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Trote fario, sei Regioni scrivono al Governo per tutelare la specie

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Preservare la pratica di immissione delle trote fario nei corsi d’acqua di montagna per sostenere le attività di pesca, a partire da quella sportiva.

È quanto chiede la Regione Emilia-Romagna in una lettera inviata al ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, e firmata anche da Liguria, Lombardia, Piemonte, Toscana e Veneto.

L’approvazione del decreto “Definizione di specie ittiche di acqua dolce di interesse alieutico riconosciute come autoctone per regioni e bacini” esclude, infatti, il riconoscimento dell’autoctonia della trota fario, impedendo il proseguimento della secolare coltivazione della specie praticata attraverso l’immissione di esemplari allo stato giovanile. Questo comporterà il progressivo declino delle popolazioni selvatiche, che oggi sostengono un’importante attività di pesca praticata da migliaia di appassionati, sostanzialmente azzerando la pratica della pesca dilettantistica nelle aree montane.

“La scelta di escludere la trota fario dallo status di specie autoctona, se confermata, causerebbe un grave danno all’intero comparto della pesca sportiva e ricreativa nelle aree montane, con gravi ricadute economiche, sociali e culturali per i nostri territori- commenta l’assessore all’Agricoltura, Alessio Mammi-. La trota fario rappresenta una presenza storica nei nostri corsi d’acqua e un elemento importante anche a sostegno di attività economiche nelle comunità appenniniche”.

“Chiediamo pertanto al Ministero dell’Ambiente– prosegue l’assessore- di rivedere questa impostazione e di aprire un confronto serio con le Regioni. Questa scelta non può prescindere dalla valorizzazione delle realtà locali e delle competenze maturate sui territori. Siamo pronti a collaborare per costruire una normativa equilibrata, sostenibile e rispettosa delle identità locali”

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In Asia cresce la domanda di sashimi di alta qualità

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La crescente domanda di sashimi di alta qualità nel Sud-est asiatico non è più un fenomeno circoscritto alla cucina giapponese: è il riflesso di un mercato in rapida trasformazione, dove il pesce crudo non rappresenta solo un prodotto ma una promessa di purezza, precisione e fiducia.

In paesi come Thailandia, Vietnam, Malesia e Indonesia, il consumo di sashimi si intreccia sempre più con criteri elevati di qualità, tracciabilità e trasparenza. Il cliente non cerca semplicemente una specie pregiata, ma una storia da ascoltare: da dove viene il pesce, come è stato lavorato, quanto è sicuro.

Questo spostamento verso l’alto della domanda sta incidendo sulle scelte strategiche di molti operatori internazionali, ridefinendo le priorità lungo tutta la filiera.

Maruha Nichiro: il tonno si fa ultra premium

È il caso di Maruha Nichiro, leader globale del settore ittico, che ha rafforzato la propria presenza in Thailandia per offrire tonno rosso congelato a bassissima temperatura, specificamente pensato per il consumo crudo.

Proveniente dal Mediterraneo e dall’Australia meridionale, il tonno viene proposto in tagli di pregio come otoro, chutoro e akami, insieme a preparazioni come negitoro e tataki di tonno striato pescato a lenza.

Non è solo una questione di sapore o freschezza: ogni fase della lavorazione è calibrata per rispondere a un pubblico che valuta il prodotto anche per la sua integrità microbiologica, per la pesca sostenibile, per la trasparenza documentale.

Il merluzzo norvegese riscrive il proprio ruolo

Un approccio simile è stato adottato da Ode, allevatore norvegese di merluzzo atlantico, che ha deciso di proporre il proprio pesce come ingrediente da sashimi nei ristoranti giapponesi del Sud-est asiatico.

Un’alternativa raffinata al salmone, promossa non solo per il profilo nutrizionale ma anche per l’elevato standard di lavorazione. L’operazione è affiancata da un lavoro mirato sulla formazione e sulla valorizzazione gastronomica del merluzzo in chiave cruda.

È un caso emblematico: quando qualità, metodo e racconto si allineano, anche una specie tradizionalmente esclusa dal consumo crudo può acquisire un nuovo posizionamento nei mercati più selettivi.

Lo sgombro cambia destinazione: da cottura a sashimi

Anche lo sgombro norvegese, specie spesso associata a preparazioni calde, sta trovando una nuova vita nei ristoranti giapponesi degli Stati Uniti come prodotto da sashimi.

La chiave? Controllo totale della filiera, trattamento post-cattura impeccabile, valorizzazione delle caratteristiche organolettiche attraverso processi tecnologici avanzati.

È un esempio utile a mostrare come il valore percepito non dipenda solo dalla specie, ma da ciò che la filiera è in grado di costruire attorno ad essa.

Il Giappone rilancia la propria acquacoltura

Nel frattempo, il Giappone risponde alla pressione esterna sul mercato del sashimi in Asia rilanciando la propria produzione interna.

Attraverso JETRO, viene incentivata la fornitura di salmone e orata d’allevamento giapponesi ai ristoranti in Thailandia, con l’intento di ridurre progressivamente la dipendenza dal salmone norvegese e rafforzare il legame tra qualità percepita e origine nazionale.

Una strategia che mostra quanto il mercato del sashimi sia anche un terreno identitario, dove i prodotti diventano portatori di valori e cultura oltre che di gusto.

Un mercato che ascolta, valuta e seleziona

La crescente domanda di sashimi di alta qualità nel Sud-est asiatico è oggi una forza silenziosa ma potente che sta orientando decisioni commerciali, tecnologiche e narrative su scala globale.

Non è più solo questione di avere un buon prodotto: conta come lo si presenta, quanto è documentabile, quanto è pensato per l’uso finale, e se è capace di parlare il linguaggio di un consumatore asiatico esigente, attento, sofisticato.

Tra chi coglie questa tendenza, emergono aziende che non si limitano a vendere pesce, ma costruiscono referenze sartoriali, adatte al crudo, adattate ai gusti locali e supportate da contenuti tecnici solidi.

È qui che si gioca la differenza tra semplice fornitura e vera presenza strategica in un mercato in espansione, dove il valore non si misura più in chilogrammi, ma in reputazione, precisione e fiducia.

Pesceinrete continuerà ad analizzare i trend globali e le trasformazioni nella domanda di prodotti ittici, offrendo visione e strumenti a chi lavora ogni giorno dentro la filiera.

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Al via due bandi per potenziare filiera ittica con 21 milioni di euro

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Potenziare la filiera ittica nazionale, puntando al miglioramento degli impianti e all’acquisto di attrezzature, favorendo l’innovazione e garantendo la sicurezza sul lavoro. È questo l’obiettivo dei due bandi pubblicati dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste dedicati alle attività della pesca e dell’acquacoltura relativi al Programma Nazionale FEAMPA 2021-2027. La dotazione complessiva è di 21 milioni di euro.

“Sosteniamo con forza la filiera ittica, parte importante della nostra economia e della nostra identità nazionale. Investire sull’innovazione è un’azione strategica per potenziare le nostre aziende, puntando all’efficientamento del sistema, alla sicurezza sul lavoro e alla sostenibilità ambientale e socioeconomica. I nostri pescatori rappresentano una filiera produttiva importante per la Nazione, ma sono anche custodi delle nostre risorse naturali e delle nostre tradizioni. Per questo il G7 di Siracusa è stato anche della Pesca. L’Italia ha il dovere e l’orgoglio di valorizzare il proprio mare e chi lo vive ogni giorno”. Così il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità nazionale e delle Foreste, Francesco Lollobrigida.

“Proseguono le iniziative del Masaf nel solco della valorizzazione del comparto della pesca italiana. L’attenzione del ministro Lollobrigida e di tutto il governo Meloni nei confronti del settore è rivolta alla crescita nel suo complesso dell’intera filiera, che finalmente torna ad essere centrale nell’attività politica. Il rafforzamento delle organizzazioni di produttori, la maggiore competitività e la sicurezza dei lavoratori sono le nostre priorità e queste misure sono la conferma della linea intrapresa dal ministero”. Lo dichiara il Sottosegretario al Masaf sen. Patrizio La Pietra.

Il primo bando, con una dotazione di 12 milioni di euro, finanzia investimenti per l’ammodernamento o la costruzione degli impianti, il miglioramento delle condizioni di lavoro e della sicurezza e l’innovazione produttiva e tecnologica. L’obiettivo è promuovere la competitività e la sicurezza delle attività di commercializzazione e trasformazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura.

Possono partecipare gli operatori del settore con sede legale o operativa sul territorio nazionale, con una spesa ammissibile compresa tra 150.000 e 3.000.000 di euro e una percentuale di contributo pubblico dal 50% al 100%. Le domande potranno essere presentate entro 60 giorni dalla pubblicazione dell’Avviso nella Gazzetta Ufficiale.

Il secondo bando, che mira a potenziare l’azione delle forme di aggregazione, è dedicato in particolare a sostenere la preparazione e l’attuazione dei Piani di Produzione e Commercializzazione (PPC) da parte delle Organizzazioni di Produttori nel settore della pesca e dell’acquacoltura. Con una dotazione di 9 milioni di euro, si potranno finanziare interventi come l’acquisto di attrezzature, l’adozione di sistemi innovativi di commercializzazione, nonché delle iniziative di comunicazione, formazione, consulenza e promozione.

L’obiettivo è migliorare l’organizzazione del mercato, accrescere il potere contrattuale e incentivare l’adozione di pratiche sostenibili e innovative. Particolare attenzione è riservata alle OP che integrano principi di sostenibilità ambientale, parità di genere, inclusione sociale e valorizzazione delle produzioni locali. Le domande di partecipazione potranno essere inviate entro 45 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

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La FAO aggiorna il quadro mondiale sugli stock ittici marini

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Secondo un rapporto presentato alla Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), alcune delle attività di pesca marittima, a livello globale, si stanno riprendendo grazie a una gestione rigorosa e scientifica, ma molte altre rimangono sotto pressione. Il rapporto dimostra quanto lontano possa arrivare una governance efficace e quanto urgentemente sia necessario replicare questi progressi.

La Revisione dello stato delle risorse ittiche marine mondiali – 2025 riporta la sostenibilità biologica di 2.570 singoli stock ittici, un aumento significativo rispetto alle precedenti edizioni del rapporto. Basato sul contributo di oltre 650 esperti provenienti da oltre 200 istituzioni e più di 90 Paesi, questo rapporto partecipativo e inclusivo analizza le tendenze in tutte le aree di pesca marittima della FAO e offre il quadro più chiaro ad oggi sull’andamento della pesca marittima globale.

Il rapporto conferma che il 64,5% di tutti gli stock ittici è sfruttato entro livelli biologicamente sostenibili, mentre il 35,5% degli stock è classificato come sovrasfruttato. Se ponderato in base ai livelli di produzione, il 77,2% degli sbarchi ittici a livello globale proviene da stock biologicamente sostenibili.

Nelle zone di pesca marittima sottoposte a un’efficace gestione della pesca, i tassi di sostenibilità superano di gran lunga la media globale. Nel Pacifico nord-orientale, ad esempio, il 92,7% degli stock ittici è pescato in modo sostenibile.

“Una gestione efficace rimane lo strumento più potente per la conservazione delle risorse ittiche. Questa analisi fornisce una comprensione senza precedenti, consentendo un processo decisionale più informato e basato sui dati”, ha affermato QU Dongyu, Direttore Generale della FAO. “Questo rapporto fornisce ai governi le prove necessarie per definire le politiche e coordinarle in modo coerente”.

Approfondimenti regionali: dove la gestione funziona, gli stock ittici prosperano

Quasi due terzi degli stock marini a livello globale vengono sfruttati entro livelli biologicamente sostenibili e, negli ultimi anni, la pesca eccessiva è aumentata in media di circa l’1% all’anno. Inoltre, il divario tra aree ben gestite e aree con scarse performance rimane evidente.

Nel Pacifico nord-orientale (Area 67) e nel Pacifico sud-occidentale (Area 81), gli investimenti a lungo termine e i solidi quadri di gestione stanno dando i loro frutti. I tassi di sostenibilità di tutti i singoli stock raggiungono rispettivamente il 92,7% e l’85%, e questi stock sono responsabili di circa il 99% e il 95,7% degli sbarchi del 2021 in queste regioni.

In Antartide (Aree 48, 58 e 88), il 100% degli stock valutati viene pescato in modo sostenibile. È la prima volta che questa regione viene inclusa in questo rapporto e, sebbene di piccole dimensioni, queste attività di pesca dimostrano cosa sia possibile ottenere con una gestione basata sugli ecosistemi e la cooperazione internazionale.

“Risultati positivi come quelli per l’Antartide, il Pacifico nord-orientale e il Pacifico sud-occidentale riflettono i benefici per la gestione sostenibile della pesca derivanti da istituzioni solide, un monitoraggio coerente e completo, l’integrazione di prove scientifiche nelle decisioni di gestione e l’attuazione di approcci precauzionali e basati sugli ecosistemi”, ha affermato David Agnew, segretario esecutivo della Commissione per la conservazione delle risorse marine viventi dell’Antartide, che ha contribuito alla revisione.

Il Mediterraneo e il Mar Nero (Area 37) mostrano i primi segnali di ripresa. Sebbene solo il 35,1% degli stock sia pescato in modo sostenibile, la pressione di pesca è diminuita del 30% e la biomassa è aumentata del 15% dal 2013. Ciò dimostra che la cooperazione regionale e gli sforzi nazionali stanno iniziando a fare la differenza.

Non tutti i settori sono sulla buona strada. Mentre alcuni mostrano progressi concreti, altri rimangono sotto forte pressione.

Nel Pacifico sud-orientale (Area 87), solo il 46% degli stock ittici è pescato in modo sostenibile, mentre nell’Atlantico centro-orientale (Area 34) la percentuale si attesta al 47,4%. Queste regioni includono Paesi in cui la pesca è fondamentale per la sicurezza alimentare e la nutrizione, l’occupazione e la riduzione della povertà, in particolare attraverso attività su piccola scala e artigianali. Tuttavia, con una capacità istituzionale limitata, una governance frammentata e notevoli lacune nei dati, queste aree si trovano ad affrontare compromessi più netti e vincoli più stringenti.

Risultati a livello di specie: il tonno si distingue, le specie di acque profonde sono sotto pressione

Tra le 10 specie marine più sbarcate, tra cui l’acciuga, il merluzzo d’Alaska, il tonnetto striato e l’aringa atlantica, il 60% degli stock valutati è sostenibile. Se ponderato in base al volume di produzione, si stima che l’85,8% degli sbarchi provenga da stock biologicamente sostenibili.

Spiccano i tonni e le specie simili, con l’87% degli stock valutati come sostenibili e il 99% degli sbarchi provenienti da fonti sostenibili.

In queste aree, l’impegno verso una gestione efficace della pesca, ovvero l’applicazione di politiche basate sulla scienza, misure normative e sistemi di conformità, ha garantito la sostenibilità della pesca marittima e i benefici che essa offre.

Ma non tutte le specie se la passano altrettanto bene. Le specie di acque profonde rimangono vulnerabili, con solo il 29% degli stock sfruttati in modo sostenibile. Il rapporto segnala anche preoccupazione per gli squali altamente migratori, spesso catturati accidentalmente durante la pesca del tonno. Sebbene il 57% degli stock valutati sia sostenibile, la mancanza di una gestione internazionale coerente continua a ostacolare gli sforzi di recupero.

Colmare le lacune: trasformare la scienza in azione

Nonostante i notevoli progressi nella copertura dei dati, persistono lacune, soprattutto nella pesca su piccola scala, dove una copertura insufficiente dei siti di sbarco aumenta le incertezze di valutazione. La FAO esorta i Paesi a investire in sistemi di raccolta e gestione dei dati e in approcci basati sulla scienza, nonché a colmare le lacune in termini di capacità e ad allineare gli obiettivi di sostenibilità, per mantenere la pesca sulla buona strada.

“Ora abbiamo il quadro più chiaro di sempre sullo stato della pesca marittima. I dati mostrano cosa funziona e dove siamo carenti”, ha affermato Qu. “Il prossimo passo è chiaro: i governi devono potenziare ciò che funziona e agire con urgenza per garantire che la pesca marittima sia vantaggiosa per le persone e per il pianeta. Questa è l’essenza della Trasformazione Blu della FAO, un appello a costruire sistemi alimentari acquatici più efficienti, più inclusivi, più resilienti e più sostenibili, per aumentare il loro contributo alla sicurezza alimentare globale, soddisfare i requisiti nutrizionali e migliorare i mezzi di sussistenza di una popolazione in crescita”.

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Il sistema dei controlli agroalimentari si rafforza: anche il settore ittico sotto la lente dell’ICQRF

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Nel 2024 il comparto agroalimentare italiano ha consolidato il proprio ruolo di ambasciatore del Made in Italy, sostenuto da un sistema di controlli sempre più capillare e tecnologicamente avanzato. L’attività dell’ICQRFIspettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari – ha interessato oltre 28.500 operatori e 54.000 prodotti, generando oltre 6.000 sanzioni amministrative e 2.381 ordinanze di ingiunzione. Sequestrati quasi 13 milioni di kg di merce per un valore superiore ai 22 milioni di euro.

Il settore ittico, pur non essendo esplicitamente separato nelle tabelle del report, è direttamente coinvolto. I controlli riguardano l’intera filiera agroalimentare, compresi i prodotti della pesca e dell’acquacoltura, soprattutto in riferimento a etichettatura, tracciabilità, certificazioni e corrette relazioni contrattuali tra imprese.

Etichette, contratti, trasparenza: focus sulle pratiche sleali

Una delle azioni più incisive messe in campo nel 2024 ha riguardato il contrasto alle pratiche commerciali sleali. L’ICQRF ha effettuato 809 controlli mirati (il doppio rispetto al 2023), toccando trasversalmente tutte le filiere, compresa quella ittica. I casi più frequenti hanno riguardato la modifica unilaterale dei contratti (41,5%), i ritardi nei pagamenti (28,8%) e la mancata stipula contrattuale prima della consegna. Una dinamica che penalizza soprattutto i piccoli produttori, spina dorsale anche dell’economia ittica artigianale.

Questi interventi rafforzano la posizione dei fornitori nelle fasi negoziali con la distribuzione organizzata e con gli acquirenti industriali, in un contesto di concorrenza sempre più aggressiva, anche nei settori della trasformazione e conservazione dei prodotti della pesca.

Sistema di controlli post-import, vigilanza nei porti e Cabina di Regia

Il Report sottolinea l’intensificarsi delle verifiche nei porti, alle frontiere e nei centri logistici post-importazione. Qui si innesta il ruolo attivo della Capitaneria di Porto, parte integrante della Cabina di Regia istituita dal MASAF per il coordinamento delle ispezioni, assieme a Guardia di Finanza, NAS, Carabinieri per la tutela agroalimentare e forestale, AGEA, Agenzia delle Dogane, Polizia Stradale e Vigili del Fuoco.

Questo assetto garantisce un presidio capillare anche sulle importazioni di prodotti ittici da Paesi terzi, contrastando le frodi e le etichettature ingannevoli, a tutela dei produttori italiani che rispettano le normative comunitarie.

Il futuro della vigilanza: AI, sostenibilità e trasparenza

Per il 2025 l’ICQRF prevede l’integrazione dell’intelligenza artificiale nel monitoraggio online delle frodi e nella gestione predittiva dei controlli. Al tempo stesso, si rafforzeranno le attività legate alla sostenibilità delle produzioni e alla trasparenza informativa lungo tutta la filiera.

Per il comparto ittico, ciò significa una maggiore protezione contro pratiche scorrette e una spinta ulteriore verso l’adozione di standard certificati e comunicazioni corrette nei confronti del consumatore finale.

Il Report ICQRF 2024 fotografa un sistema ispettivo in costante evoluzione, a presidio della legalità e della qualità che definiscono il Made in Italy. Anche il settore ittico beneficia di questa architettura di controlli, che non solo protegge il valore dei prodotti ma garantisce equità nei rapporti di filiera, sostenendo i piccoli operatori e la concorrenza leale. In un mercato sempre più globale, la vigilanza diventa un vantaggio competitivo per chi produce secondo le regole.

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