API lancia l’allarme: il 75% del pesce in Italia è importato

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Il dato di API è chiaro: il 75% del pesce in Italia è importato, per un valore che raggiunge circa 4 miliardi di euro. Secondo Andrea Fabris, direttore dell’Associazione Piscicoltori Italiani (API), questa dipendenza evidenzia la necessità di rafforzare la produzione nazionale e di accrescere la consapevolezza dei consumatori riguardo all’origine del pesce.

Pur essendo l’Italia il maggiore consumatore europeo di prodotti ittici, API sottolinea che la produzione interna oggi non è sufficiente a ridurre il gap con le importazioni. Nel Friuli Venezia Giulia, regione leader nella troticoltura, la trota affumicata friulana emerge come eccellenza territoriale: a Udine, durante Friuli Doc, le degustazioni guidate sono andate sold out, segno che qualità e identità possono fare la differenza.

Fabris ricorda che la produzione di trote in Italia è di circa 30.000 tonnellate all’anno, cifra importante ma ancora limitata rispetto alle potenzialità del settore. Per API, è fondamentale che operatori e istituzioni promuovano iniziative che valorizzino prodotti locali, semplifichino la normativa e incentivino investimenti.

L’associazione sollecita anche i consumatori: leggere attentamente le etichette, chiedere informazioni sulla provenienza nei ristoranti, preferire prodotti locali quando possibile. Sono azioni che possono contribuire a modificare la struttura del mercato. Il fatto che il 75% del pesce in Italia è importato non è solo un numero: è un campanello d’allarme che coinvolge il sistema produttivo, la politica e le scelte quotidiane di chi acquista.

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Il Convegno UNCI a Lipari ribadisce il ruolo cruciale dei CAT per le marinerie

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Innovare ed evolvere per salvaguardare un settore vitale e assicurare un futuro professionale alle nuove generazioni. L’equilibrio tra la sostenibilità delle risorse e la prosperità economica è oggi più che mai cruciale, e la risposta risiede nella capacità di abbracciare il cambiamento, adottare tecnologie all’avanguardia e ripensare i modelli tradizionali. L’obiettivo non è solo preservare un’antica tradizione, ma trasformarla in un motore di sviluppo sostenibile, offrendo opportunità concrete e prospettive di lavoro durature a chi desidera dedicare la propria vita al mare.

Se n’è discusso a Lipari, nel convegno promosso da Unci Sicilia e moderato dal direttore regionale Luisa Tosto, alla presenza del presidente nazionale Andrea Amico, del referente territoriale Unci, Carmelo Di Marco. Ed ancora, del presidente di Unci Agroalimentare, Gennaro Scognamiglio, della vicesegretaria nazionale di Confsal Pesca, Flaminia Mariani e del consulente Unci, Vincenzo D’Amico.

I lavori sono stati aperti dal Sindaco di Lipari, Riccardo Gullo, il quale ha annunciato che alle Eolie si stanno per definire interventi per 12 milioni di euro alle strutture portuali, utili anche per la categoria, e dal nuovo comandante di porto, T.V. Gianmaria Arangio.

“La parola d’ordine è evoluzione” – ha dichiarato il presidente di Unci Agroalimentare, Gennaro Scognamiglio, a sintesi di quanto emerso nella discussione alla quale hanno partecipato con passione e speranza diversi pescatori locali preoccupati dal problema delfini e vermocane. “In un’Europa – ha spiegato – in cui si sta cercando di porre molti paletti, la piccola pesca sarà sempre più tutelata con aiuti di maggiori dimensioni, quasi tutti finanziati attraverso il FEAMP. Ma occorre essere chiari. Il mestiere del pescatore è cambiato: non è più colui che va a prelevare una risorsa, ma è una figura che deve avere una coscienza, che deve conoscere il proprio mestiere, che deve sapere parlare di mare e di futuro. Ed è proprio qui che i Centri di Assistenza Tecnica (CAT), messi in campo grazie alla legge regionale 4/2023, assumono un’importanza strategica. Questi centri servono a educare i pescatori ad una nuova vita professionale, fungendo da sportello amico sempre pronto a dare risposte concrete e ad incoraggiare il lavoratore ad approcciarsi a nuove opportunità.”

Scognamiglio ha poi concluso: “Il pescatore deve innovarsi perché la pesca oggi ha un’evoluzione legata all’attività tecnologica, al sistema barca e alle attività collaterali. Si pensi alle potenzialità dell’ittiturismo, alla ricerca di motori elettrici e ibridi per non sentire più l’odore della nafta a bordo, alla tecnologia applicata ad una pesca sempre più selettiva e reale anche mediante l’impiego di droni ecc.”

In questo contesto di trasformazione, i CAT (come quello di Sant’Agata di Militello per la provincia di Messina) si configurano come il perno fondamentale per l’implementazione di tali innovazioni, supportando i pescatori nell’accesso ai finanziamenti, nella formazione e nell’adozione delle migliori pratiche.

Il futuro della pesca non è un destino predefinito, ma una traiettoria da plasmare. Attraverso l’innovazione audace, la sostenibilità rigorosa e un impegno congiunto di tutti gli attori del settore, supportati in modo proattivo e continuo dai Centri di Assistenza Tecnica, le sfide attuali si possono trasformare in opportunità, garantendo che le nostre acque continuino a essere una fonte di vita, di lavoro e di prosperità per le generazioni a venire.

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Organic aquaculture in the European Union: hurdles and outlook

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Organic aquaculture in the European Union faces both promise and constraint, as highlighted by an international review led by Lola Toomey and published in Reviews in Aquaculture within the OrganicTargets4EU project. The paper probes policy design, market dynamics and cost structures that shape the sector’s trajectory toward a sustainable transition.

Profitability is the crux

Certified feeds, lower stocking densities and dedicated infrastructure push production costs well above conventional baselines. Margins shrink and investment appetite wanes, keeping organic aquaculture largely niche across Member States.

The scale dilemma

Farms that are too small struggle to survive; overly large operations risk clashing with ecological standards and the consumer image of “organic.” Adding to the strain, EU rules are implemented unevenly across countries, creating administrative burdens and competitive asymmetries.

Market headwinds

European markets still under-reward the added value of organic seafood. Competitive pressure from third-country imports—often at lower costs and under different standards—weakens price realization and stalls a premium value chain for EU producers.

Signals of opportunity

Demand for sustainable products is steadily growing, particularly in markets sensitive to animal welfare and environmental quality. Well-targeted EU policies can offset transitional costs. Differentiation will be decisive: clear, credible communication of ecological and social benefits can attract consumers willing to pay a premium.

Organic aquaculture in Europe is not utopian but complex. Progress requires strategy, targeted investment and market mechanisms that recognize its value. For the seafood chain, the challenge is unavoidable for aligning competitiveness with the EU’s environmental and social goals for the coming decade.

Outlook

Ultimately, success will hinge on reducing cost and regulatory barriers, while backing growth with smart policies and go-to-market strategies that highlight the distinctiveness of organic seafood.

A leading review finds EU organic aquaculture constrained by higher costs, scale trade-offs, fragmented implementation and import competition. Yet rising demand, supportive policies and stronger product differentiation could unlock sustainable growth.

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Vallicoltura e bottarga di cefalo: dal Delta del Po un progetto per il futuro

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Arrivare a produrre la bottarga di cefalo del Delta del Po, partendo dal muggine di valle e impreziosendola con i sali di Cervia e delle valli di Comacchio, significa dare una nuova prospettiva a una pratica antica come la pesca valliva, oggi in cerca di strumenti per rafforzare redditività e competitività.

Di questo si è discusso a Cesenatico, presso l’allevamento ittico biologico di Luigi Ballarin, in occasione della 28ª edizione di Cancelli Aperti, l’appuntamento annuale promosso da Confagricoltura Ravenna e quest’anno dedicato alla vallicoltura. Un settore che, pur mantenendo un ruolo fondamentale nella conservazione degli ecosistemi delle zone umide, ha bisogno di innovazione per affrontare le nuove sfide economiche e ambientali.

Il progetto nasce dal dipartimento di Scienze mediche veterinarie dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. L’obiettivo è validare protocolli produttivi capaci di valorizzare il muggine delle valli emiliano-romagnole, trasformandolo in bottarga di qualità superiore e incrementando così il valore commerciale del prodotto. Una visione che unisce tradizione e ricerca, creando opportunità concrete per il futuro della filiera.

Con oltre 22.000 ettari di aree umide, l’Emilia-Romagna rappresenta circa il 30% del totale italiano. La regione ha quindi un potenziale unico per rilanciare la vallicoltura, come sottolineato anche da Confagricoltura Ravenna, che evidenzia la necessità di restituire redditività agli allevatori sostenendo progetti mirati alla qualificazione del prodotto finale.

La bottarga di cefalo del Delta del Po non è soltanto una specialità gastronomica, ma un simbolo della capacità del settore ittico italiano di coniugare biodiversità, tutela degli ecosistemi e innovazione di processo. La ricerca accademica, messa in dialogo con le esigenze del territorio, può diventare leva strategica per dare nuovo slancio alla pesca valliva e rafforzarne la presenza sui mercati nazionali e internazionali.

Il progetto dell’Università di Bologna sulla bottarga di cefalo del Delta del Po rappresenta un passo decisivo per rilanciare la vallicoltura emiliano-romagnola. Un’iniziativa che intreccia tradizione e ricerca, con l’obiettivo di garantire qualità, redditività e riconoscibilità a un prodotto che può diventare ambasciatore del territorio.

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A Bruxelles la Commissione pesca discute di sicurezza alimentare e oceani

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Il dibattito UE su pesca e sicurezza alimentare entrerà nel vivo a Bruxelles il 23 settembre, quando la Commissione per la pesca del Parlamento europeo si riunirà per analizzare il futuro delle politiche comunitarie in materia di oceani e risorse ittiche. La giornata si annuncia cruciale, con la presenza del commissario Costas Kadis e con un’agenda che intreccia dimensione ambientale, economica e sociale.

Tra i temi principali figura il Patto europeo per gli oceani, destinato a diventare uno dei pilastri della strategia blu dell’Unione. La pesca e l’acquacoltura non vengono più considerate comparti isolati, ma elementi centrali di un sistema che lega approvvigionamento alimentare, sostenibilità ambientale e competitività delle imprese. La sfida sarà conciliare l’esigenza di garantire stock ittici in salute con l’imperativo di rafforzare la capacità produttiva europea in un mercato globale sempre più instabile.

La sessione del mattino aprirà con un’analisi sul finanziamento delle politiche in materia di pesca e oceani nel quadro del prossimo bilancio pluriennale. Un punto delicato, poiché l’allocazione delle risorse determinerà la capacità di sostenere programmi di ricerca, innovazione tecnologica e sostegno diretto al settore. Sarà poi la volta della presentazione del memorandum d’intesa UE-Islanda, segnale della volontà di consolidare le alleanze strategiche con i partner del Nord Atlantico.

Il pomeriggio offrirà una prospettiva globale, con la revisione 2025 dello stato delle risorse ittiche marine mondiali a cura della FAO. Una fotografia che arriva in un momento in cui la pressione sugli ecosistemi marini continua a crescere, alimentata da cambiamenti climatici, illegalità e competizione internazionale.

Esperti da Paesi Bassi, Spagna, Belgio e Francia

Particolare attenzione sarà dedicata al legame tra la pesca e a sicurezza alimentare. L’udienza pubblica vedrà la partecipazione di esperti provenienti da Paesi Bassi, Spagna, Belgio e Francia, chiamati a discutere il contributo della pesca e dell’acquacoltura a diete sane e alla resilienza alimentare europea. In questo contesto, il settore ittico europeo è chiamato a dimostrare non solo la sua capacità di produrre, ma anche di educare a un consumo consapevole e sostenibile.

La riunione del 23 settembre rappresenta quindi un banco di prova per le istituzioni comunitarie e per l’intera filiera. L’auspicio è che dal confronto emergano indirizzi chiari e strumenti concreti per valorizzare il ruolo dell’Europa come attore credibile nella gestione delle risorse marine e come garante di sicurezza alimentare per i cittadini.

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