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Durante il convegno “Dalla terra al mare”, organizzato a Roma, Assograssi ha rilanciato l’appello alle istituzioni europee per rimuovere le restrizioni ancora in vigore sull’uso delle Proteine Animali Trasformate (PAT) da ruminante nei mangimi destinati all’acquacoltura a beneficio della sostenibilità dell’acquacoltura italiana.

In pratica, si tratta di abolire il divieto di impiegare nei mangimi ittici le proteine ottenute da sottoprodotti di bovini e ovini — un divieto imposto oltre vent’anni fa in risposta all’emergenza BSE (mucca pazza) e che oggi molti considerano superato. Le PAT da suino e pollame sono già utilizzate negli allevamenti ittici europei, ma quelle da ruminante restano escluse, nonostante siano sottoposte a rigidi controlli e trattamenti termici che ne garantiscono la sicurezza.

Secondo Paolo Valugani, presidente di Assograssi, l’impiego delle PAT da ruminante consentirebbe una riduzione dei costi di produzione, un minore ricorso all’importazione di farine di pesce e proteine vegetali, e una maggiore sostenibilità dell’intero comparto. L’esperienza norvegese, dove l’agenzia per la sicurezza alimentare ha chiesto alla Commissione Europea una nuova valutazione scientifica sulla questione, mostra quanto il tema sia centrale anche a livello internazionale.

Il settore dell’acquacoltura, che in Italia conta oltre 800 siti produttivi per un valore superiore ai 400 milioni di euro, utilizza già proteine trasformate da suino e avicolo, ma non in quantità sufficienti a coprire il fabbisogno. Come ha spiegato Andrea Fabris, direttore generale dell’Associazione Piscicoltori Italiani (API), i pesci allevati sono animali carnivori, e una dieta basata su proteine animali garantisce migliori performance nutrizionali, fisiologiche e di benessere.

L’apertura alle PAT da ruminante rafforzerebbe anche il principio di economia circolare, valorizzando i sottoprodotti di origine animale e dando nuova linfa al comparto del rendering, che in Italia ha trasformato nel 2024 oltre 1,4 milioni di tonnellate per un fatturato superiore ai 700 milioni di euro.

L’adozione su larga scala di questa materia prima potrebbe incidere positivamente su tutta la filiera: dai produttori di mangimi ai piscicoltori, fino al consumatore finale, con una maggiore trasparenza sulle etichette per comunicare il valore ambientale e nutrizionale dei prodotti ittici. Come sottolineato da Assalzoo, l’accesso a un ventaglio più ampio di fonti proteiche rappresenta oggi una priorità strategica per un’acquacoltura italiana orientata verso specie carnivore.

Rivedere i divieti sull’impiego delle PAT da ruminante nei mangimi per acquacoltura significherebbe rafforzare la sostenibilità dell’acquacoltura italiana, ridurre l’import di proteine vegetali e farine di pesce, valorizzare la filiera del rendering e migliorare la competitività economica del comparto. Per le imprese ittiche, significherebbe poter contare su mangimi più sostenibili, tracciabili e performanti, in linea con i principi di economia circolare.

Serve un cambio di passo europeo per favorire un’acquacoltura moderna, sostenibile e autonoma. Restare aggiornati è il primo passo per guidare il cambiamento.

L’articolo Mangimi ittici, Assograssi chiede l’uso delle PAT da ruminante proviene da Pesceinrete.

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