[[{“value”:”

Con il nuovo bilancio europeo per il periodo 2028–2034, l’Unione Europea ancora una volta non perde l’occasione per dimostrare, ammesso che ce ne fosse ancora di bisogno, quanto marginale considera il comparto pesca.

Una delle novità principali del nuovo piano finanziario è che ogni Stato membro avrà più libertà nel decidere come usare i fondi europei (irrisori) destinati al settore. Questo grazie a uno strumento chiamato “Piani di Partenariato Nazionali e Regionali”, che dovrebbe servire ad adattare gli investimenti ai bisogni specifici di ogni territorio. In teoria, l’idea è quella di essere più flessibili e di rispondere meglio alle diverse realtà locali. Ma nei fatti, questa novità potrebbe creare più problemi che benefici.

Nel caso dell’Italia, la maggiore autonomia rischia di diventare un’arma a doppio taglio. Il nostro Paese, infatti, ha una gestione molto complessa delle politiche pubbliche, divisa tra Stato centrale e Regioni. E proprio per questo, c’è il pericolo che i fondi non vengano distribuiti in modo equo. Le Regioni più forti, più organizzate o con più peso politico potrebbero ottenere più risorse, mentre quelle che hanno più bisogno – come Sicilia, Calabria o Sardegna, dove la pesca è una parte importante dell’economia locale – potrebbero rimanere indietro.

Un altro rischio concreto è che i fondi pensati per sostenere il settore della pesca vengano usati per altri scopi, oppure finiscano per premiare solo le grandi realtà, lasciando fuori le piccole marinerie, i pescatori artigianali e le cooperative locali. In pratica, la pesca – già in difficoltà da anni – potrebbe essere dimenticata o usata come merce di scambio nei giochi politici regionali.

Per evitare tutto questo, serve una guida chiara da parte dello Stato. Prima di tutto, servono regole nazionali minime che assicurino un sostegno equo su tutto il territorio. Poi, è fondamentale creare un sistema di gestione trasparente dove siedano al tavolo anche le rappresentanze del settore della pesca e si spera che agiscano per il bene comune e non proteggere il loro orticello come spesso capita. Infine, bisogna controllare con attenzione come vengono spesi i soldi, per evitare sprechi o usi sbagliati.

La pesca in Italia vive momenti drammatici e oramai da troppo tempo. I costi aumentano, le regole diventano sempre più rigide, e la concorrenza straniera è sempre più forte. Se a tutto questo si aggiunge anche il rischio di perdere i fondi europei o quel poco di vederli usati male, allora il futuro del settore diventerà sempre più nebuloso.

La pesca è parte della nostra cultura, della nostra economia e della nostra sicurezza alimentare, non possiamo permettere di lasciarla indietro, va tutelata con scelte responsabili e lungimiranti.

Iscriviti alla newsletter settimanale di Pesceinrete per ricevere notizie esclusive del settore.

NEWSLETTER

L’articolo Fondi europei 2028–2034. La pesca italiana rischia il tracollo proviene da Pesceinrete.

“}]] ​