Categoria: Pesce In Rete Pagina 110 di 1052

Salute e sostenibilità. Ogni paese dovrebbe mangiare il proprio pescato

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Salute e sostenibilità. Ogni paese dovrebbe mangiare il proprio pescato – Aringhe, sgombri, salmoni del Regno Unito e alici e sardine italiane. Due nazioni diverse, un unico problema: il pescato locale, pur essendo ricco di nutrienti e sostenibile, non finisce sulle tavole dei consumatori nazionali. Uno studio del Rowett Institute dell’Università di Aberdeen, pubblicato su Nature Food, ha dimostrato che le specie ittiche pescate e allevate nelle acque britanniche potrebbero soddisfare gran parte del fabbisogno di Omega-3 e vitamina B12 della popolazione, ma vengono in gran parte esportate. Nel frattempo, i consumatori inglesi scelgono gamberi, merluzzo, tonno e salmone importati. Una situazione che trova riscontro anche in Italia, dove il pesce azzurro, simbolo del Mediterraneo, è spesso trascurato a favore di prodotti esteri, come il salmone norvegese o il merluzzo nordico.

In entrambi i casi, la scelta di non consumare pesce locale rappresenta un’occasione mancata sotto molti punti di vista. Sul piano nutrizionale, specie come aringhe, sgombri, alici e sardine sono fonti eccellenti di Omega-3, vitamina D e B12, nutrienti essenziali per la salute umana, in particolare nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Dal punto di vista ambientale, il consumo di pesce locale ridurrebbe l’impronta ecologica legata all’importazione, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi climatici. Non ultimo, sul piano economico, promuovere il pescato nazionale significherebbe rafforzare le filiere locali, sostenere le comunità costiere e preservare tradizioni culturali millenarie.

Il caso del Regno Unito, studiato attraverso un database unico che raccoglie oltre un decennio di dati su produzione, commercio e consumo di prodotti ittici, evidenzia come le preferenze dei consumatori e una mancanza di messaggi educativi mirati siano i principali ostacoli. “Non è una questione di carenza di pesce”, ha spiegato la professoressa Baukje de Roos, autrice della ricerca, “ma di una domanda insufficiente da parte dei consumatori”. Lo stesso vale per l’Italia: alici e sgombri, considerati un tempo il pesce del popolo, sono oggi sottovalutati, nonostante il loro eccellente rapporto qualità-prezzo e le infinite possibilità culinarie.

Secondo la dottoressa Anneli Löfstedt, componente del team di ricerca, un modello per il rilancio potrebbe essere il pesce in scatola, capace di coniugare praticità, convenienza e sostenibilità. L’Italia, patria delle conserve ittiche, ha già dimostrato il potenziale di questo approccio con le sue acciughe sott’olio e le sarde in scatola. Tuttavia, per rilanciare davvero il consumo di pesce locale, occorre andare oltre le tradizioni e investire in campagne di sensibilizzazione innovative.

Ogni Paese, dunque, dovrebbe mangiare il proprio pescato. Non si tratta solo di una questione di salute o di clima, ma di equità globale. Ridurre la dipendenza dalle importazioni in nazioni ricche come il Regno Unito e l’Italia significa lasciare più risorse ittiche disponibili per i paesi esportatori più poveri, spesso privati del loro pescato per soddisfare le richieste dei mercati esteri.

Riconnettersi con il mare e con i suoi prodotti è una scelta che guarda al futuro. Per il Regno Unito, potrebbe significare riportare le aringhe sulle tavole, simbolo di una cultura alimentare perduta. Per l’Italia, potrebbe voler dire riscoprire il valore delle specie ittiche locali, dalle alici del Tirreno alle sardine dell’Adriatico. La sfida resta quella di convincere i consumatori, offrendo informazioni chiare e promuovendo le qualità nutrizionali, ambientali e culturali del pesce locale.

L’obiettivo è chiaro: una dieta più sana, un sistema alimentare più sostenibile e una maggiore indipendenza alimentare per ogni nazione. E, nel caso dell’Italia, un’opportunità per valorizzare il legame profondo tra il Mediterraneo e la sua cucina, facendo del mare non solo una risorsa economica, ma un patrimonio da proteggere e condividere.

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Italia protagonista del mercato ittico europeo

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Italia protagonista del mercato ittico europeo – Il mercato ittico italiano rappresenta un pilastro fondamentale non solo per l’economia nazionale, ma anche per la cultura e l’identità del nostro Paese. Con una costa lunga oltre 7.500 chilometri e una tradizione millenaria, l’Italia si colloca tra i principali attori europei nella pesca e nell’acquacoltura, grazie alla qualità straordinaria dei suoi prodotti e alla capacità di innovare rispettando l’ambiente.

Secondo i dati dell’Osservatorio EUMOFA, l’Italia eccelle nella produzione di specie iconiche come acciughe, orate, spigole e vongole, molto richieste sia sul mercato interno sia internazionale. Tuttavia, il nostro Paese non si limita a soddisfare la domanda locale: le esportazioni di prodotti ittici italiani continuano a crescere, conquistando i mercati esteri grazie all’unicità e alla qualità garantite da rigidi standard di produzione e certificazione.

Il consumo domestico e le preferenze degli italiani

Il consumo di pesce fresco è una delle tradizioni più radicate nel Bel Paese. Dagli acciugari siciliani alle pescherie di Venezia, il pesce fresco continua a dominare le tavole italiane. Questa preferenza si traduce in un forte impegno verso il sostegno della pesca artigianale e delle piccole imprese, che mantengono viva una tradizione sostenibile e legata al territorio.

Nonostante la pandemia abbia modificato alcune abitudini, il consumo di pesce confezionato e trasformato è in aumento, soprattutto grazie alla praticità offerta dai prodotti ready-to-eat e surgelati. Questa tendenza offre nuove opportunità di sviluppo per il settore, favorendo l’innovazione nei processi produttivi e di distribuzione.

L’acquacoltura come risposta alle sfide globali

Con la crescente pressione sugli stock ittici naturali, l’acquacoltura si pone come una soluzione strategica per garantire un approvvigionamento sostenibile. L’Italia, forte di una lunga tradizione in questo settore, si distingue per l’allevamento di specie pregiate come la spigola e l’orata, garantendo prodotti di alta qualità e rispettosi dell’ambiente.

Investire in tecnologie innovative, come i sistemi offshore e le piattaforme di acquacoltura circolare, consente al nostro Paese di restare competitivo in Europa, contribuendo al contempo alla tutela degli ecosistemi marini.

Innovazione e sostenibilità: il futuro del settore

La sostenibilità è ormai un pilastro imprescindibile del settore ittico italiano. Le normative europee e nazionali promuovono pratiche di pesca responsabile, che riducono l’impatto ambientale e garantiscono la tracciabilità lungo tutta la filiera.

Parallelamente, l’adozione di tecnologie digitali, come le piattaforme per il monitoraggio dei flussi commerciali e l’intelligenza artificiale per l’ottimizzazione delle risorse, sta rivoluzionando il modo in cui il settore si approccia al mercato globale.

L’Italia, quindi, non solo custodisce gelosamente le sue tradizioni, ma le integra con un pensiero orientato al futuro, dimostrando come il settore ittico possa essere un esempio di eccellenza e sostenibilità.

Essere leader in un mercato complesso e competitivo come quello ittico non è solo una questione di numeri, ma di visione. L’Italia lo dimostra ogni giorno, con un impegno che intreccia tradizione, innovazione e rispetto per il mare. Un modello che non solo alimenta il Paese, ma lo rende un punto di riferimento per tutta l’Europa.

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Il tonno vietnamita perde quota in Italia

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Il tonno vietnamita perde quota in Italia – Il tonno vietnamita, un tempo protagonista delle tavole italiane, sta vivendo un momento difficile. Nel 2024, le esportazioni verso l’Italia hanno segnato un drastico calo: dai quasi 6 milioni di dollari toccati a giugno, il valore è crollato a poco più di 281 mila dollari a novembre. Complessivamente, al 15 dicembre 2024, il fatturato ha registrato una riduzione del 18% rispetto allo stesso periodo del 2023, fermandosi a 30 milioni di dollari.

Questa situazione ha portato l’Italia a perdere il primato come principale mercato europeo per il tonno vietnamita. Secondo i dati delle dogane vietnamite, la domanda italiana si è ridotta soprattutto per i prodotti trasformati e in scatola: le esportazioni di lombi congelati al vapore sono calate del 50%, mentre il tonno in scatola ha segnato una flessione del 16%.

Il decreto che blocca la pesca e la crisi dei pescatori

Dietro questa contrazione c’è anche l’impatto del decreto emanato da governo vietnamita, entrato in vigore lo scorso maggio. La normativa impone standard più severi sulla pesca del tonnetto striato, stabilendo che solo pesci di almeno 50 cm di lunghezza possono essere sfruttati. Tuttavia, circa il 90% del pescato non raggiunge questa misura, costringendo le aziende a rinunciare all’acquisto di materie prime.

La crisi si riflette anche sui pescatori vietnamiti: il prezzo del tonnetto striato è sceso da 30.000 VND/kg a 17.000-19.000 VND/kg, rendendo le uscite in mare economicamente insostenibili. Molti pescherecci sono fermi nei porti, mentre il Capodanno lunare 2025 si avvicina con prospettive tutt’altro che rosee per il settore ittico.

Un futuro incerto per l’industria del tonno

Le difficoltà nel rispettare le norme imposte dal decreto e le regole dell’accordo di libero scambio Vietnam-UE (EVFTA) rischiano di rallentare ulteriormente le esportazioni vietnamite, non solo verso l’Italia ma anche verso altri mercati europei.

Eppure, il Vietnam conserva importanti vantaggi competitivi: una posizione strategica, costi di produzione contenuti e una consolidata integrazione nella catena del valore globale. Per rilanciare il settore del tonno, saranno però necessari interventi rapidi, come l’adozione di tecnologie di pesca più avanzate e un maggiore supporto ai pescatori locali.

Il 2025 potrebbe rappresentare un punto di svolta per l’industria vietnamita del tonno, ma il percorso è ancora tutto in salita.

Il tonno vietnamita perde quota in Italia

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I pescatori del futuro. Lo studio che esplora gli scenari futuri dell’UE

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I pescatori del futuro. Lo studio che esplora gli scenari futuri dell’UE  – La pesca europea si trova oggi di fronte a un crocevia cruciale, spinta da forze globali come i cambiamenti climatici, l’evoluzione tecnologica e le crescenti pressioni socioeconomiche. Lo studio “Fishers of the Future“, commissionato dalla Commissione Europea, delinea uno scenario fino al 2050 che invita a una profonda riflessione sul futuro del settore.

I pescatori europei sono parte integrante del tessuto culturale e socioeconomico delle comunità costiere, ma le sfide che affrontano sono immense. Le temperature globali in aumento e la perdita di biodiversità stanno trasformando gli ecosistemi marini, mentre le tensioni geopolitiche e le oscillazioni economiche complicano l’accesso alle risorse. La domanda è chiara: come possono i pescatori non solo sopravvivere, ma prosperare in questo panorama in evoluzione?

Uno dei pilastri dello studio è la necessità di abbracciare la tecnologia come alleata. I pescherecci del futuro saranno sempre più digitalizzati, utilizzando strumenti avanzati per il monitoraggio delle risorse ittiche, la gestione della tracciabilità e la riduzione dell’impatto ambientale. Tuttavia, questa transizione richiederà investimenti significativi e un’ampia formazione per superare il divario digitale, che rischia di lasciare indietro i piccoli operatori.

Ma il cambiamento non riguarda solo la tecnologia. È cruciale ripensare il ruolo dei pescatori nella società. Non saranno più soltanto fornitori di cibo, ma custodi dell’ambiente marino, promotori di turismo sostenibile e attori chiave nella pianificazione spaziale marittima. Questa diversificazione, se supportata da politiche mirate, può garantire una maggiore stabilità economica e una resilienza di lungo termine.

Il report sottolinea inoltre l’importanza di rafforzare il legame tra consumatori e produttori, promuovendo prodotti ittici locali e sostenibili. Le certificazioni ambientali e le iniziative di sensibilizzazione possono svolgere un ruolo cruciale nel guidare le preferenze dei consumatori verso scelte più responsabili.

Infine, la chiave per il successo sarà una governance inclusiva e lungimirante. Solo attraverso il dialogo continuo tra pescatori, istituzioni, ONG e attori del settore sarà possibile costruire un modello di pesca resiliente, capace di rispondere ai cambiamenti del nostro tempo.

Con il 2050 all’orizzonte, il futuro della pesca europea dipenderà dalla nostra capacità di agire oggi. Lo studio Fishers of the Future rappresenta un’importante pietra miliare in questo percorso, invitando tutti gli attori del settore a un impegno comune per un’economia blu sostenibile e prospera.

La Commissione ospiterà un evento la mattina di martedì 14 gennaio 2025, in presenza a Bruxelles e online. L’evento si concentrerà sulla discussione di scenari e profili futuri dei pescatori e sull’esplorazione di come possano contribuire a costruire soluzioni pragmatiche per le sfide che il settore sta affrontando. Qui per la registrazione.

I pescatori del futuro. Lo studio che esplora gli scenari futuri dell’UE 

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Il panorama ittico europeo: una fotografia dettagliata del 2024

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Il panorama ittico europeo: una fotografia dettagliata del 2024 – L’industria della pesca e dell’acquacoltura nell’Unione Europea rappresenta una delle componenti chiave del mercato alimentare globale. Con il suo vasto patrimonio di risorse marine e una filiera produttiva fortemente integrata, l’UE affronta nel 2024 sfide e opportunità che riflettono le dinamiche economiche e ambientali mondiali.

Secondo l’ultima edizione del rapporto EUMOFA, il bilancio di approvvigionamento – dato che combina catture, produzione acquicola e commercio internazionale – offre un quadro chiaro dell’evoluzione del settore: mentre la produzione interna rimane stabile, l’importazione di prodotti ittici continua a crescere, evidenziando la dipendenza europea da mercati extra-UE.

Un consumo ittico stabile ma diversificato

Il consumo apparente pro capite di prodotti ittici nell’UE rimane stabile, segno di una domanda consolidata tra i consumatori europei. Le famiglie, secondo i dati riportati, privilegiano specie fresche come merluzzo, sgombro e salmone, mentre il consumo extra-domestico riflette una crescente predilezione per prodotti trasformati e pronti al consumo, con particolare successo nel segmento delle conserve e dei surgelati.

I dati rivelano che l’autosufficienza del mercato interno non è sufficiente a coprire le necessità dei consumatori: per far fronte alla crescente domanda, l’UE importa un’ampia varietà di prodotti ittici da Paesi terzi. Tuttavia, questa dipendenza pone questioni strategiche sul futuro dell’approvvigionamento e sulla resilienza delle filiere produttive europee.

Il ruolo crescente dell’acquacoltura

L’acquacoltura, che rappresenta un pilastro sempre più importante del mercato ittico UE, continua a svilupparsi grazie a innovazioni tecnologiche e modelli di gestione più efficienti. Il rapporto evidenzia come questo comparto stia diventando cruciale per garantire una produzione sostenibile e ridurre la pressione sulle risorse naturali.

Tra le specie più allevate troviamo salmone, trota e orata, che dominano il panorama europeo sia in termini di volumi che di valore economico. Tuttavia, rimangono sfide significative per l’espansione del settore, tra cui l’accesso alle risorse, i costi di produzione e la necessità di allinearsi agli obiettivi ambientali dell’UE.

Import-export: un equilibrio ancora lontano

Il commercio internazionale è un elemento chiave del mercato ittico europeo. Le importazioni extra-UE, principalmente pesce tropicale e prodotti lavorati, continuano a superare le esportazioni, generando un deficit commerciale che sottolinea l’importanza di rafforzare la competitività interna.

D’altra parte, le esportazioni europee si concentrano su prodotti ad alto valore aggiunto, come crostacei e molluschi, destinati principalmente ai mercati asiatici e nordamericani. Questo posizionamento riflette la qualità delle produzioni europee, ma evidenzia anche l’urgenza di politiche più incisive per sostenere le filiere locali.

Sostenibilità e innovazione: le priorità per il futuro

L’UE punta a bilanciare crescita economica e sostenibilità ambientale attraverso iniziative come il Patto Europeo per gli Oceani e il rafforzamento della Politica Comune della Pesca. Questi strumenti mirano a garantire un futuro sostenibile per il settore ittico, promuovendo pratiche responsabili lungo tutta la filiera, dalle catture all’allevamento.

L’innovazione tecnologica, la digitalizzazione dei processi e una maggiore trasparenza sul mercato sono strumenti indispensabili per migliorare la resilienza del settore. Inoltre, l’adozione di politiche più orientate alla diversificazione produttiva potrebbe contribuire a rafforzare l’autosufficienza europea.

Il panorama ittico europeo: una fotografia dettagliata del 2024

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