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In un panorama produttivo sempre più esposto alle conseguenze dei cambiamenti climatici, dei controlli normativi e degli impatti industriali, i rischi ambientali per le imprese ittiche rappresentano una minaccia concreta e spesso sottovalutata. A lanciare l’allarme è il Pool Ambiente, centro d’eccellenza nazionale per la responsabilità ambientale, che evidenzia come oltre il 70% degli incidenti con danni alle risorse naturali in Italia sia causato da attività d’impresa.

Il settore ittico, pur non figurando tra i più energivori o ad alto impatto come quello chimico o metallurgico, opera in ambienti ecologicamente sensibili: impianti di acquacoltura in mare e in laguna, stabilimenti di trasformazione lungo le coste, banchine portuali per lo sbarco e la movimentazione del pescato. Ogni sversamento, ogni errore nella gestione di reflui o materiali inquinanti, può generare un danno ambientale con ricadute economiche devastanti.

Secondo l’indagine condotta da ANIA, solo lo 0,64% delle imprese italiane dispone di una polizza di responsabilità ambientale. La restante quasi totalità è quindi esposta in modo diretto e potenzialmente letale ai costi imprevisti di bonifica e ripristino, che in molti casi si traducono in un colpo mortale per la tenuta dell’impresa. Si stima che tra il 5% e il 10% dei fallimenti aziendali in ambito industriale e ambientale abbiano tra le cause proprio l’insostenibilità economica di queste emergenze.

Per le aziende ittiche, questo significa essere pronte ad affrontare scenari che includono contaminazioni da idrocarburi, malfunzionamenti degli impianti di depurazione, dispersione di sostanze utilizzate nei cicli produttivi, o semplicemente negligenze nella gestione ordinaria. Eppure la consapevolezza resta ancora scarsa, così come l’adozione di pratiche preventive o coperture assicurative specifiche.

A fronte di questo vuoto, il decalogo proposto dal Pool Ambiente offre una guida operativa utile anche alla filiera ittica. Dalla mappatura preventiva delle fonti di rischio alla manutenzione strutturale, dalla formazione del personale alla stipula di polizze assicurative, ogni voce rappresenta un investimento in resilienza. Particolarmente rilevante è l’invito ad adottare la Prassi di Riferimento UNI 107/2021, che definisce criteri tecnici per una gestione efficace dei rischi ambientali.

Non si tratta solo di evitare sanzioni o contenziosi, ma di garantire la continuità aziendale e la sostenibilità a lungo termine dell’intero comparto. In un settore sempre più sotto osservazione da parte di consumatori, istituzioni e stakeholder, la responsabilità ambientale può e deve diventare parte integrante del modello di business.

In conclusione, i rischi ambientali per le imprese ittiche non possono più essere considerati un’ipotesi remota. La fragilità degli ecosistemi marini e costieri impone un cambio di passo: la prevenzione non è più un’opzione, è un requisito di sopravvivenza. E un’occasione per dimostrare, concretamente, il valore della sostenibilità.

Approfondisci le buone pratiche e valuta l’adozione di strumenti concreti per la gestione dei rischi ambientali nella tua impresa. Il futuro della filiera passa anche da qui.

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L’articolo Danni ambientali: un rischio concreto anche per la filiera ittica proviene da Pesceinrete.

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