Mese: Maggio 2025 Pagina 9 di 19

Senza cuochi formati, il pesce esce dai menù: il nodo lavoro nella ristorazione

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La trasformazione del lavoro nella ristorazione è una delle dinamiche più rilevanti emerse nel Rapporto Ristorazione 2025 redatto da FIPE-Confcommercio. Non si tratta più soltanto di un calo numerico nella disponibilità di personale: a cambiare è la struttura stessa del lavoro nel foodservice.

Il 68% degli operatori dichiara di avere difficoltà nel reperire figure qualificate. Cuochi, aiuto-cuochi e camerieri esperti sono sempre più rari, e con loro scompaiono anche alcune competenze fondamentali. Il risultato è una semplificazione dei processi in cucina, con effetti diretti sulla varietà e qualità dell’offerta.

Il pesce richiede formazione: oggi è l’anello debole

Tra le categorie più penalizzate da questa crisi c’è il pesce fresco. Materia prima delicata, con esigenze specifiche di conservazione, lavorazione e cottura, il pesce non può essere gestito da personale inesperto. Per questo, molti locali preferiscono evitare di inserirlo nei menù o si affidano esclusivamente a referenze pronte o surgelate.

La trasformazione del lavoro nella ristorazione sta generando un effetto a catena: meno personale formato significa meno piatti a base di pesce, meno varietà, meno valorizzazione delle produzioni locali. Una perdita non solo gastronomica, ma economica e identitaria.

Giovani assenti, professionalità in fuga: un problema di sistema

Il settore fatica ad attrarre nuove leve. Secondo quanto riportato dal rapporto, i giovani percepiscono la ristorazione come un comparto con scarso riconoscimento sociale, orari e ritmi di lavoro sfibranti, e limitate prospettive di crescita. La conseguenza è una progressiva uscita dal sistema delle professionalità più qualificate.

Senza formazione e motivazione, la qualità scende. Le tecniche tradizionali di preparazione del pesce si perdono, e l’offerta si appiattisce. La trasformazione del lavoro nella ristorazione non si riflette solo sul personale, ma su tutto ciò che arriva nel piatto.

Collaborare per invertire la rotta: una sfida per la filiera

Se il personale formato è il primo ingrediente per costruire qualità, allora il comparto ittico deve farsi promotore di nuove sinergie. Serve più formazione, più interazione con le scuole alberghiere, materiali semplici e aggiornati per il supporto in cucina. È necessario agevolare l’inserimento del pesce anche nei menù più snelli, senza rinunciare alla sua identità.

Non basta più garantire un buon prodotto: è essenziale renderlo utilizzabile da chi lo lavora. La trasformazione del lavoro nella ristorazione può diventare anche un’occasione per innovare la proposta e rafforzare il legame tra chi produce, chi cucina e chi consuma.

Il valore del prodotto inizia dalla formazione

Il pesce italiano, se fresco e tracciabile, ha tutte le caratteristiche per essere protagonista della ristorazione contemporanea. Ma senza persone in grado di valorizzarlo, resta un potenziale inespresso. Oggi più che mai, il capitale umano è parte integrante della filiera.

Pesceinrete continuerà a raccontare queste connessioni fondamentali per garantire al settore ittico un posto centrale nel futuro del foodservice.

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Piana: 600mila euro per sostenibilità pesca e acquacoltura

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Con lo stanziamento complessivo di 600.000 euro a valere sul Fondo Europeo per gli Affari Marittimi, la Pesca e l’Acquacoltura (FEAMPA) 2021-2027, la Regione Liguria ha attivato una serie di azioni chiave per rendere il settore dell’acquacoltura più competitivo, sostenibile e integrato con la gestione dello spazio marittimo.

“Un passo concreto per semplificare, pianificare e rafforzare il comparto a beneficio dell’economia blu – dice Alessandro Piana,  vicepresidente della Regione Liguria con delega alla Pesca professionale -. Continuiamo a lavorare per uno sviluppo dell’acquacoltura che sia innovativo, sostenibile e in dialogo con il territorio, come ho spiegato partecipando alla Spezia a Italian Oyster Fest, il festival italiano dedicato all’ostrica.–. Grazie a queste risorse attiviamo strumenti concreti per semplificare le procedure, rafforzare il coordinamento tra i soggetti del settore e promuovere una pianificazione integrata e condivisa dell’uso del mare.”

L’Azione 1, mira alla razionalizzazione e semplificazione delle procedure amministrative per il comparto, mentre l’Azione 2 è dedicata alla pianificazione e gestione coordinata degli spazi destinati all’acquacoltura, contribuendo all’individuazione delle Zone Allocate per l’Acquacoltura (AZA), alla loro integrazione nei piani di gestione dello spazio marittimo e a interventi di sensibilizzazione e informazione rivolti alle comunità locali.

Le attività previste includono studi e ricerche per la mappatura di nuove aree idonee alla piscicoltura e molluschicoltura; azioni preventive contro danni ambientali e igienico-sanitari; campagne di comunicazione volte a favorire l’accettabilità sociale dell’acquacoltura da parte dei cittadini.

“La Liguria si conferma protagonista nella promozione di un’economia blu sostenibile, capace di valorizzare le risorse marine e costiere, tutelando l’ambiente e creando nuove opportunità per le imprese e i territori” – conclude il vicepresidente.

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Salmone allevato: il colore del filetto riflette lo stress ambientale

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Il colore del filetto di salmone e lo stress ambientale rappresentano oggi un binomio chiave per comprendere la qualità reale del prodotto finale nella moderna acquacoltura. Una recente ricerca condotta da Nofima, in collaborazione con NTNU e Skretting, e finanziata dal Norwegian Seafood Research Fund, ha chiarito come le condizioni di allevamento interagiscano con la nutrizione, influenzando direttamente l’intensità della pigmentazione del filetto.

Per buyer, produttori e stakeholder della filiera ittica, questa scoperta apre a nuove considerazioni pratiche: valutare il colore di un filetto non è più solo una questione estetica, ma una finestra sui processi fisiologici e gestionali che ne determinano la qualità.

Astaxantina e vitamina A: la risposta dipende dall’ambiente

L’astaxantina, pigmento naturale responsabile del colore rosa-arancio del salmone, è anche un potente antiossidante. La sua presenza nel muscolo dipende dalla capacità dell’animale di assorbirla e immagazzinarla attraverso l’alimentazione. Tuttavia, lo studio dimostra che il colore del filetto di salmone e lo stress ambientale sono strettamente collegati: lo stress ossidativo causato da trattamenti contro i pidocchi del salmone, come l’ammassamento e l’ipossia temporanea, può ridurre drasticamente l’assorbimento dell’astaxantina.

Anche la vitamina A, anch’essa presente nel mangime, svolge un ruolo complesso. Se in condizioni normali alti livelli di vitamina A sembrano interferire con l’assorbimento dell’astaxantina, in situazioni di stress la combinazione di dosi elevate di entrambi i nutrienti ha un effetto protettivo sulla pigmentazione.

Il ruolo dello stress nei protocolli nutrizionali

Durante l’esperimento, i salmoni sono stati alimentati con mangimi formulati con tre livelli di vitamina A e due livelli di astaxantina, e successivamente sottoposti a stress simulato più volte a settimana. I risultati sono stati chiari: il colore del filetto di salmone e lo stress ambientale devono essere valutati in sinergia, non come fattori indipendenti.

Nei pesci stressati, la pigmentazione si è ridotta visibilmente, tranne nei gruppi che ricevevano mangimi con alte concentrazioni di entrambi i composti. Ciò dimostra che l’alimentazione deve essere adattata alle condizioni ambientali reali per mantenere gli standard qualitativi richiesti dal mercato.

Quali conseguenze per la filiera?

Questi risultati hanno un impatto diretto sulla produzione e sul posizionamento commerciale. L’omogeneità cromatica del filetto non può più essere considerata solo un indice di attrattività per il consumatore: è un vero e proprio indicatore fisiologico del benessere del pesce e dell’efficacia delle strategie di allevamento.

Per i buyer della GDO, dell’Horeca e i distributori internazionali, si tratta di un’informazione cruciale da integrare nei criteri di selezione dei fornitori. Per le imprese produttrici, diventa invece strategico collaborare con i mangimifici e i centri di ricerca per calibrare la formulazione dei mangimi su base ambientale, specialmente nei siti a maggiore esposizione a stress ripetuti.

Una visione integrata per qualità e benessere

Il colore del filetto di salmone e lo stress ambientale non sono solo elementi da monitorare separatamente, ma parte di un unico sistema. Nutrizione e gestione degli allevamenti devono essere sempre più integrati per garantire un prodotto di alta qualità, sostenibile e sicuro.

Nel contesto di una filiera in costante evoluzione, questi studi aprono a nuovi standard operativi e offrono un vantaggio competitivo a chi saprà trasformare la ricerca scientifica in valore concreto.

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Nuove semplificazioni UE per la pesca pelagica non smistata

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La deroga al margine di tolleranza per la pesca pelagica è ora realtà: la Commissione europea ha pubblicato il primo elenco di porti di sbarco abilitati a questo regime semplificato, rispondendo a una richiesta strutturale del settore.

Si tratta di una misura fortemente attesa dagli operatori, che permette una maggiore flessibilità nella dichiarazione delle catture nei giornali di bordo, a patto che vengano rispettate rigorose condizioni di controllo nei porti selezionati.

Meno oneri amministrativi, più efficienza operativa

Con la pubblicazione dell’elenco dei porti autorizzati, l’Unione Europea punta a ridurre gli oneri amministrativi per gli operatori della pesca pelagica non smistata, mantenendo al contempo alti standard di tracciabilità e legalità.

Il margine di tolleranza si riferisce alla differenza ammessa tra la stima iniziale delle catture fornita dal comandante del peschereccio e il peso effettivo del pescato. La deroga consente un margine più ampio, evitando sanzioni per scostamenti minimi nei casi in cui il prodotto venga sbarcato direttamente senza cernita.

Tuttavia, questo vantaggio si applica solo nei porti inclusi nell’elenco, che devono disporre di infrastrutture e procedure di controllo riconosciute come affidabili dalla Commissione.

Condizioni rigorose per accedere alla deroga

L’accesso alla deroga al margine di tolleranza per la pesca pelagica non è automatico: i porti devono dimostrare di possedere criteri stringenti in termini di monitoraggio, sistemi di pesatura certificati e presenza di personale incaricato ai controlli.

Tali garanzie permettono di conciliare flessibilità e rigore: la semplificazione della comunicazione delle catture si accompagna a un rafforzamento della tracciabilità, con ricadute positive in termini di trasparenza, sostenibilità e qualità del dato.

Anche i porti di paesi terzi possono essere inclusi, se in grado di garantire lo stesso livello di controllo. L’elenco, destinato a essere aggiornato regolarmente, rappresenta quindi un sistema dinamico che premia le realtà meglio strutturate.

Una misura attesa dal settore e prevista dal nuovo regolamento

La deroga si inserisce nel quadro del nuovo Regolamento (UE) 2024/1474 sul controllo della pesca, e si applica specificamente agli sbarchi di piccoli pelagici e tonni tropicali non sottoposti a cernita.

La misura è stata approvata in sede di revisione regolamentare proprio per rispondere alle difficoltà operative degli operatori del settore, spesso costretti a confrontarsi con margini di errore irrisori in scenari logistici complessi.

Secondo la Commissione, questa novità offrirà benefici tangibili in termini di efficienza, pur garantendo la correttezza delle dichiarazioni e il pieno rispetto delle norme UE in materia di controllo.

La deroga al margine di tolleranza per la pesca pelagica rappresenta un punto di svolta nella gestione degli sbarchi non smistati in Europa. È un compromesso intelligente tra esigenza di semplificazione e dovere di controllo, che avvicina la normativa alle reali condizioni operative delle imprese.

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Crudo che passione, ma sai davvero cosa rischi?

Crudo che passione, ma sai davvero cosa rischi?

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Sempre più apprezzato, il pesce crudo è diventato una presenza abituale nei menù dei ristoranti e anche nelle cucine domestiche. Sushi, sashimi, tartare e carpacci sono espressioni raffinate di una gastronomia che valorizza la freschezza. Ma accanto al piacere del gusto si pongono interrogativi legittimi sulla sicurezza: il crudo è sempre sicuro? E quali sono i veri rischi del pesce crudo?

Parassiti invisibili, ma potenzialmente pericolosi

La prima categoria di rischio è rappresentata dai parassiti, in particolare Anisakis simplex. Si tratta di un verme che può infestare pesci come merluzzo, sgombro, aringa e alici. Se ingerito vivo, può causare dolori addominali violenti, nausea e sintomi simili a un’intossicazione, fino a reazioni allergiche anche gravi.

Meno noti ma documentati sono altri parassiti come Diphyllobothrium latum, la cosiddetta “tenia del pesce”, e Clonorchis sinensis, un trematode epatico endemico in Asia. Entrambi possono essere trasmessi attraverso il consumo di pesce d’acqua dolce crudo o poco cotto.

Batteri e virus: i microrganismi nascosti dietro il sapore

Anche dal punto di vista microbiologico il pesce crudo può nascondere insidie. Tra le infezioni più comuni troviamo quelle causate da Vibrio parahaemolyticus, un batterio che può provocare diarrea, febbre e crampi, oppure Listeria monocytogenes, particolarmente pericolosa per donne in gravidanza, anziani e immunodepressi.

Non mancano virus come il norovirus e l’epatite A, che possono contaminare i molluschi bivalvi crudi, come ostriche e cozze, specialmente se provenienti da acque non controllate. Una corretta tracciabilità della filiera è essenziale per ridurre l’esposizione a questi patogeni.

Tossine naturali: un pericolo anche senza contaminazione

Alcune intossicazioni alimentari derivano dalla formazione di tossine anche in assenza di batteri vivi. La più nota è la sindrome sgombroide, causata dall’accumulo di istamina in pesci come tonno, sgombro o sardine non conservati correttamente. I sintomi si presentano entro poche ore e comprendono prurito, vampate, mal di testa e vomito.

Più rara ma non meno pericolosa è la ciguatera, legata al consumo di pesci tropicali contaminati da ciguatossine, neurotossine prodotte da microalghe e trasmesse lungo la catena alimentare marina. Sebbene rara nel Mediterraneo, la globalizzazione del mercato ne rende possibile l’arrivo anche in Europa.

Come ridurre i rischi del pesce crudo (senza rinunciare al gusto)

La sicurezza dipende principalmente da due fattori: il trattamento del pesce e la trasparenza della filiera. In Italia, il Regolamento (CE) 853/2004 impone per legge l’abbattimento termico del pesce destinato al consumo crudo: -20°C per almeno 24 ore (o -35°C per 15 ore) per neutralizzare i parassiti.

I consumatori dovrebbero verificare che il pesce acquistato sia “abbattuto” e pronto per essere consumato crudo, evitando pesce appena pescato o non destinato a quell’uso. I ristoratori, invece, dovrebbero garantire la catena del freddo e informare chiaramente i clienti.

Mangiare crudo, dunque, si può. Ma farlo in modo sicuro significa conoscere i potenziali pericoli, leggere bene le etichette, fidarsi solo di operatori seri e, soprattutto, non improvvisare.

Il pesce crudo è una delle espressioni più eleganti e immediate della cultura alimentare contemporanea. Ma come ogni piacere, va trattato con rispetto e conoscenza. Affidarsi a prodotti certificati, tecnologie di conservazione adeguate e operatori consapevoli è l’unico modo per continuare a godersi questa esperienza in tutta sicurezza.

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Bibliografia 
Anisakis Nematodes in Fish and Shellfish: From Infection to Allergies, ScienceDirect
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2213224419300021
Vibrio parahaemolyticus Infection, NCBI Bookshelf
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK459164
Risk of Listeria monocytogenes Contamination of Raw Ready-To-Eat Seafood, PubMed Central
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2869148
Scombroid and Histamine Toxicity, NCBI Bookshelf
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK499871
Ciguatera: What It Is, Symptoms, Treatment & Long-term Effects, Cleveland Clinic
https://my.clevelandclinic.org/health/diseases/ciguatera
Control of Parasites by Freezing in Fish for Raw Consumption, Public Health Ontario
https://www.publichealthontario.ca/-/media/documents/E/2017/eb-raw-fish-parasites.pdf
Anisakiasis – DPDx, Centers for Disease Control and Prevention (CDC)
https://www.cdc.gov/dpdx/anisakiasis/index.html
Listeria and Pregnancy, U.S. Food and Drug Administration (FDA)
https://www.fda.gov/food/health-educators/listeria-food-safety-moms-be

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