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È fissata per domani, martedì 17 giugno, la discussione in Parlamento europeo del nuovo Patto europeo per gli oceani, la strategia che la Commissione ha lanciato lo scorso 5 giugno e presentato ufficialmente alla Conferenza ONU sugli oceani di Nizza. L’iniziativa si propone di riorientare in modo integrato le politiche europee verso una maggiore tutela degli ecosistemi marini e una più solida competitività dell’economia blu, con attenzione esplicita a pesca, acquacoltura e trasformazione.

Il documento, che ha già raccolto reazioni diversificate tra gli eurodeputati, rappresenta un’evoluzione rispetto ai precedenti strumenti normativi: introduce sei priorità d’azione e prefigura due strumenti chiave — una Visione per la pesca e l’acquacoltura 2040 e una futura Legge sugli oceani. Per un settore che da anni chiede stabilità regolatoria e visione a lungo termine, la proposta può aprire un nuovo ciclo.

Tra i punti più rilevanti per gli operatori della filiera c’è il riconoscimento della centralità della produzione alimentare acquatica per la sovranità alimentare europea. Attualmente, infatti, oltre il 70% degli alimenti di origine acquatica consumati nell’UE proviene da importazioni. Per questo, il Patto individua come priorità l’innalzamento della competitività e della resilienza dei settori della pesca, dell’acquacoltura e della trasformazione, integrando questi obiettivi con quelli ambientali.

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Particolare attenzione sarà data all’acquacoltura: la Commissione annuncia una nuova iniziativa europea sull’acquacoltura sostenibile, che coinvolgerà istituzioni, imprese, centri di ricerca, acceleratori e investitori. L’obiettivo è favorire l’innovazione, migliorare la gestione dello spazio marittimo — anche attraverso progetti multiuso — e affrontare criticità come l’impatto delle specie invasive e la gestione dei predatori.

Per la prima volta in un documento di questa portata, viene anche sottolineata l’urgenza di una valutazione completa della Politica Comune della Pesca (PCP), compresa l’Organizzazione Comune di Mercato (OCM), come passo necessario per adeguare il quadro normativo alle sfide attuali. L’eventuale revisione è vista come “una pietra miliare significativa” nel percorso verso una filiera più solida, autonoma e competitiva.

Se da un lato il Patto rilancia con convinzione i principi della sostenibilità ambientale, dall’altro tenta di offrire una narrazione più concreta e attenta alle esigenze economiche e sociali delle comunità costiere e insulari. La dimensione sociale del lavoro nei settori blu è riconosciuta come elemento da rafforzare, con misure dedicate che tengano conto della realtà quotidiana di operatori e lavoratori del comparto.

In attesa del dibattito parlamentare di domani, resta da vedere quanto ampio sarà il consenso politico sulle misure previste e quali azioni legislative effettive verranno messe in campo. La credibilità del Patto, infatti, si misurerà nella sua capacità di passare da visione a implementazione.

In questo contesto, le imprese del settore ittico possono iniziare da subito a interrogarsi su come allineare i propri modelli produttivi, logistici e commerciali alle nuove priorità europee. Investire in tracciabilità, sostenibilità certificata, tecnologie green e partenariati internazionali potrebbe diventare non solo un requisito di conformità, ma anche un vantaggio competitivo concreto nei prossimi anni.

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L’articolo Un patto per il futuro blu: l’Europa ridisegna la governance oceanica proviene da Pesceinrete.

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