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Sfrecciano negli abissi a oltre 100 km/h, silenziosi, letali e perfetti. Il pesce vela, il marlin e il pesce spada non sono solo icone della pesca sportiva o protagonisti della tavola mediterranea: sono anche, secondo la letteratura naturalistica, i pesci più veloci dell’oceano. Le stime parlano di picchi fino a 112 km/h, una velocità che supera quella di molti animali terrestri e persino di un’automobile in corsa.

Un dato affascinante, se si considera che l’acqua oppone una resistenza circa 800 volte superiore rispetto all’aria. Eppure questi predatori riescono a spingersi ben oltre i limiti naturali, trasformando il loro corpo in una macchina da caccia perfetta. Il pesce vela, in particolare, con la sua pinna dorsale imponente e il rostro affilato, detiene il primato assoluto. Subito dopo, il marlin e il pesce spada mostrano capacità simili, grazie a una combinazione di potenza muscolare, aerodinamicità e riflessi fulminei.

La loro struttura corporea è un capolavoro evolutivo. Ogni dettaglio sembra pensato per la velocità: un corpo affusolato, pinne pettorali che si incassano lungo i fianchi, una pelle liscia ricoperta da microstrutture che riducono la turbolenza, una muscolatura segmentata che scarica tutta la forza in accelerazioni brucianti. Ma non è tutto. Il pesce spada, ad esempio, è dotato di un organo termogenico in grado di riscaldare selettivamente il cervello e gli occhi, garantendo reattività visiva anche nelle acque profonde e fredde in cui spesso caccia. Lo ha confermato uno studio pubblicato sul Journal of Experimental Biology, che ha mostrato come la temperatura degli occhi possa salire anche di diversi gradi rispetto all’ambiente circostante, migliorando l’efficienza durante gli attacchi rapidi.

Confrontando le loro prestazioni con quelle di altri velocisti del regno animale, il paragone è sorprendente. Il pesce vela supera agevolmente i 110 km/h, lasciandosi alle spalle anche il ghepardo, che si ferma a 108 km/h. Il marlin tocca i 97 km/h e il pesce spada arriva fino a 88 km/h. Sono cifre superiori a quelle di qualsiasi mammifero marino, come il delfino comune, che si spinge a circa 55 km/h, e ovviamente a qualunque atleta umano, con Usain Bolt che ha raggiunto un picco massimo di 44 km/h nei 100 metri piani. In acqua, la supremazia dei grandi pelagici non ha rivali.

Eppure, nonostante questo primato naturale, pesce vela, marlin e pesce spada restano vulnerabili. La loro incredibile capacità di nuoto non li protegge dalla pesca intensiva e non selettiva. Palangari, reti derivanti, catture accidentali o fuori norma rappresentano una minaccia concreta, soprattutto nel Mediterraneo. Il pesce spada, in particolare, è spesso prelevato al di sotto della taglia minima o in periodi vietati, minacciando la riproduzione e la conservazione della specie. Le normative esistono, ma l’applicazione non è uniforme, e il controllo sulle attività di pesca resta ancora insufficiente in molte aree.

Parlare dei pesci più veloci dell’oceano non è solo una curiosità da Guinness. È l’occasione per riflettere sull’equilibrio delicato tra meraviglia naturale e responsabilità umana. L’oceano ha generato in milioni di anni animali straordinari, capaci di imprese che sfidano la fisica. Ma la sopravvivenza di queste specie dipende da quanto siamo in grado di proteggerle, non solo di celebrarle.

I pesci più veloci dell’oceano, come pesce vela, marlin e pesce spada, raggiungono velocità fino a 112 km/h. Ma la loro evoluzione eccezionale non li protegge dalla pesca eccessiva.

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L’articolo Il paradosso del pesce più veloce del mondo proviene da Pesceinrete.

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