Mese: Luglio 2025 Pagina 26 di 28

Il semestre record della Norvegia rafforza il ruolo globale dell’ittico nordico

 [[{“value”:”

Le esportazioni norvegesi di prodotti ittici hanno chiuso il primo semestre del 2025 con un risultato storico: 85,2 miliardi di corone norvegesi per 1,3 milioni di tonnellate esportate in 151 Paesi. In altre parole, 36 milioni di pasti al giorno. Nonostante il quadro globale instabile, con mercati rallentati, barriere commerciali crescenti e rincari strutturali, l’industria ittica norvegese ha dimostrato di saper consolidare la propria leadership, mantenendo intatta la fiducia globale nei suoi standard qualitativi.

Il valore delle esportazioni norvegesi di prodotti ittici è cresciuto del 6% rispetto al 2024, con un’accelerazione marcata in segmenti strategici: il salmone, da solo, vale 57,8 miliardi di corone (+3%), seguito da trota (+20%), sgombro (+56%) e granchio reale (+70%). L’acquacoltura continua a rappresentare la spina dorsale dell’export ittico norvegese, con un’incidenza del 73% sul valore totale esportato.

Dinamiche di filiera e mercati in evoluzione

Il successo norvegese non si legge solo nei numeri assoluti, ma nelle dinamiche che lo alimentano. Crescono i mercati maturi come Stati Uniti, Cina e Regno Unito, ma anche Paesi in forte espansione, dalla Thailandia all’Egitto, dalla Polonia al Vietnam. I nuovi canali digitali, come TikTok e il social commerce in Cina, stanno ridefinendo i modelli distributivi, offrendo spunti rilevanti per tutta la filiera europea.

La Cina ha registrato una crescita del 62% in valore per il salmone, con un aumento del 122% dei volumi: numeri che raccontano non solo una domanda crescente, ma un sistema promozionale integrato tra online e retail fisico. Il Regno Unito, nonostante le pressioni inflattive sul canale fish & chips, resta saldo come primo mercato per il merluzzo congelato. Il Portogallo, infine, si conferma epicentro per baccalà e pesce salato, pur in presenza di minori volumi a causa delle riduzioni di quota.

Innovazione, resilienza e visione strategica

Il caso norvegese evidenzia tre pilastri essenziali per la competitività: accesso efficace ai mercati, solidità della catena del valore e capacità di adattamento rapido. La crescita record del granchio artico (+100%) o dei gamberi (+28%) mostra come anche prodotti di nicchia possano rafforzare le performance complessive se accompagnati da promozione mirata e adeguata disponibilità.

Anche il segmento della pesca – il 27% del valore esportato – ha segnato un +11% nonostante un calo dei volumi. È il risultato di un mercato disposto a pagare di più per qualità e tracciabilità, mentre si assiste a una rivalutazione delle specie meno note, come eglefino e aringa, che beneficiano di una nuova narrazione valoriale, attenta anche alla sostenibilità.

E l’Italia?

Nel quadro dei top importatori, l’Italia perde terreno: -6% in valore nella prima metà del 2025, con 3,5 miliardi di corone. Un segnale che non può essere ignorato. La riduzione dei volumi potrebbe dipendere da dinamiche logistiche, pressioni inflattive o da una ristrutturazione dell’offerta.

In conclusione le esportazioni norvegesi di prodotti ittici nel primo semestre 2025 non sono solo un record contabile, ma la fotografia di una filiera capace di anticipare, investire e reagire. Aumenta la varietà delle specie richieste, si diversificano i canali, si innova nei formati. Una lezione per tutto il settore europeo: il valore non è solo nella quantità, ma nella coerenza strategica dell’intero ecosistema produttivo.

Monitorare le performance norvegesi può offrire spunti preziosi per ridefinire posizionamenti, strategie di export e dialogo con i mercati ad alto valore.

Dati Norwegian Seafood Council.

Iscriviti alla newsletter settimanale di Pesceinrete per ricevere notizie esclusive del settore.

NEWSLETTER

 

L’articolo Il semestre record della Norvegia rafforza il ruolo globale dell’ittico nordico proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Marca China 2025, l’Asia guarda alla qualità europea

 [[{“value”:”

Quando si parla di mercati in espansione e di nuovi orizzonti per l’agroalimentare trasformato, Marca China 2025 emerge come uno degli appuntamenti fieristici più rilevanti a livello internazionale. L’edizione di quest’anno, in programma il 25 e 26 settembre presso il Guangzhou Poly World Trade Expo Centre, si presenta completamente rinnovata e strategicamente spostata a Guangzhou, epicentro economico della Cina meridionale e porta d’accesso privilegiata per il Sud-est asiatico.

All’interno di un’area espositiva di 20.000 metri quadrati, oltre 500 produttori, tra OEM/ODM e fornitori specializzati, esporranno il meglio della produzione alimentare e non alimentare a un pubblico selezionato di oltre 20.000 visitatori professionali. Il format include matchmaking B2B, padiglioni tematici e forum dedicati, ponendo l’accento sul dialogo internazionale e la cooperazione tra player globali.

Per chi opera nella filiera dell’ittico trasformato e surgelato, il trasferimento della fiera a Guangzhou rappresenta molto più di una semplice variazione logistica: è un segnale chiaro della crescente domanda asiatica di prodotti a marchio del distributore con elevati standard qualitativi, tracciabilità e sostenibilità. Un segmento in cui le imprese italiane del comparto ittico hanno già dimostrato di poter eccellere.

I buyer asiatici – in particolare quelli cinesi, coreani e vietnamiti – mostrano un’attenzione crescente verso referenze europee premium, sia ready-to-eat che IQF, con packaging distintivo e storie produttive riconoscibili. In questo contesto, la partecipazione a Marca China 2025 può diventare un punto di svolta per le aziende che intendono presidiare nuovi mercati, con un approccio strutturato e consapevole, anche tramite partner locali o distributori regionali.

Il legame con l’Italia è tutt’altro che marginale. Marca China nasce infatti come fiera gemella di Marca by BolognaFiere, manifestazione di riferimento per il private label europeo che ha chiuso la sua ventunesima edizione con oltre 1.300 espositori e 23.000 operatori professionali. Un know-how fieristico che garantisce continuità qualitativa, competenza organizzativa e capacità di selezione della domanda internazionale.

Nel settore dell’ittico, dove l’offerta italiana fatica ancora a trovare uno sbocco stabile sui mercati asiatici – spesso per questioni logistiche o di adattamento al gusto locale – eventi come Marca China possono rappresentare un volano per prodotti a base di pesce. In un contesto fieristico orientato al business e alla private label, il valore della filiera corta, della tracciabilità e della lavorazione Made in Italy può trovare nuovi spazi di espressione.

Marca China 2025 si configura dunque come una piattaforma privilegiata per chi guarda all’espansione internazionale del comparto agroalimentare e non solo. Per l’industria ittica, in particolare nel segmento trasformato e surgelato, partecipare a un evento di questo calibro può significare posizionarsi in modo competitivo su mercati in forte evoluzione, costruendo relazioni solide con buyer e distributori asiatici. Un’opportunità da valutare con lungimiranza.

Iscriviti alla newsletter settimanale di Pesceinrete per ricevere notizie esclusive del settore.

NEWSLETTER

L’articolo Marca China 2025, l’Asia guarda alla qualità europea proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Acquacoltura sostenibile: la sfida da mille miliardi

 [[{“value”:”

Nel nuovo report pubblicato congiuntamente da Banca Mondiale e WWF, l’acquacoltura sostenibile emerge come una delle leve più concrete per costruire un sistema alimentare resiliente, inclusivo e a basse emissioni nei prossimi venticinque anni. Lo studio, “Harnessing Water: A Trillion-Dollar Investment Opportunity in Sustainable Aquaculture”, mette nero su bianco una prospettiva tanto chiara quanto ambiziosa: il futuro del pesce passa sempre più attraverso l’allevamento, e dipenderà in larga parte da come – e quanto – sapremo investire in modo lungimirante.

Secondo il documento, lo scenario “business as usual” prevede investimenti pari a circa 500 miliardi di dollari entro il 2050. Questa cifra stimolerebbe una crescita annuale dell’acquacoltura dell’1,9%, portando la produzione globale a circa 159 milioni di tonnellate di prodotti ittici (escluse le alghe) e generando fino a 14 milioni di nuovi posti di lavoro. Ma è lo scenario più ambizioso, da 1.500 miliardi di dollari di investimenti, a catturare davvero l’attenzione: la produzione potrebbe raggiungere i 225 milioni di tonnellate e offrire opportunità occupazionali a oltre 22 milioni di persone. Numeri che trasformano l’acquacoltura in una vera infrastruttura di sviluppo.

“La chiave non è solo crescere, ma farlo bene”, afferma Genevieve Connors, Direttrice Globale ad interim del Dipartimento Ambiente della Banca Mondiale. “Per sfruttare appieno il potenziale dell’acquacoltura, dobbiamo passare a pratiche non solo produttive, ma anche ambientalmente responsabili, socialmente inclusive ed economicamente sostenibili”.

Il contesto globale conferma questa visione. Il settore ittico affronta una crescente domanda di proteine animali a fronte di un progressivo esaurimento delle risorse selvatiche. L’acquacoltura, che già oggi rappresenta quasi il 60% della produzione globale di prodotti ittici, si profila come il segmento in grado di colmare il divario tra consumo e disponibilità, offrendo al contempo vantaggi ambientali rilevanti: è infatti, tra tutte le fonti di proteine animali, quella con la minore impronta di carbonio e le emissioni più basse di gas serra.

Ma per passare dalle potenzialità ai risultati serve una trasformazione profonda. Il rapporto evidenzia la necessità di passare da modelli su piccola scala a sistemi industriali più efficienti e controllati, capaci di attrarre capitali istituzionali, accelerare l’adozione tecnologica e favorire la collaborazione tra attori pubblici e privati. In particolare, nei Paesi emergenti l’accesso a strumenti finanziari innovativi è indicato come prerequisito per qualsiasi ipotesi di crescita sostenibile.

L’analisi condotta su sette Paesi chiave (Bangladesh, Cile, Cina, Ecuador, Egitto, Thailandia e Vietnam) mostra come modelli di partenariato pubblico-privato, accesso al credito agevolato e governance trasparente siano già oggi i fattori che distinguono le economie più dinamiche nel settore. Per ciascuno, il rapporto individua strategie replicabili, delineando mappe operative per un’espansione compatibile con gli obiettivi climatici e di sicurezza alimentare.

Il report non è solo un esercizio analitico, ma un vero invito all’azione per l’economia blu: rivolto a investitori istituzionali, governi, fondi sovrani, banche multilaterali e operatori industriali, propone modelli finanziari adattabili ai diversi contesti nazionali, indicando rischi, barriere regolatorie e opportunità tecnologiche. Un approccio sistemico, che colloca l’acquacoltura sostenibile come perno della strategia alimentare globale da qui al 2050.

L’acquacoltura non è più un’opzione tra le tante, ma una delle poche soluzioni strutturali per affrontare le sfide alimentari del futuro. Il report di Banca Mondiale e WWF delinea una rotta concreta: investire oggi in modelli sostenibili, su larga scala e ben regolamentati, significa garantire domani un approvvigionamento stabile, inclusivo e a basso impatto ambientale. La filiera, in ogni suo anello, ha ora la possibilità – e la responsabilità – di orientare le scelte strategiche verso questa direzione.

Iscriviti alla newsletter settimanale di Pesceinrete per ricevere notizie esclusive del settore.

NEWSLETTER

L’articolo Acquacoltura sostenibile: la sfida da mille miliardi proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Eolico offshore e pesca: il MASAF al lavoro per mappare lo sforzo di pesca

Eolico offshore e pesca: il MASAF al lavoro per mappare lo sforzo di pesca

 [[{“value”:”

Mentre l’Italia accelera sullo sviluppo dell’energia eolica offshore, il tema della compatibilità tra eolico offshore e pesca professionale torna con forza al centro del dibattito. Qualche settimana fa, presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (MASAF), si è svolta una riunione tecnica dedicata a questo nodo strategico, nel quadro della Pianificazione dello Spazio Marittimo (PSM).

L’incontro ha rappresentato un passaggio operativo importante per affrontare una questione che, fino ad oggi, è stata troppo spesso marginalizzata: come garantire che lo sviluppo delle rinnovabili marine non avvenga a discapito della filiera ittica nazionale, in particolare nelle aree di maggiore intensità di pesca.

Durante i lavori, il Direttore generale della pesca marittima e dell’acquacoltura, Francesco Saverio Abate, ha annunciato l’avvio della redazione di una mappa nazionale dello sforzo di pesca. Si tratta di uno strumento tecnico e conoscitivo finalizzato a rappresentare, con il maggior grado di dettaglio possibile, dove, quanto e con quali caratteristiche si svolge l’attività di pesca nelle acque italiane. L’obiettivo dichiarato è duplice: prevenire conflitti nella pianificazione dello spazio marittimo e restituire centralità a un settore strategico per la sicurezza alimentare, la coesione sociale e l’economia costiera.

La mappa si baserà su dati provenienti da logbook elettronici, sistemi di tracciamento satellitare (VMS e AIS), dichiarazioni di sbarco e fonti statistiche ufficiali. Tuttavia, il valore effettivo dello strumento dipenderà dalla sua capacità di offrire una lettura integrata e qualitativa del mare: non solo quantità di presenze o percorrenze, ma rilevanza economica degli areali, stagionalità dell’attività, specificità delle tecniche di pesca impiegate.

Secondo proiezioni condivise nel corso della riunione, in assenza di un approccio pianificatorio realmente integrato, alcune aree del Paese potrebbero subire una riduzione dell’attività di pesca anche superiore al 60%. Il rischio, concreto, è che l’urgenza di accelerare la transizione energetica si traduca in una riconfigurazione rigida e sbilanciata dello spazio marittimo, a scapito di attività preesistenti che generano valore, occupazione e identità nei territori.

Per approfondire le implicazioni operative della mappa dello sforzo di pesca e chiarire quale ruolo potrà giocare all’interno dei processi decisionali nazionali, abbiamo rivolto al Direttore Francesco Saverio Abate tre domande specifiche:

1. Nel costruire la mappa dell’intensità dello sforzo di pesca, che tipo di lettura intendete offrire: sarà una rappresentazione puramente quantitativa basata su dati VMS, logbook e catture, oppure si terrà conto anche del valore economico delle aree, della stagionalità e delle tecniche di pesca utilizzate?

Per quanto riguarda la mappa dell’intensità dello sforzo di pesca, l’intenzione è di offrire una rappresentazione non puramente quantitativa, ma profondamente integrata e qualitativa. Sebbene i dati provenienti da logbook elettronici, sistemi di tracciamento satellitare (VMS e AIS) e dichiarazioni di sbarco siano fondamentali, la mappa si arricchirà con la considerazione del valore economico degli areali, della stagionalità dell’attività e della specificità delle tecniche di pesca utilizzate. Questo approccio olistico è cruciale per cogliere la vera rilevanza del settore, riconoscendone le sfumature e le interconnessioni con l’ecosistema marino e le comunità costiere. Una mera analisi quantitativa rischierebbe di sottovalutare l’impatto reale su intere filiere produttive e sull’identità territoriale, che la pesca ha contribuito a forgiare nei secoli. La tutela di questo patrimonio produttivo e culturale è un imperativo.

2. Questa mappatura verrà utilizzata come strumento operativo nelle interlocuzioni con MASE e MIT per definire o rettificare le aree idonee e di accelerazione per le rinnovabili, oppure resterà confinata a un ruolo conoscitivo? È prevista una formalizzazione del suo impiego nella governance interministeriale della PSM?

Questa mappatura è concepita come uno strumento operativo essenziale nelle interlocuzioni con MASE e MIT, con l’obiettivo primario di definire o rettificare le aree idonee e di accelerazione per le rinnovabili. Il suo ruolo non può e non deve essere confinato a una mera funzione conoscitiva; al contrario, è pensata per essere un pilastro decisionale nella pianificazione dello spazio marittimo. È auspicabile e necessaria una formalizzazione del suo impiego nella governance interministeriale della PSM. Questo significa che la mappa dovrà avere un peso vincolante nei processi decisionali, garantendo che le esigenze e la tutela del comparto della pesca siano prese in considerazione sin dalle prime fasi di progettazione e non come un ripensamento. Solo così si potrà prevenire una riduzione drastica dell’attività di pesca, che in alcune aree potrebbe superare il 60%, preservando posti di lavoro, tradizioni e sicurezza alimentare.

3. Considerando l’alto rischio di sovrapposizione tra impianti eolici e aree strategiche per la pesca, ritenete opportuno istituire un tavolo tecnico permanente tra MASAF, MASE e rappresentanti della filiera ittica, con il compito di monitorare nel tempo l’evoluzione della pianificazione e aggiornare in modo condiviso le scelte sulle aree marittime? Se sì, con quale mandato e capacità decisionale?

Considerando l’alto rischio di sovrapposizione tra impianti eolici e aree strategiche per la pesca, l’istituzione di un tavolo tecnico permanente tra MASAF, MASE e rappresentanti della filiera ittica è non solo opportuna ma fondamentale. Questo tavolo dovrebbe avere un mandato chiaro e una capacità decisionale effettiva, andando oltre il semplice ruolo consultivo. Il suo compito principale sarebbe quello di monitorare costantemente l’evoluzione della pianificazione dello spazio marittimo e di aggiornare in modo condiviso le scelte sulle aree marine, garantendo un equilibrio dinamico tra le esigenze di transizione energetica e la salvaguardia del settore della pesca.

Un tale organismo, dotato di potere di proposta e di indirizzo, permetterebbe di:

  • Valutare proattivamente gli impatti: anticipare e mitigare i potenziali conflitti tra le nuove infrastrutture e le zone di pesca.
  • Promuovere soluzioni innovative: identificare e sviluppare approcci che consentano la coesistenza o, dove impossibile, proporre alternative economiche per le comunità colpite.
  • Garantire la trasparenza e la partecipazione: assicurare che le decisioni siano prese con il contributo attivo e informato di tutti gli attori interessati, rafforzando la fiducia e la coesione.

Questo approccio collaborativo è l’unico modo per assicurare che l’Italia possa progredire nella sua transizione energetica senza compromettere un’economia e un patrimonio che sono vitali per il suo futuro.

La posizione del MASAF

Il settore della pesca in Italia rappresenta un patrimonio inestimabile, non solo per il suo elevato valore storico, culturale ed economico, ma anche per il suo ruolo cruciale nell’approvvigionamento alimentare e nella sua alta valenza turistico-ricreativa. La transizione energetica, sebbene fondamentale per il futuro del nostro Paese, non può e non deve avvenire a discapito di un’economia di scala così radicata e vitale.

La realizzazione di impianti eolici offshore deve, pertanto, essere il più possibile compatibile con le realtà locali, offrendo eventualmente fonti di economia alternative dove necessario. Il dialogo continuo e fattivo tra MASAF e MASE, con il coinvolgimento costante dei rappresentanti del comparto della pesca, è la chiave per un approccio equilibrato e sostenibile.

L’articolo Eolico offshore e pesca: il MASAF al lavoro per mappare lo sforzo di pesca proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Rapporto Censis-Camst: nella corsa quotidiana degli italiani, il cibo resta un rifugio

 [[{“value”:”

Nella quotidianità digitalizzata e iperconnessa che caratterizza il presente, il tempo dedicato ai pasti si sta assottigliando fino a diventare un lusso. È uno dei dati più eloquenti emersi dal Rapporto Camst-Censis 2025, che indaga il nesso tra produttività digitale, qualità della vita e pratiche alimentari degli italiani. Un’analisi che, seppur generalista, offre spunti di valore per chi opera lungo la filiera del cibo, dal mare alla tavola.

Secondo il report, nei giorni feriali gli italiani dedicano in media appena 28 minuti al pranzo e 32 minuti alla cena. In tutto, un’ora al giorno. Nei weekend va un po’ meglio – 75 minuti in media – ma resta evidente una progressiva erosione del tempo dedicato a mangiare e condividere. Il paradosso? Quasi il 90% degli italiani dichiara di desiderare più tempo per la convivialità a tavola.

Questa frattura tra desiderio e pratica concreta apre una riflessione urgente, anche per il comparto ittico. Perché se il tempo si contrae, a vincere saranno i prodotti e i format che sapranno coniugare qualità, velocità e benessere. In questo scenario, la filiera del pesce ha molte carte da giocare: dalla ristorazione veloce ma di alto profilo, ai prodotti ready-to-eat sani e sostenibili, fino alle mense aziendali e agli spazi horeca concepiti come veri luoghi di benessere e relazione.

Non è un caso se l’86,7% degli occupati valuta la pausa pranzo come un momento essenziale di benessere personale e l’87,7% la collega direttamente alla produttività. È qui che si apre uno spazio strategico per la ristorazione collettiva, la trasformazione alimentare e persino la distribuzione. Il cibo diventa il tramite per migliorare la qualità del tempo vissuto, dentro e fuori il lavoro. E chi saprà presidiare questo territorio con intelligenza – selezionando referenze ittiche versatili, sicure, gratificanti – potrà distinguersi.

Non si tratta solo di intercettare una domanda latente, ma di contribuire a ripensare l’offerta alimentare come risposta concreta al malessere diffuso. Il 52,8% degli italiani ritiene che l’accelerazione digitale non abbia migliorato la propria qualità della vita. Di fronte a vite sempre più frenetiche, è il cibo il primo argine di senso e benessere. La tavola resta, per gli italiani, un luogo simbolico e reale dove recuperare centralità, gusto e relazioni.

Per il mondo ittico, significa non soltanto puntare su prodotti sani, sostenibili e buoni da mangiare, ma anche facilitarne la fruizione in contesti dove il tempo è diventato scarso. Packaging intelligenti, ricettazioni agili, educazione alimentare, ristorazione aziendale di qualità: sono tutte leve attivabili.

Il Rapporto Censis-Camst 2025 disegna un’Italia in corsa, affamata di tempo e di pause autentiche. Per il settore ittico, è un’occasione preziosa per offrire soluzioni coerenti con i nuovi bisogni: meno tempo, più qualità, più senso. Perché il cibo, anche quando si consuma in fretta, può restare un momento di benessere. A patto che sia pensato, scelto e raccontato con cura.

Riflettere su come e dove mangiamo è oggi più che mai un esercizio strategico. E chi lavora nel settore agroalimentare può – e deve – contribuire a rendere ogni minuto a tavola più significativo.

L’articolo Rapporto Censis-Camst: nella corsa quotidiana degli italiani, il cibo resta un rifugio proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Pagina 26 di 28

Made with & by Matacotti Design

Privacy & Cookie Policy