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A maggio frena l’export ittico norvegese: i dati del Norwegian Seafood Council

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Il calo delle esportazioni di prodotti ittici a maggio segna la fine di un trend positivo che durava da dieci mesi consecutivi. Lo conferma il Norwegian Seafood Council: nel mese appena trascorso, la Norvegia ha esportato prodotti ittici per un valore totale di 13,6 miliardi di corone norvegesi, in flessione di 267 milioni (-2%) rispetto a maggio 2024.

L’incremento della produzione globale di salmone ha spinto i prezzi al ribasso, incidendo negativamente sul valore complessivo. Allo stesso tempo, la lieve rivalutazione della corona norvegese e la riduzione dei volumi di baccalà hanno contribuito a frenare l’export.

Stati Uniti e Cina sostengono la domanda

Nonostante il calo delle esportazioni di prodotti ittici a maggio, alcuni mercati strategici si sono dimostrati particolarmente dinamici. Gli Stati Uniti, in particolare, hanno segnato una crescita record del 40% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, per un valore di 1,4 miliardi di NOK. È il quinto mese consecutivo in cui il mercato statunitense guida la crescita in valore.

Tre le specie protagoniste: il salmone (983 milioni NOK, +32%), la trota (109 milioni NOK, +19%) e soprattutto la granceola artica (129 milioni NOK, +351%). A incidere è stata anche la stagione eccezionale del granchio delle nevi: a maggio, la Norvegia ha esportato 1.071 tonnellate per un valore di 221 milioni di NOK, il 59% dei quali destinato agli USA, nonostante i dazi ancora in vigore.

Anche la Cina ha mostrato segnali robusti: le esportazioni di salmone sono aumentate del 181% in volume, con 8.273 tonnellate. Da inizio anno, sono 33.870 le tonnellate esportate verso il Paese asiatico, con un incremento del 58% in valore. Merito di prezzi competitivi e canali digitali emergenti che rafforzano la presenza norvegese sul mercato cinese.

Prezzi del salmone in caduta libera

Il salmone, specie chiave dell’export norvegese, ha registrato un volume di 112.846 tonnellate esportate a maggio, ma il valore è calato dell’1%. Il prezzo medio è sceso a 75,78 NOK/kg, il dato più basso registrato negli ultimi dodici mesi. Solo un anno fa, lo stesso chilo costava 116,68 NOK.

Il calo delle esportazioni di prodotti ittici a maggio è legato in parte a questo ribasso senza precedenti. La maggior parte della crescita è stata registrata nel segmento del salmone fresco intero (+53%), mentre i filetti freschi sono rimasti stabili.

Geograficamente, l’export sta diversificandosi: l’Europa ha assorbito il 67% del salmone (contro il 71% di un anno fa), mentre salgono Asia (21%) e Nord America (11%). È un segnale che riflette l’adattamento strategico dei flussi alle dinamiche di mercato.

Altre specie: luci e ombre

La trota ha beneficiato di condizioni produttive favorevoli: 7.305 tonnellate esportate a maggio (+35% in volume, +2% in valore), con la Polonia in forte ascesa (+219% in valore). Allo stesso modo, il merluzzo fresco d’allevamento cresce (+24% in volume), mentre quello selvatico arretra.

Il calo delle esportazioni di prodotti ittici a maggio ha colpito duramente il baccalà: -45% in volume e -36% in valore. Il Portogallo, nonostante tutto, resta il mercato dominante con il 78% della quota da inizio anno.

Anche le aringhe mostrano una riduzione di volume (-5%) ma un incremento in valore (+4%), spinto dai prodotti lavorati e marinate. Lo sgombro mantiene prezzi elevati nonostante la bassa stagione, mentre il granchio reale segna un aumento dei volumi ma un calo di valore, con forti variazioni di prezzo tra i mercati.

Una frenata fisiologica ma non allarmante

Il calo delle esportazioni di prodotti ittici a maggio non altera l’equilibrio complessivo dell’anno: nei primi cinque mesi del 2025, la Norvegia ha esportato seafood per un valore di 72 miliardi di NOK, con un incremento del 5% rispetto al 2024.

La contrazione di maggio può essere letta come una fisiologica correzione dopo mesi di espansione, influenzata da dinamiche globali complesse. Tuttavia, la resilienza di mercati strategici come Stati Uniti e Cina indica che la domanda globale di prodotti ittici norvegesi resta solida, specie per le specie premium e lavorate.

Per buyer, imprese e stakeholder del settore, monitorare l’evoluzione dei mercati e dei prezzi sarà cruciale nei prossimi mesi, anche alla luce dei nuovi equilibri geopolitici e commerciali.

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Il Vietnam conquista l’Egitto con il tonno in scatola

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Le esportazioni di tonno in Egitto rappresentano un’opportunità strategica per le imprese vietnamite. Nei primi quattro mesi del 2025, secondo i dati ufficiali delle dogane vietnamite, il valore dell’export ha raggiunto quota 4 milioni di dollari, con una crescita del 72% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Il prodotto dominante è il tonno in scatola, che da solo rappresenta oltre l’82% del fatturato. Una preferenza chiara, che riflette le dinamiche di consumo egiziane e il posizionamento competitivo dell’industria conserviera vietnamita.

Thailandia in testa, ma il Vietnam avanza

Storicamente, la Thailandia è il principale fornitore di tonno in scatola per l’Egitto. Tuttavia, diversi importatori locali stanno diversificando l’approvvigionamento, puntando su player alternativi come il Vietnam per ridurre il rischio di dipendenza da un unico fornitore.

Questa apertura favorisce il Vietnam, che riesce a coniugare competitività di prezzo, volumi produttivi consistenti e crescente qualità industriale. In questo contesto, si inseriscono anche altri operatori regionali, come la Cina, pronti a contendersi una fetta del mercato.

Un contesto macroeconomico favorevole

L’Egitto ha recentemente superato una crisi valutaria durata oltre due anni, facilitando il ritorno a importazioni più stabili e strutturate. Il miglioramento della disponibilità di valuta estera ha rilanciato la domanda e riattivato le dinamiche di mercato.

Con un PIL stimato di 347,59 miliardi di dollari (FMI, aprile 2024), l’Egitto è oggi la seconda economia africana e il primo paese del continente per attrattività di investimenti diretti esteri. Non a caso, rappresenta il principale partner commerciale del Vietnam nel Nord Africa.

Nel solo 2023, l’interscambio commerciale tra i due Paesi ha toccato i 486,6 milioni di dollari, con l’export vietnamita che ne copre il 90% circa: dai prodotti ittici e agricoli ai tessili, fino alla componentistica industriale.

Prospettive e concorrenza crescente

L’export di tonno in Egitto si rafforza in un momento in cui mercati consolidati come Stati Uniti e Unione Europea stanno vivendo difficoltà congiunturali. Questa congiuntura spinge molte aziende asiatiche a guardare con interesse all’Africa settentrionale.

Tuttavia, la concorrenza è destinata ad aumentare. Per mantenere il vantaggio, le imprese vietnamite stanno sollecitando il governo nazionale a facilitare l’accesso alle materie prime e a eliminare le strozzature burocratiche che rallentano la filiera.

Allo stesso tempo, gli importatori egiziani si dimostrano sempre più selettivi: pretendono standard qualitativi elevati, packaging funzionale e continuità nelle forniture. Il prezzo, pur importante, non è più l’unico fattore discriminante.

Il caso del tonno in scatola vietnamita in Egitto evidenzia le dinamiche evolutive di un mercato strategico per l’intero settore ittico. L’export asiatico cresce, l’Africa del Nord si consolida come polo commerciale, e la concorrenza richiede strategie industriali sempre più articolate.

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Marca China 2025: il nuovo polo asiatico per il private label si sposta a Guangzhou

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La quarta edizione di Marca China Private Label Fair si terrà il 25-26 settembre 2025 presso il Guangzhou Poly World Trade Expo Centre. Organizzata da BolognaFiere China Ltd. insieme a partner istituzionali cinesi, la manifestazione si propone come punto di riferimento per il settore del private label in Asia, con un focus particolare sui comparti alimentare e non-food.

Un format evoluto: il modello “2+1+N”

Marca China 2025 adotta un modello organizzativo innovativo denominato “2+1+N”. Il “1” rappresenta il Supplier-Retailer Day, previsto per il 24 settembre, una giornata esclusiva riservata a espositori e buyer selezionati per incontri B2B mirati, sessioni formative e presentazioni di prodotti. I “2” giorni successivi, 25 e 26 settembre, sono dedicati all’esposizione aperta a tutti i professionisti del settore. Infine, la “N” indica una serie di road show che si svolgeranno durante l’anno in diverse città cinesi, estendendo le opportunità di networking e collaborazione tra fornitori e retailer.

Focus settoriale e opportunità di mercato

La fiera coprirà un’area espositiva di 20.000 metri quadrati e ospiterà oltre 500 espositori di alta qualità, tra produttori, OEM/ODM e fabbriche di origine. Si prevede la partecipazione di più di 20.000 visitatori professionali. I settori rappresentati includono:

  • Alimentare: snack e bevande, prodotti agricoli e derivati, cibi pronti e in scatola, prodotti refrigerati, surgelati e freschi.
  • Non-food: prodotti per la casa, cosmetici e cura personale, articoli per animali domestici, packaging, design e consulenza.

Guangzhou, come centro economico del Sud della Cina, offre un ecosistema industriale completo e una base di consumatori diversificata, rendendola una location strategica per l’espansione del private label sia a livello nazionale che verso il mercato del Sud-Est asiatico.

Internazionalizzazione e sinergie globali

Marca China si distingue per la sua vocazione internazionale, grazie anche alla sinergia con Marca by BolognaFiere, fiera leader del private label in Europa. La presenza di espositori e buyer provenienti da diversi paesi favorisce lo scambio di best practices e l’adozione di standard qualitativi elevati. Le attività collaterali, come forum tematici e padiglioni specializzati, offrono ulteriori occasioni di approfondimento e networking.

La quarta edizione di Marca China Private Label Fair rappresenta un appuntamento imperdibile per tutti gli operatori del settore interessati a esplorare le dinamiche del mercato asiatico e a instaurare collaborazioni strategiche. Con un format innovativo e una forte spinta verso l’internazionalizzazione, la fiera si conferma come piattaforma ideale per lo sviluppo del private label.

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Russia tra i grandi esportatori di filetti di pesce: numeri, sfide e opportunità

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Le esportazioni russe di filetti di pesce hanno registrato nel 2024 una crescita significativa, portando la Federazione tra i primi tre esportatori mondiali. Con 161.000 tonnellate esportate, il Paese si è posizionato dietro Vietnam (648.000 tonnellate) e Cina (508.000), secondo i dati dell’Associazione panrussa delle imprese della pesca (VARPE) e dell’agenzia Indexbox.

A trainare questa performance sono stati i filetti di merluzzo giallo, prodotto simbolo della pesca russa. Secondo l’Unione della Pesca, nel 2024 la cattura di questa specie ha raggiunto livelli record, sfiorando i 2 milioni di tonnellate su un totale di 5 milioni di tonnellate complessive.

Aumento di produzione e domanda internazionale

L’export di filetti ha beneficiato di una combinazione favorevole tra crescita della produzione interna, espansione della capacità di trasformazione e domanda crescente sui mercati asiatici. Il primo trimestre del 2025 ha già confermato il trend: +61% in volume rispetto allo stesso periodo del 2024, con 50.000 tonnellate esportate e un valore salito del 72%, per oltre 140 milioni di dollari.

I dati del Ministero dell’Agricoltura russo indicano che i filetti e la carne macinata di merluzzo costituiscono oltre il 70% del valore delle esportazioni. La competitività è garantita non solo da un costo più basso rispetto agli equivalenti di Norvegia e Stati Uniti, ma anche da una logistica efficiente tra l’Estremo Oriente russo e i porti asiatici.

Nuovi impianti, più trasformazione: cambia il modello export

Fino a pochi anni fa, gran parte del pesce russo veniva esportato come materia prima e lavorato in Cina. Dal 2017, invece, il Paese ha raddoppiato la produzione di prodotti trasformati, che nel 2024 ha toccato le 529.700 tonnellate (+9% su base annua), pari al 32,5% della produzione totale.

Il meccanismo delle “quote sotto la chiglia”, pensato per incentivare la costruzione di nuovi pescherecci e impianti, ha portato alla messa in opera di 40 navi moderne e 27 stabilimenti. Questo cambio di paradigma ha favorito una crescita della trasformazione interna, rafforzando l’autonomia del sistema russo e ampliando il valore aggiunto delle esportazioni.

Secondo Rosrybolovstvo, con un’ulteriore ristrutturazione delle produzioni e dei mercati, l’export russo potrebbe crescere del 40%.

Limiti strutturali e sfide geopolitiche

Nonostante i numeri in crescita, la situazione del settore non è priva di criticità. Nel 2024, la redditività media della trasformazione del pesce è scesa al 9%. Le sanzioni internazionali hanno complicato logistica e accesso al credito, mentre la Cina – primo importatore di merluzzo e aringa – ha aumentato i dazi dal 1° gennaio 2025, aggravando la posizione degli operatori russi.

Secondo la Fish Union, le esportazioni nel 2023–2024 hanno toccato circa 140 Paesi, ampliandosi verso Africa, Asia e America Latina. Tuttavia, restano ostacoli strutturali, come l’esigenza di ammodernare gli impianti e sviluppare le categorie ready to cook e ready to eat, oggi ancora marginali. Il supporto governativo, seppur presente, non è ancora sufficiente a sostenere una transizione completa.

Prospettive 2025: stabilità nei volumi, nuove rotte commerciali

Le stime per il 2025 sono caute ma non negative. Le catture totali dovrebbero rimanere sui 5 milioni di tonnellate, con un focus crescente su merluzzo, salmone e sardine ivasi. La diversificazione dei mercati sarà fondamentale per ridurre la dipendenza dalla domanda cinese e cogliere le opportunità offerte da Paesi BRICS e “friendly nations”.

Secondo gli analisti, la Russia mantiene un’autosufficienza alimentare del 138% in ambito ittico. Oltre al merluzzo, anche salmone del Pacifico, aringa, sardine e farina di pesce continuano a trovare sbocchi competitivi all’estero.

La crescita delle esportazioni russe di filetti di pesce rappresenta una case history rilevante per il settore ittico globale. L’espansione della trasformazione, la valorizzazione del merluzzo giallo e la diversificazione dei mercati stanno trasformando la Russia in un attore strategico per il commercio internazionale. Le sfide restano complesse, ma le traiettorie evolutive indicano un settore dinamico, pronto ad adattarsi e investire.

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L’Unione Europea interviene sulla pesca non sostenibile praticata dai paesi terzi

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Le pratiche di pesca non sostenibile messe in atto da alcuni paesi terzi continuano a compromettere l’equilibrio degli stock ittici condivisi con l’Unione Europea. Un nuovo accordo politico raggiunto tra Parlamento e Consiglio rafforza la capacità dell’UE di reagire, introducendo strumenti giuridici più precisi e misure commerciali più incisive.

Un nuovo quadro giuridico

L’accordo modifica il regolamento (UE) 2017/2403, che disciplina le autorizzazioni di pesca nelle acque esterne all’UE. Il testo riveduto stabilisce in modo più chiaro quando e come l’Unione può identificare un paese terzo che consenta la pesca non sostenibile su stock di interesse comune.

Tra le misure attivabili figurano restrizioni sulle importazioni di pesce proveniente da tali stock o contenente materia prima derivante da attività non conformi. La portata geografica è ampia e riguarda qualsiasi bacino marino in cui coesistano interessi condivisi.

Tracciabilità e responsabilità

Il nuovo impianto normativo prevede un sistema progressivo di intervento, incentrato sul dialogo preventivo con il paese terzo coinvolto. Prima di applicare sanzioni, la Commissione dovrà avviare una consultazione formale, con l’obiettivo di correggere eventuali deviazioni attraverso cooperazione bilaterale.

In assenza di risposte adeguate, potranno essere adottate misure restrittive. Questo approccio graduale consente di mantenere un equilibrio tra fermezza regolatoria e apertura al confronto diplomatico.

Un passo strutturale verso la sostenibilità

L’intervento dell’UE risponde alla necessità di garantire una gestione efficace e scientificamente fondata degli stock condivisi. L’eccessivo sfruttamento da parte di attori esterni mina gli sforzi multilaterali e genera squilibri ambientali difficilmente reversibili.

Con questo accordo, l’Unione consolida la propria posizione nella governance internazionale delle risorse marine e rafforza gli strumenti per contrastare le distorsioni del mercato ittico legate all’origine del prodotto e alle condizioni di prelievo.

Il regolamento aggiornato rappresenta un passo rilevante nella lotta contro la pesca non sostenibile, riaffermando il principio secondo cui la protezione delle risorse marine passa da regole chiare, responsabilità condivise e trasparenza delle pratiche. Un segnale netto, che mira a tutelare l’ambiente marino e a preservare il futuro degli stock condivisi.

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