Ruolo e impatto della Cina sulla pesca e l’acquacoltura mondiali – Il prossimo 24 gennaio l’Unità tematica per le politiche strutturali e di coesione presenterà un nuovo studio dal titolo Ruolo e impatto della Cina sulla pesca e l’acquacoltura mondiali“.

Lo studio analizza meticolosamente la maricoltura e la pesca marittima della Cina, con particolare attenzione ai sussidi che le flotte che operano in acque lontane (DWF) ricevono dal loro governo. L’attenzione dell studio in questione è posta poi sulle catture e le pratiche illegali, la pesca non dichiarata e non regolamentata, ed ancora sulle sfide che la Cina rappresenta per gli accordi internazionali e per le flotte concorrenti dell’UE, in particolare in sei paesi: Mauritania, Senegal, Madagascar, Mauritius, Ecuador e Isole Salomone. Le flotte cinesi che operano in Mauritania e Senegal hanno ricevuto alti livelli di sussidi dal governo cinese, mentre su quelle che operano in Madagascar, Mauritius, Ecuador e Isole Salomone sembra esservi poca chiarezza. Ciò suggerisce che la trasparenza è un problema non solo per quanto riguarda lo spiegamento delle flotte e le relative catture, ma anche per quanto riguarda le sovvenzioni. Anche il commercio di prodotti cinesi della pesca e della maricoltura, mangimi compresi, sono posti all’attenzione dello studio commissionato dalla commissione PECH. 

C’è una grande discrepanza e incertezza nel numero di navi delle flotte cinesi di acque lontane (DWF). Si stima che le navi “visibili” siano circa 900 si  presuppone che a queste debbano essere aggiunte circa 2000 navi “invisibili”. Tuttavia, la discrepanza potrebbe risiedere nel fatto che il numero maggiore include navi che operano in acque vicine alla Cina, ad esempio in Corea.

L’industria della maricoltura cinese ha raggiunto 16 milioni di tonnellate (mt) in 2020, e genera circa 52 euro miliardi all’anno, la maggior parte dei quali derivano dalla produzione di bivalvi.

Una delle più importanti conseguenze ambientali della flotta peschereccia cinese sulle attività di pesca in acque UE è l’esaurimento degli stock ittici, che è associato al degrado ambientale e si traduce in una ridotta disponibilità di risorse per tutti gli attori coinvolti. Inoltre, la pesca illegale mina qualsiasi forma di buon governo che l’UE potrebbe sperare di vedere introdotta.

La principale conseguenza della pesca illegale è la concorrenza diretta con la pesca legale a tutti i livelli e lungo l’intera catena di approvvigionamento, che rappresenta una forma di concorrenza sleale per l’UE e altri soggetti interessati. In termini di conseguenze per la flotta peschereccia per l’UE, lo studio evidenzia l’impatto sulle comunità locali nei paesi ospitanti; il ridotto accesso alle risorse; la concorrenza sleale e la ridotta disponibilità di prodotti esportati.

Ruolo e impatto della Cina sulla pesca e l’acquacoltura mondiali

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