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Un recente studio della Cornell University conferma che la biodiversità ittica e la nutrizione umana sono strettamente collegate: un maggior numero di specie consumate consente di soddisfare meglio il fabbisogno nutrizionale globale, anche riducendo la quantità di biomassa pescata.

L’analisi, condotta da un gruppo di ricercatori statunitensi attraverso dati biogeografici e nutrizionali su scala globale, dimostra che portafogli ittici composti da specie complementari forniscono fino al 60% in più di nutrienti rispetto alla stessa biomassa della sola specie più ricca di nutrienti. Il principio che guida questo risultato è quello della complementarietà tra le specie: ciascun pesce contribuisce con un diverso profilo nutrizionale, e solo una combinazione bilanciata garantisce un apporto completo di proteine, ferro, zinco, acidi grassi essenziali e vitamine.

Ma i vantaggi della biodiversità non si limitano al piano nutrizionale. Laddove le attività di pesca si fondano su un ventaglio ampio di specie, anche la resilienza dell’intero ecosistema marino risulta rafforzata. Specie di piccole dimensioni e a bassa posizione trofica, meno esposte al sovrasfruttamento, permettono una distribuzione più equilibrata del prelievo, riducendo la pressione sulle risorse più fragili e vulnerabili.

Un altro aspetto fondamentale è che questi benefici si manifestano anche quando le specie vengono selezionate casualmente, segno che la biodiversità possiede un valore sistemico, indipendente dalla singola composizione delle risorse ittiche locali. Tuttavia, resta cruciale l’accettazione da parte del consumatore. Le diete odierne privilegiano poche specie – spesso meno nutrienti – trascurando la varietà disponibile, e questo limita l’impatto potenziale della biodiversità sul piano alimentare.

Per sfruttare davvero questo potenziale, servono politiche nutrizionali e strategie di mercato capaci di promuovere un consumo più diversificato, culturalmente coerente ma biologicamente informato. È possibile orientare i gusti alimentari attraverso raccomandazioni dietetiche personalizzate, esperimenti di scelta e strumenti di educazione alimentare. Solo così la biodiversità potrà diventare anche una risorsa economica, oltre che ecologica.

A livello globale, le regioni con maggiore biodiversità sono anche quelle dove la popolazione dipende di più dalla pesca per la propria sussistenza. In questi contesti, la perdita di specie significa perdere una rete di sicurezza alimentare, con ripercussioni sia sulla salute che sulla stabilità sociale. Molte delle specie oggi a rischio di estinzione potrebbero non essere le più nutrienti, ma la loro scomparsa compromette l’intero equilibrio su cui si fonda la pesca sostenibile.

La biodiversità ittica e la nutrizione umana vanno quindi trattate come due facce della stessa medaglia. Una gestione attenta e scientificamente fondata delle risorse ittiche, orientata a mantenere un’elevata varietà di specie e a valorizzarne il contributo nutrizionale, è oggi una delle risposte più promettenti alla crisi alimentare e ambientale globale.

Sfruttare la biodiversità ittica non significa soltanto salvaguardare gli ecosistemi: significa anche garantire un’alimentazione più ricca, resiliente e sostenibile. Un approccio basato su portafogli di specie complementari può fornire più nutrienti con minore impatto ambientale. È tempo che la filiera ittica, i governi e i consumatori riconoscano questo valore e agiscano di conseguenza.

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L’articolo Diversificare il consumo di pesce protegge la salute e il mare proviene da Pesceinrete.

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