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Pidocchi di mare, vermi intestinali, protozoi, cestodi, mixozoi. L’elenco dei parassiti che colpiscono i pesci allevati nei mari e nei fiumi di tutto il mondo è lungo e in costante aggiornamento. La convivenza tra acquacoltura intensiva e agenti patogeni ha superato da tempo la soglia dell’eccezione: oggi rappresenta una delle sfide strutturali per la sostenibilità sanitaria ed economica del comparto.
Il parassita dei pesci in Amazzonia, recentemente identificato da un team scientifico internazionale, si inserisce in questo scenario complesso. Si tratta di un mixozoo, un parassita microscopico ma potenzialmente devastante, già responsabile di importanti perdite in altre aree del pianeta. La novità? La sua sorprendente diffusione nei bacini amazzonici e la scoperta di inediti meccanismi di controllo genetico.
Mixozoi e infezioni emergenti: un rischio globale
A oggi, il salmone atlantico resta uno degli emblemi delle infezioni parassitarie con impatti economici diretti. In Norvegia e in Scozia, i pidocchi di mare (Lepeophtheirus salmonis) costano all’industria centinaia di milioni di euro l’anno. Allo stesso modo, negli Stati Uniti, alcune popolazioni di trota hanno visto crolli fino al 90% a causa di infezioni da Tetracapsuloides bryosalmonae, altro membro della famiglia dei mixozoi.
Nel bacino amazzonico, dove la biodiversità ittica è tra le più alte al mondo, gli scienziati hanno rilevato che oltre il 50% dei pesci campionati è portatore di questi parassiti. Non si tratta solo di un problema ambientale: l’acquacoltura brasiliana, in forte espansione, rischia ora di essere ostacolata da un nemico invisibile ma tenace.
Il lavoro congiunto del King’s College di Londra, dell’UNIFESP e di altre istituzioni scientifiche europee e sudamericane ha rivelato che questi mixozoi amazzonici utilizzano meccanismi epigenetici sofisticati per adattarsi all’ospite e all’ambiente. Un comportamento evolutivo che complica la diagnosi e rende la prevenzione una corsa contro il tempo.
L’epigenetica apre nuove vie alla prevenzione
I ricercatori hanno installato un laboratorio mobile su una barca nel cuore del bacino amazzonico, vicino alla confluenza dei fiumi Tapajós e Amazzoni. L’obiettivo: osservare i parassiti in situ, lungo tutto il ciclo di vita e in presenza di una varietà estrema di specie ospiti.
L’intuizione più promettente riguarda l’attivazione e la disattivazione di geni nei mixozoi in base alle condizioni ambientali. Questo meccanismo epigenetico, finora mai documentato in modo così chiaro, potrebbe diventare la chiave per lo sviluppo di vaccini genetici o trattamenti mirati.
Per i responsabili della sanità animale e della biosicurezza in acquacoltura, si tratta di un’opportunità concreta per anticipare le infezioni. L’adozione futura di protocolli basati sulla lettura dell’espressione genica dei parassiti potrebbe integrare gli attuali sistemi di sorveglianza e migliorare il benessere animale.
Implicazioni strategiche per la filiera europea
Se l’Amazzonia rappresenta un laboratorio naturale per lo studio dei parassiti, le implicazioni sono tutt’altro che remote per l’industria ittica europea. L’intensificarsi dei flussi commerciali, i cambiamenti climatici e la crescente pressione sugli impianti intensivi rendono i sistemi d’allevamento vulnerabili all’introduzione di nuovi patogeni.
Conoscere le dinamiche dei mixozoi e altri parassiti emergenti significa anticipare i rischi e proteggere il valore lungo tutta la filiera. La resilienza della produzione ittica passa anche da qui: dalla capacità di tradurre l’innovazione scientifica in strumenti operativi e misure preventive sostenibili.
Il parassita dei pesci in Amazzonia è solo l’ultima spia accesa su una vulnerabilità che il settore non può più ignorare. Investire in ricerca, aggiornare i protocolli e costruire filiere più consapevoli è una strategia di sopravvivenza, prima ancora che di crescita.
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L’articolo Pidocchi, mixozoi e minacce invisibili: il fronte parassiti nell’acquacoltura mondiale proviene da Pesceinrete.
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