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Il video di una donna morsa da un gambero in un ristorante in Cina ha superato i 7,7 milioni di visualizzazioni in pochi giorni, diventando virale a livello globale. La scena, ripresa con il telefono, mostra la cliente mentre cerca di immergere un gambero vivo in una ciotola di olio bollente. L’animale, in un gesto disperato, si aggrappa alla mano della donna e la morde dolorosamente, costringendola a urlare mentre lo staff interviene per liberarla.
Se inizialmente il filmato è circolato come una curiosità da “cibo estremo”, il dibattito si è presto spostato su un piano etico. Molti utenti hanno denunciato la brutalità del gesto, sottolineando come l’immersione di un animale vivo nell’olio bollente rappresenti una tortura inflitta con inquietante normalità.
Le critiche hanno riacceso la discussione sulle pratiche gastronomiche che prevedono la cottura o il consumo di animali ancora vivi, diffuse in alcune aree dell’Asia. In Corea, ad esempio, è noto il consumo di polpi serviti con i tentacoli ancora in movimento, mentre in Giappone e Cina esistono piatti a base di gamberi serviti vivi. Tuttavia, sempre più voci mettono in dubbio la compatibilità di queste tradizioni con i moderni principi di benessere animale.
Il caso dimostra come i social media siano capaci di trasformare episodi apparentemente locali in fenomeni globali, accendendo discussioni che intrecciano cultura, etica e percezione del cibo.
Il video virale non è solo un contenuto da condividere: ha acceso un confronto globale sulla crudeltà di certe pratiche culinarie. Per il settore ittico, è un ulteriore segnale di quanto il tema del benessere animale stia diventando centrale anche nella percezione del consumatore.
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