Mese: Maggio 2025 Pagina 10 di 19

Cinque bufale sul pesce da sfatare per mangiare meglio e scegliere consapevolmente

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In Italia il pesce si mangia, si ama, ma spesso si fraintende. Ogni giorno al supermercato o in pescheria ci lasciamo guidare da idee tramandate, consigli sbagliati o verità a metà che rischiano di farci fare scelte poco consapevoli.

In questo articolo sfatiamo le bufale sul pesce più comuni. Quelle che, senza accorgercene, ci fanno spendere di più, mangiare peggio o guardare con diffidenza prodotti di alta qualità.

“Il pesce allevato è peggiore di quello pescato”

È una convinzione molto diffusa, ma non tiene conto dei cambiamenti avvenuti negli ultimi vent’anni. L’acquacoltura moderna, in Italia come in Europa, è soggetta a controlli rigidi su qualità dell’acqua, alimentazione, densità di allevamento e benessere animale.

I pesci allevati oggi crescono in ambienti costantemente monitorati, sono nutriti con mangimi bilanciati, privi di antibiotici preventivi e sottoposti a protocolli sanitari certificati.

Inoltre, l’allevamento consente una maggiore disponibilità durante tutto l’anno, una filiera tracciabile e un impatto ambientale più gestibile rispetto alla pesca indiscriminata. Non si tratta quindi di un’alternativa di ripiego, ma spesso della scelta più sicura, sostenibile e accessibile.

A livello nutrizionale, diversi studi hanno mostrato che il contenuto di omega-3 nei pesci allevati può essere pari o persino superiore a quello dei selvatici, grazie a mangimi formulati con microalghe e farine ricche di EPA e DHA.

E per chi ha dubbi sulla sicurezza alimentare: i controlli sugli allevamenti europei sono continui e trasparenti. Le normative impongono tracciabilità dalla vasca alla tavola, una garanzia che raramente è possibile con il pescato di provenienza non UE.

“Il pesce fresco è sempre meglio del surgelato”

L’idea che il pesce surgelato sia di qualità inferiore è figlia di un passato in cui la conservazione a freddo non garantiva standard elevati. Ma oggi le tecnologie sono cambiate.

Il pesce surgelato viene abbattuto a temperature molto basse, fino a -40°C, subito dopo la cattura. Questo blocca la proliferazione batterica e preserva le caratteristiche organolettiche. Quando arriva sul mercato, mantiene spesso più nutrienti rispetto a un pesce “fresco” che ha viaggiato per giorni.

L’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) sottolinea che la surgelazione profonda rappresenta una delle tecniche più efficaci per mantenere il profilo nutrizionale del pesce e ridurre il rischio di contaminazioni microbiologiche.

In più, il surgelato è una scelta eccellente per chi vuole preparare carpacci, tartare o sushi a casa, poiché molti prodotti sono già idonei al consumo crudo, nel rispetto delle normative sanitarie.

“Se ha l’occhio lucido, è buono da mangiare crudo”

Questa è una delle bufale sul pesce più pericolose. L’aspetto esteriore può indicare freschezza apparente, ma non dice nulla sulla sicurezza igienica. Il rischio principale, in questo caso, si chiama Anisakis: un parassita presente in molti pesci, soprattutto quelli azzurri, capace di provocare problemi gastrointestinali e reazioni allergiche anche gravi.

Secondo il Ministero della Salute, tutti i prodotti destinati al consumo crudo o poco cotto devono essere abbattuti termicamente, cioè congelati a -20°C per almeno 24 ore, o a -35°C per almeno 15 ore, per eliminare i rischi legati ad Anisakis.

Per essere sicuri di consumare pesce crudo senza rischi, è fondamentale acquistare solo prodotti abbattuti termicamente, con etichetta che ne attesti l’idoneità al consumo crudo. Occhio lucido o branchie rosse non bastano. Serve consapevolezza, non estetica.

“Il pesce costa troppo”

Generalizzare è sempre un errore. È vero: alcune specie pregiate come il gambero rosso o il tonno rosso hanno un prezzo elevato, ma l’offerta è molto più ampia di così.

Il pesce azzurro, ad esempio, rappresenta una risorsa accessibile, ricchissima di omega-3, proteine nobili e micronutrienti. Alici, sgombri, sardine e suri si trovano a prezzi contenuti, freschi o in versione surgelata e già puliti. Conoscere questi prodotti vuol dire anche valorizzare la pesca locale e portare a tavola gusto e salute con pochi euro.

Secondo i dati ISMEA, il pesce azzurro è tra i prodotti ittici più acquistati dagli italiani per il rapporto qualità-prezzo. Inoltre, la crescente offerta di confezioni pronte all’uso ne facilita il consumo anche nelle famiglie più giovani o con poco tempo per cucinare.

“Più è grande, più è buono”

Non necessariamente. La dimensione del pesce non è sempre indice di qualità. Alcuni pesci, come orate e spigole, hanno una carne più tenera e omogenea quando sono di taglia media (tra 300 e 600 grammi). Pezzature molto grandi possono risultare fibrose o cuocere in modo non uniforme.

In cucina, la resa migliore non è solo questione di peso, ma anche di struttura delle carni, tempo di cottura, modalità di preparazione.

Per molte ricette tradizionali — come l’orata al sale o la spigola al forno — la pezzatura media assicura un equilibrio perfetto tra gusto e semplicità. A parità di peso, scegliere due esemplari medi invece di uno grande può fare la differenza anche sul piano pratico.

Le bufale sul pesce sono dure a morire, ma oggi abbiamo strumenti e conoscenze per riconoscerle. Un consumatore informato fa scelte migliori per sé, per il mare e per chi lavora nella filiera. Il pesce è un alimento prezioso, ma per trarne il massimo serve imparare a leggerlo davvero.

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Al centro della bioeconomia blu: dieci anni di fondi UE per il settore alghe

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I finanziamenti UE per il settore alghe hanno sostenuto 219 progetti tra il 2014 e il 2023, con un investimento complessivo di 559,1 milioni di euro. È quanto emerge dall’analisi della Commissione Europea, che offre una visione d’insieme dettagliata su dieci anni di progettualità nell’ambito della blue economy. Un documento strategico per buyer, imprese, associazioni e stakeholder del settore ittico e acquacolturale, che sempre più si confrontano con le potenzialità industriali e ambientali delle alghe.

Una filiera in fermento tra ricerca, innovazione e mercato

Il 47% dei progetti ha riguardato le microalghe, mentre la quota di iniziative dedicate alle macroalghe è salita al 32%, riflettendo l’interesse crescente della Commissione verso queste specie. La maggior parte delle attività ha avuto luogo in Spagna, Francia, Italia e Germania, con un focus su produzione sostenibile, ricerca applicata, test in mare, biotecnologie e valorizzazione industriale.

Tra i risultati più significativi: la creazione di 72 posti di lavoro, lo sviluppo di 9 nuovi prodotti, il trattamento di 90 tonnellate di alghe e la messa in coltivazione di oltre 25 km di linee algali. Progetti emblematici come KELP-EU e ALGAEDEMO hanno raggiunto livelli di maturità tecnologica molto avanzati (TRL 9), pronti per il mercato.

Barriere strutturali e raccomandazioni strategiche

La crescita del settore si scontra ancora con barriere di tipo tecnico, normativo e finanziario. L’accesso ai capitali, i costi elevati di produzione, la limitata accettazione da parte dei consumatori e la carenza di regolamenti armonizzati restano ostacoli importanti. La Commissione suggerisce di:

  • Standardizzare i processi autorizzativi (licensing) per le colture marine;
  • Integrare le alghe nei meccanismi di credito di carbonio;
  • Rafforzare la ricerca fondamentale su fisiologia, metabolismo e impatti ambientali;
  • Promuovere investimenti in biotecnologie, bioraffinerie e sistemi produttivi avanzati;
  • Incentivare l’interazione tra imprese, università, enti pubblici e stakeholder.

Il ruolo di piattaforme come BlueInvest e EU4Algae è stato determinante nel connettere aziende e finanziatori, promuovendo casi di successo con oltre 30 milioni di euro raccolti da startup e PMI algali.

Un’occasione per l’ittico europeo

Il comparto ittico può trarre vantaggio diretto da queste traiettorie: alimentazione, mangimistica, nutraceutica e cosmetica sono settori già coinvolti. Tuttavia, è nella simbiosi industriale che emergono le opportunità più interessanti: effluenti acquicoli per la crescita algale, impieghi nei sistemi offshore, valorizzazione dei sottoprodotti e integrazione in catene del valore circolari. La selezione di ceppi ad alta produttività, l’automazione delle coltivazioni e la standardizzazione dei processi sono leve decisive per scalare il mercato.

Verso un ecosistema europeo delle alghe

Il report evidenzia la necessità di continuare a finanziare azioni di R&D e supportare la transizione del settore dalle fasi sperimentali a quelle pre-commerciali. L’obiettivo è costruire un ecosistema industriale delle alghe europeo integrato, competitivo e sostenibile.

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Biomassa spigola e orata: Innovasea alza l’asticella del monitoraggio

Biomassa spigola e orata: Innovasea alza l’asticella del monitoraggio

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Nel contesto operativo dell’acquacoltura mediterranea, la stima accurata della biomassa di spigole e orate costituisce un fattore strategico per ottimizzare i cicli produttivi e supportare decisioni commerciali basate sui dati. Innovasea, azienda leader a livello globale nelle tecnologie per acquacoltura e monitoraggio ittico, ha annunciato il rilascio di un nuovo algoritmo dedicato al branzino europeo (spigola), tre mesi dopo il lancio del gemello per l’orata. È la prima realtà al mondo a offrire una soluzione integrata per entrambe le specie.

Ottimizzazione intelligente per allevamenti multispecie

Molti impianti del Mediterraneo allevano spigole e orate insieme, con necessità operative complesse e una gestione simultanea della crescita di entrambe le specie. L’ultima innovazione di Innovasea, integrata nella piattaforma BiomassPro, consente ora di stimare con precisione peso e dimensioni di spigole e orate tramite un’unica telecamera subacquea e un sistema di visione artificiale basato su intelligenza artificiale.

“Questa versione risponde a un’esigenza critica per le aziende agricole che spesso allevano queste specie insieme”, ha affermato Tim Stone, vicepresidente di Innovasea. “Grazie alla possibilità di monitorare più specie attraverso un’unica soluzione intelligente, gli operatori e i responsabili delle aziende agricole possono ottimizzare i flussi di lavoro e aumentare i profitti attraverso decisioni basate sui dati.”

Sette specie in un’unica piattaforma

La soluzione BiomassPro, già compatibile con sette specie tra cui salmone atlantico, ricciola, dentice e salmone reale, raccoglie dati in tempo reale e li rende disponibili su un pannello di controllo intuitivo. Per gli operatori, ciò si traduce in una gestione più consapevole delle risorse, una riduzione degli scarti alimentari e una previsione più affidabile delle vendite.

Il dispositivo di raccolta è una videocamera leggera, pensata per operare direttamente nelle gabbie di allevamento, senza disturbare i pesci. Può essere riprogrammata per adattarsi a qualsiasi specie tra quelle supportate, eliminando la necessità di sensori separati o infrastrutture dedicate.

Impatti concreti per i buyer e per il mercato

Il valore di questa innovazione per buyer e stakeholder è duplice. Da un lato, offre dati granulari e aggiornati sulle performance di crescita delle spigole e delle orate, consentendo una calendarizzazione più precisa dei lotti da commercializzare. Dall’altro, permette di ridurre costi e rischi, grazie a una stima automatizzata che sostituisce i tradizionali prelievi fisici, spesso costosi e imprecisi.

Per chi opera nel commercio ittico e nella GDO, una maggiore accuratezza nella previsione di taglia e resa rappresenta un vantaggio competitivo cruciale, specie nei mercati dove qualità e uniformità del prodotto sono determinanti per il posizionamento sullo scaffale.

Un ecosistema digitale per l’acquacoltura del futuro

L’algoritmo per la biomassa spigola orata completa una suite di strumenti che mira a rendere il settore ittico sempre più data-driven, con un approccio tecnologico che valorizza anche le produzioni mediterranee. L’interesse crescente verso il monitoraggio automatizzato apre scenari di ulteriore integrazione con sistemi ERP e tracciabilità blockchain, già testati in altre filiere.

Innovasea conferma così il proprio ruolo centrale nella transizione digitale dell’acquacoltura, rispondendo non solo alle esigenze produttive, ma anche alle nuove sfide di sostenibilità, qualità e competitività globale.

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Nuovi dazi USA: cosa cambia davvero per l’industria ittica globale

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Dazi USA e settore ittico sono due realtà che si intrecciano sempre più da vicino nel 2025. Il recente report “Time for Tariffs” pubblicato da NielsenIQ in collaborazione con economisti di Yale offre una lettura chiara e articolata delle ripercussioni attese su supply chain, consumi e strategie di posizionamento. Per gli operatori del settore ittico – dai trasformatori agli esportatori – la posta in gioco è alta: capire dove si aprono margini di rischio e dove invece si possono cogliere vantaggi competitivi.

Uno scenario in trasformazione: tra inflazione e nuovi dazi

Le nuove tariffe annunciate dall’amministrazione statunitense riguardano in prima battuta le importazioni da Canada, Messico e Cina, ma gli analisti prevedono una possibile estensione ad altri Paesi asiatici. Gli effetti principali si traducono in un aumento dei prezzi al consumo e una pressione crescente sulle imprese importatrici.

Per il comparto ittico, questo significa:

  • aumento dei costi per i prodotti importati o trasformati in quei Paesi;
  • rincaro di componenti indiretti come imballaggi, mangimi o macchinari di produzione;
  • maggiore difficoltà per chi esporta negli USA con filiere complesse o dipendenti da input esteri.

La strategia di molti buyer USA si orienta già verso fornitori che operano in Paesi non colpiti da dazi. Le imprese italiane che esportano conserve ittiche, prodotti trasformati ready-to-eat o salumi di pesce potrebbero trarne vantaggio, a patto di garantire continuità di fornitura e stabilità di prezzo.

Consumi in calo, valore in ascesa: la sfida del posizionamento

Il report NielsenIQ sottolinea come il consumatore americano medio stia vivendo una fase di “inflation fatigue”. Il potere d’acquisto è sotto stress, e la priorità va agli acquisti essenziali, mentre le categorie “indulgence” o premium registrano cali selettivi.

Per il settore ittico, il messaggio è doppio:

  • I prodotti percepiti come salutari e funzionali, come tonno o sgombro, mantengono una domanda più stabile.
  • Le referenze di fascia alta – come il gambero rosso di Mazara o prodotti affumicati – rischiano un rallentamento, salvo che vengano riposizionati come “piccoli lussi accessibili”.
  • L’opportunità per i brand europei è chiara: proporre soluzioni innovative, pack ottimizzati, porzioni smart, comunicazione sul valore aggiunto e sull’origine mediterranea. Elementi già strategici per il consumatore europeo, ma sempre più decisivi anche oltreoceano.

Supply chain e resilienza: le leve per restare competitivi

Il report invita le imprese a rafforzare le proprie catene di fornitura con due obiettivi principali: evitare shock produttivi e rispondere con flessibilità alle variazioni tariffarie. Questo significa:

  • rinegoziare i contratti con i fornitori non UE;
  • aumentare le scorte strategiche per i mercati export;
  • diversificare la rete logistica, puntando su porti alternativi o transiti via mare meno esposti a conflitti tariffari.

Per i buyer internazionali, soprattutto nella GDO, ciò comporta anche una riorganizzazione del portafoglio fornitori. Le imprese ittiche capaci di offrire trasparenza, continuità, e una filiera ben tracciata diventeranno partner preferenziali.

Il legame tra dazi USA e settore ittico non è astratto, ma concreto e immediato. Gli effetti toccano prezzi, rotazioni, margini, fiducia dei consumatori e capacità delle aziende di mantenere una proposta di valore coerente.

Pesceinrete continuerà a monitorare l’evoluzione delle politiche commerciali globali per offrire analisi puntuali e strumenti di lettura utili agli operatori. Per affrontare un mercato sempre più interconnesso, servono visione, strategia e informazione di qualità.

 

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Ricci di mare e rigenerazione costiera: il Giappone insegna

Ricci di mare e rigenerazione costiera: il Giappone insegna

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L’acquacoltura rigenerativa di ricci di mare in Giappone rappresenta oggi una delle risposte tecnologicamente più avanzate al degrado degli ecosistemi costieri. Lanciato il 1° aprile 2025, il progetto pilota sviluppato da Yanmar Holdings e Kita-Sanriku Factory nasce con un obiettivo preciso: contrastare l’isoyake, ovvero la desertificazione marina, e trasformare ricci di mare denutriti e privi di valore commerciale in una risorsa ittica esportabile.

La desertificazione costiera, provocata anche dalla sovrapopolazione di ricci che divorano le alghe, ha messo in crisi un intero comparto. Il Giappone ha deciso di agire, investendo 920 milioni di yen in una struttura d’avanguardia a Iwate, dove i ricci vengono allevati in vasche a terra, nutriti con un mangime brevettato e resi idonei al mercato grazie a un protocollo di rigenerazione che ne migliora gonadi, colore e sapore.

Innovazione brevettata e sinergia pubblico-privato

Il cuore tecnologico del sistema è il modulo UNI-VERSE®, sviluppato in collaborazione con l’Università di Hokkaido e sostenuto dal programma pubblico SBIR. Le vasche e i sistemi di gestione ambientale sono frutto dell’ingegneria Yanmar, già attiva nell’acquacoltura indoor con soluzioni per la molluschicoltura e la gestione automatizzata.

Il mangime Hagukumutane®, combinato con vasche intelligenti e sistemi di lavaggio brevettati, consente di standardizzare un prodotto che fino a pochi anni fa era scartato. Il risultato è duplice: si ripristina l’equilibrio degli habitat marini e si ottiene un riccio di mare con caratteristiche organolettiche comparabili a quelle del prodotto selvatico, ma disponibile tutto l’anno.

Ricci giapponesi per il mercato globale

Il nuovo stabilimento non si limita al mercato interno. Già nel 2025, Kita-Sanriku Factory presenta i suoi ricci rigenerati in quattro fiere chiave: Barcellona, Boston, Dubai e Bangkok. L’obiettivo è strutturare una rete distributiva che tocchi Unione Europea, Stati Uniti, Thailandia ed Emirati Arabi, rispondendo alla domanda crescente di prodotto giapponese con continuità di approvvigionamento e qualità certificabile.

Mentre la pesca tradizionale fatica a garantire quantità e standard costanti, l’acquacoltura rigenerativa consente una programmazione delle forniture, riducendo il rischio commerciale per buyer e distributori. Si tratta di una leva competitiva cruciale per l’export, soprattutto in vista dei mercati premium dell’alta ristorazione e del retail selezionato.

Una strategia replicabile anche in Europa

I presupposti che hanno portato allo sviluppo dell’acquacoltura rigenerativa di ricci di mare in Giappone trovano riscontro anche nel bacino del Mediterraneo. Aree soggette a stress ambientale, diminuzione della biomassa algale e squilibri nella fauna bentonica pongono sfide analoghe. Questo modello nipponico, consolidato su base scientifica e industriale, può diventare una fonte di ispirazione concreta per il ripensamento delle filiere ittiche europee, con ricadute su biodiversità, economia e sostenibilità.

La collaborazione tra industria, ricerca e istituzioni pubbliche ha permesso al Giappone di trasformare un problema ecologico in un’opportunità economica concreta. L’acquacoltura rigenerativa di ricci di mare in Giappone non è solo una risposta alla desertificazione costiera, ma un esempio efficace di innovazione circolare con potenzialità globali.

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