoltura passa dalla salute e e dal benessere animale

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Il futuro delle attività di pesca iconiche tra deregulation e sostenibilità

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Il futuro delle attività di pesca iconiche tra deregulation e sostenibilità – Le attività di pesca non sono solo un settore economico, ma l’anima di molte comunità costiere. Dalle barche del New England ai pescherecci del Mediterraneo, queste pratiche iconiche raccontano storie di generazioni che hanno costruito la propria identità sul rapporto con il mare. Proprio per questo la recente decisione degli Stati Uniti di ridurre le regolamentazioni sulla pesca commerciale assume un significato che va oltre la semplice politica economica: riaccende il dibattito su come garantire prosperità alle comunità marittime senza compromettere l’equilibrio degli ecosistemi marini.

Con un ordine esecutivo destinato a “ripristinare il predominio americano nel settore ittico”, gli USA puntano a liberare le attività di pesca dalle maglie di normative giudicate eccessive. Un’azione che difende la sopravvivenza di mestieri storici, ma che solleva interrogativi cruciali: può la deregulation salvare davvero le tradizioni senza mettere a rischio il mare stesso?

Le attività di pesca iconiche, siano esse negli Stati Uniti, in Europa o altrove, vivono oggi una sfida epocale. Da un lato, la necessità di rendere competitivo un settore spesso penalizzato da regole rigide e costi crescenti. Dall’altro, l’urgenza di preservare le risorse marine, minacciate da sovrasfruttamento e cambiamenti climatici. Il rischio è che nel tentativo di proteggere il lavoro dei pescatori si finisca per compromettere proprio ciò che lo rende possibile: un oceano vivo e produttivo.

L’Europa, con le sue antiche tradizioni marittime, conosce bene questo equilibrio delicato. Le tonnare, le marinerie storiche, la pesca artigianale sono simboli culturali prima ancora che attività economiche. Tuttavia, la tutela di queste pratiche non può prescindere da una gestione responsabile delle risorse, che guardi al lungo termine.

Il modello americano, basato sulla riduzione delle regole e sull’affidamento al know-how dei pescatori, può offrire spunti di riflessione, ma non può diventare una scorciatoia per sfuggire alla sostenibilità. Le attività di pesca iconiche meritano di essere difese con politiche intelligenti, capaci di coniugare tradizione, innovazione e rispetto per il mare.

Il futuro della pesca passa dalla capacità di trasformare la cultura marittima in un valore aggiunto, senza cadere nella trappola di una deregulation che, nel breve periodo, potrebbe sembrare una soluzione, ma che nel lungo termine rischia di svuotare di significato proprio quelle attività che oggi si vogliono salvare.

Il futuro delle attività di pesca iconiche tra deregulation e sostenibilità

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Maretti: servono cure per il pianeta, agricoltura e pesca in crisi

Maretti: servono cure per il pianeta, agricoltura e pesca in crisi

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Maretti

Abbiamo soltanto questa Terra e la dobbiamo proteggere. Ma «gli ultimi episodi di maltempo in Veneto e Piemonte con morti e danni, sono soltanto l’ultimo segnale che qualcosa non funziona più. Prendersi cura del pianeta non è un gesto altruistico, ma la necessità per evitare al genere umano un disastro». Sono le parole con le quali, in occasione del World Earth Day che si celebra oggi, Cristian Maretti, presidente di Legacoop Agroalimentare, invita a fare presto per prendersi cura del Pianeta.

Un processo a cui adattarsi e da gestire. Anche perché gli effetti del cambiamento climatico si fanno sentire. «Il settore agricolo e quello della pesca già pagano per le mutazioni delle temperature medie e massime e per le variazioni delle distribuzioni delle piogge. Dobbiamo mettere in atto percorsi di mitigazione che sono in ritardo rispetto a tutte le conferenze sul clima. E bisogna velocemente acquisire una cultura dell’adattamento dei nostri sistemi produttivi». Ci sono eventi ed emergenze come «alluvione e siccità, peste suina, granchio blu ed insetti alieni, Xylella, Flavescenza Dorata, brucellosi, che aumentano sensazione di insicurezza e contribuiscono ad espellere imprese dai processi produttivi e non sempre e non solo quelle marginali», spiega Maretti.

Fondamentali ricerca, innovazione e best practice delle cooperative. In questo caso l’innovazione può giocare un ruolo determinante. Ricerca di materiali per gestire l’acqua, biostimolanti, ma anche varietà resistenti nate dalle Tea, possono rappresentare una risposta alle sfide alle quali agricoltura e pesca sono chiamate a dare per sopravvivere. «L’innovazione e la tecnologia possono darci una grande spinta. Ma prima di tutto vanno fatti dei passaggi culturali per comprendere la delicatezza del momento», sottolinea Maretti. Che continua come la strada da seguire sia quella di «recuperare la circolarità dei fattori produttivi nelle nostre attività. Il settore agroalimentare, con l’agricoltura e l’acquacoltura, possono essere presi ad esempio per la gestione dei prossimi decenni per la riduzione delle emissioni carboniche con le best practice che abbiamo sviluppato come sistema cooperativo».

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Specie invasive: ecosistemi e filiere ittiche sotto attacco

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Specie invasive: ecosistemi e filiere ittiche sotto attacco – Le specie invasive non arrivano mai da sole: portano con sé instabilità ecologica, crisi economiche e l’inevitabile prova di maturità per chi gestisce risorse e territori. La recente diffusione delle cozze dorate in California conferma come organismi ad alta capacità adattativa rappresentino oggi una delle principali minacce per gli ecosistemi acquatici e le filiere produttive connesse.

Originarie della Cina e del Sud-est asiatico, le cozze dorate sono comparse per la prima volta in Nord America nell’ottobre 2024, lungo la costa californiana. A differenza delle già note cozze quagga e zebra, queste nuove arrivate si distinguono per una pericolosità superiore: la loro capacità di sopravvivere in una vasta gamma di condizioni acquatiche le rende particolarmente difficili da contenere. Non si tratta quindi solo di un’invasione localizzata, ma di una potenziale espansione incontrollata che potrebbe coinvolgere bacini idrici e infrastrutture strategiche.

La risposta della California, con l’adozione di un quadro normativo d’urgenza e misure di monitoraggio rafforzate, arriva quando la specie ha già preso piede. Un copione già visto, che riflette una gestione reattiva piuttosto che preventiva.

In Italia, l’esperienza con il granchio blu racconta una storia simile, ma su scala più ampia e con impatti già consolidati sulla molluschicoltura e sulla pesca lagunare. L’adattabilità estrema di questa specie ha reso inefficaci gli interventi tardivi, trasformando quella che era stata percepita come un’emergenza temporanea in una condizione permanente.

Il filo rosso che lega California e Italia è la sottovalutazione del rischio sistemico rappresentato dalle specie aliene. Non si tratta più di fenomeni occasionali, ma di dinamiche strettamente legate alla globalizzazione dei commerci, al cambiamento climatico e alla mancanza di protocolli condivisi su scala internazionale.

Senza una governance integrata, la blue economy continuerà a subire contraccolpi da ogni nuova introduzione biologica. È necessario spostare l’attenzione dalla gestione delle conseguenze alla costruzione di una rete di prevenzione, capace di identificare precocemente le minacce e di attivare risposte coordinate tra istituzioni, ricerca e operatori del settore.

Il caso delle cozze dorate evidenzia come le future invasioni saranno caratterizzate da specie sempre più resilienti e difficili da eradicare. In questo scenario, l’Italia ha l’opportunità di passare da vittima di una gestione frammentata a modello di riferimento per politiche di contenimento e adattamento.

Prepararsi significa investire oggi in strumenti di monitoraggio avanzato, formazione settoriale e collaborazione transnazionale. Perché la prossima specie invasiva non è una possibilità remota: è già in viaggio.

Specie invasive: ecosistemi e filiere ittiche sotto attacco

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