Mese: Agosto 2025

Il paradosso del pesce più veloce del mondo

Il paradosso del pesce più veloce del mondo

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Sfrecciano negli abissi a oltre 100 km/h, silenziosi, letali e perfetti. Il pesce vela, il marlin e il pesce spada non sono solo icone della pesca sportiva o protagonisti della tavola mediterranea: sono anche, secondo la letteratura naturalistica, i pesci più veloci dell’oceano. Le stime parlano di picchi fino a 112 km/h, una velocità che supera quella di molti animali terrestri e persino di un’automobile in corsa.

Un dato affascinante, se si considera che l’acqua oppone una resistenza circa 800 volte superiore rispetto all’aria. Eppure questi predatori riescono a spingersi ben oltre i limiti naturali, trasformando il loro corpo in una macchina da caccia perfetta. Il pesce vela, in particolare, con la sua pinna dorsale imponente e il rostro affilato, detiene il primato assoluto. Subito dopo, il marlin e il pesce spada mostrano capacità simili, grazie a una combinazione di potenza muscolare, aerodinamicità e riflessi fulminei.

La loro struttura corporea è un capolavoro evolutivo. Ogni dettaglio sembra pensato per la velocità: un corpo affusolato, pinne pettorali che si incassano lungo i fianchi, una pelle liscia ricoperta da microstrutture che riducono la turbolenza, una muscolatura segmentata che scarica tutta la forza in accelerazioni brucianti. Ma non è tutto. Il pesce spada, ad esempio, è dotato di un organo termogenico in grado di riscaldare selettivamente il cervello e gli occhi, garantendo reattività visiva anche nelle acque profonde e fredde in cui spesso caccia. Lo ha confermato uno studio pubblicato sul Journal of Experimental Biology, che ha mostrato come la temperatura degli occhi possa salire anche di diversi gradi rispetto all’ambiente circostante, migliorando l’efficienza durante gli attacchi rapidi.

Confrontando le loro prestazioni con quelle di altri velocisti del regno animale, il paragone è sorprendente. Il pesce vela supera agevolmente i 110 km/h, lasciandosi alle spalle anche il ghepardo, che si ferma a 108 km/h. Il marlin tocca i 97 km/h e il pesce spada arriva fino a 88 km/h. Sono cifre superiori a quelle di qualsiasi mammifero marino, come il delfino comune, che si spinge a circa 55 km/h, e ovviamente a qualunque atleta umano, con Usain Bolt che ha raggiunto un picco massimo di 44 km/h nei 100 metri piani. In acqua, la supremazia dei grandi pelagici non ha rivali.

Eppure, nonostante questo primato naturale, pesce vela, marlin e pesce spada restano vulnerabili. La loro incredibile capacità di nuoto non li protegge dalla pesca intensiva e non selettiva. Palangari, reti derivanti, catture accidentali o fuori norma rappresentano una minaccia concreta, soprattutto nel Mediterraneo. Il pesce spada, in particolare, è spesso prelevato al di sotto della taglia minima o in periodi vietati, minacciando la riproduzione e la conservazione della specie. Le normative esistono, ma l’applicazione non è uniforme, e il controllo sulle attività di pesca resta ancora insufficiente in molte aree.

Parlare dei pesci più veloci dell’oceano non è solo una curiosità da Guinness. È l’occasione per riflettere sull’equilibrio delicato tra meraviglia naturale e responsabilità umana. L’oceano ha generato in milioni di anni animali straordinari, capaci di imprese che sfidano la fisica. Ma la sopravvivenza di queste specie dipende da quanto siamo in grado di proteggerle, non solo di celebrarle.

I pesci più veloci dell’oceano, come pesce vela, marlin e pesce spada, raggiungono velocità fino a 112 km/h. Ma la loro evoluzione eccezionale non li protegge dalla pesca eccessiva.

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Granchio blu, altri 3,7 milioni per le regioni del Nord

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Il Fondo di solidarietà nazionale per la pesca dispone ancora di 3 milioni e 700mila euro in fondi per contrastare l’emergenza granchio blu, non ancora utilizzati, destinati a Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, le regioni più duramente colpite da questo fenomeno invasivo. Lo ha annunciato il Commissario straordinario Enrico Caterino, nel corso di un’audizione informale alla Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati.

Questo stanziamento aggiuntivo si somma ai 37 milioni già erogati nei mesi scorsi e rappresenta una nuova risposta concreta per sostenere gli operatori della filiera ittica che si trovano ad affrontare una vera e propria emergenza ambientale ed economica. Gli effetti devastanti della proliferazione del granchio blu sulle valli da pesca e sugli impianti di molluschicoltura hanno richiesto interventi mirati e continuativi, tanto a livello di contenimento quanto di riconversione produttiva.

Secondo quanto illustrato in Commissione, i nuovi fondi mirano a rafforzare le misure già adottate: dall’indennizzo per i danni diretti alle incentivazioni per la pesca selettiva, fino al sostegno alla commercializzazione del granchio come prodotto alternativo. L’obiettivo è chiaro: trasformare una minaccia in una possibile opportunità di diversificazione economica.

Il Piano di intervento messo in campo dal Governo ha previsto un approccio integrato, che non si è limitato alla sola fase emergenziale. L’acquacoltura, settore duramente colpito, è stata al centro di un’azione di potenziamento strutturale, e sono state avviate iniziative per accompagnare imprese e lavoratori verso nuovi equilibri produttivi e commerciali. In questo senso, i fondi contro il granchio blu si inseriscono in una visione più ampia, che guarda alla sostenibilità e alla resilienza delle economie locali.

Nel corso dell’audizione, il Commissario Caterino ha confermato che le risorse residue sono già state allocate, ma non ancora interamente impiegate, e ha ribadito la necessità di velocizzare le procedure per non disperdere l’efficacia delle misure. Il presidente della Commissione Agricoltura, Mirco Carloni, ha evidenziato come questo stanziamento rappresenti un ulteriore passo di una strategia pragmatica e orientata ai risultati, lodando la capacità di trasformare l’emergenza in azione politica concreta.

Per le imprese della filiera ittica delle tre regioni interessate, i nuovi fondi contro il granchio blu rappresentano non solo un’ancora di salvezza, ma anche un incentivo a ripensare i modelli di gestione, valorizzando il lavoro già svolto sul piano della tracciabilità, della qualità e dell’innovazione di prodotto.

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Il Brasile supera il Cile e guida l’acquacoltura americana

Il Brasile supera il Cile e guida l’acquacoltura americana

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Con una crescita costante che ha superato ogni previsione, la produzione ittica d’allevamento del Brasile ha raggiunto nel 2024 le 968.000 tonnellate, superando ufficialmente il Cile e confermandosi come la più alta dell’intero continente americano. Un traguardo che riflette la trasformazione strategica in atto nel settore ittico brasiliano, sempre più proiettato verso l’efficienza tecnologica, la sostenibilità ambientale e la leadership nei mercati globali.

L’industria è trainata da un modello fondato su investimenti privati — che rappresentano l’80% del totale — e su un ecosistema imprenditoriale dinamico, capace di innovare anche nei momenti di instabilità macroeconomica. L’adozione su larga scala di tecnologie avanzate, dalla genetica alla gestione integrata degli allevamenti, ha permesso al Paese di consolidare un vantaggio competitivo riconosciuto anche dagli osservatori internazionali.

La tilapia, principale specie allevata, è al centro di questa rivoluzione. I dati mostrano che la produttività dell’allevamento di tilapia in Brasile è oggi il doppio rispetto alla media mondiale. Un risultato che va oltre i numeri: è il segno di una filiera che ha saputo ottimizzare ogni fase del processo, dall’alimentazione al benessere animale, fino alla logistica e alla trasformazione.

Il successo del 2024 ha spinto il Brasile a fissare nuovi obiettivi per il prossimo decennio. L’ambizione dichiarata è diventare, entro il 2040, uno dei principali hub mondiali dell’acquacoltura sostenibile. Per farlo, il Paese dovrà affrontare nodi strutturali come la semplificazione normativa, la biosicurezza e la piena apertura dei mercati internazionali, ma parte da una posizione di crescente forza.

Nel 2025, la produzione ittica d’allevamento del Brasile continua a rafforzarsi, contribuendo in modo sempre più significativo alla sicurezza alimentare globale. L’approccio adottato — fortemente basato su tecnologia, collaborazione pubblico-privato e adattabilità — sta attirando l’attenzione anche da parte di investitori esteri e policy maker impegnati nella transizione alimentare.

Resta alta l’attenzione sulla gestione sanitaria degli allevamenti, punto critico per l’intero comparto. Peixe BR, l’associazione nazionale di settore, sottolinea la necessità di potenziare i sistemi di monitoraggio e prevenzione, soprattutto in vista dell’espansione prevista verso nuove specie e nuovi mercati.

La produzione ittica d’allevamento del Brasile non è più solo un tema nazionale. È un caso di studio globale che dimostra come, in un contesto di visione strategica, l’acquacoltura possa diventare un volano di sviluppo industriale, ambientale e sociale.

Nel 2025, il Brasile è il primo produttore di pesce d’allevamento delle Americhe. Una leadership costruita su innovazione, investimenti e visione a lungo termine, che proietta il Paese tra i protagonisti dell’acquacoltura mondiale dei prossimi anni.

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Nuovi scenari per il commercio globale del gambero: l’UE guida la crescita

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Dopo anni di centralità statunitense, il mercato globale del gambero sta attraversando una fase di transizione strutturale. I flussi commerciali si ridisegnano, con nuovi equilibri che premiano l’Unione Europea, il Giappone e persino i consumi interni di alcuni paesi esportatori, come il Vietnam. Un cambio di passo che ha risvolti profondi per l’intera filiera ittica.

Le politiche protezionistiche dell’amministrazione Trump, che hanno imposto dazi rilevanti sulle importazioni di gamberi da diversi paesi asiatici, hanno accelerato il riposizionamento strategico degli operatori internazionali. Pur rappresentando un mercato storicamente rilevante, gli Stati Uniti oggi pesano solo per il 20% circa del consumo mondiale di gamberi. La crescita prevista per il 2024 si attesta su un modesto +4%, e i dati più aggiornati indicano un approccio cauto da parte degli importatori.

Al contrario, l’Unione Europea si conferma il mercato più dinamico e affidabile. Nel 2024, il consumo di gamberi nei paesi UE è cresciuto del 14%, mentre nei primi sei mesi del 2025 le importazioni sono aumentate del 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un’espansione trainata soprattutto da paesi come l’Ecuador (+49%) e l’India (+42%), che hanno saputo cogliere le opportunità aperte da questo mutamento geografico della domanda.

La stabilità normativa dell’UE, la sensibilità verso la tracciabilità e la sostenibilità, ma anche la crescente capacità di differenziazione del prodotto – come dimostrano i casi di successo del Madagascar e dei suoi gamberi tigre neri – rendono l’Europa il nuovo punto di riferimento per l’export globale. Le aziende che intendono consolidare la propria presenza nel Vecchio Continente dovranno tuttavia puntare su strategie di branding chiare, coerenti e di lungo periodo.

Anche il Giappone conferma la propria centralità, con un incremento degli acquisti dell’11% nel 2024. Tuttavia, il forte deprezzamento dello yen – sceso del 40% – rende più onerose le importazioni, generando pressioni sui margini per distributori e retailer. Nonostante ciò, la domanda di gamberi si mantiene solida, anche grazie alla ripresa del turismo internazionale, che sostiene il consumo nel canale ristorazione.

Una novità rilevante è rappresentata dal Vietnam, che sta vivendo una trasformazione interna rilevante: oltre ad essere un attore chiave nella produzione e nell’export, sta diventando un importante mercato di consumo domestico.

Questi cambiamenti nel mercato globale del gambero non sono solo una risposta a vincoli politici o fluttuazioni valutarie: delineano una tendenza strutturale alla diversificazione dei mercati di sbocco. L’industria non può più permettersi di concentrare la propria strategia su pochi grandi acquirenti, ma deve sviluppare una visione più articolata, capace di intercettare opportunità in regioni in rapida crescita o in segmenti di consumo emergenti, anche all’interno dei paesi produttori.

La ridefinizione del mercato globale del gambero rappresenta una sfida e un’opportunità per tutta la filiera. L’Europa guida la crescita, il Giappone resta un mercato chiave nonostante le difficoltà valutarie, e il Vietnam si afferma come polo di consumo interno. Il futuro del settore passerà dalla capacità di adattarsi, innovare e investire in relazioni commerciali durature con i mercati più promettenti.

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