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Nel dibattito sulla transizione energetica, le emissioni chimiche dei parchi eolici offshore sono un tema nuovo ma concreto. Una revisione peer-reviewed uscita su Marine Pollution Bulletin ad aprile 2025, rilanciata da ICES il 12 agosto 2025, spiega cosa sappiamo oggi e cosa manca ancora per una valutazione corretta.

Che cosa significa, in pratica. Le turbine e le strutture in mare usano rivestimenti contro la corrosione, oli e lubrificanti, fluidi di raffreddamento e sistemi antincendio. Nel tempo, piccole quantità di queste sostanze possono entrare in acqua. Uno studio coordinato dall’ILVO ha raccolto e ordinato la letteratura disponibile: ad oggi sono state mappate 228 sostanze con numero CAS e proprietà note.

I numeri chiave aiutano a capire la scala. Sessantadue di queste sostanze compaiono in liste europee di priorità, quindi richiedono attenzione. La maggior parte appartiene alla famiglia dei composti organici, seguita dagli inorganici. Le fonti principali sono i sistemi anticorrosione; a seguire ci sono oli e lubrificanti. Non è allarmismo: in condizioni normali i rilasci possono essere contenuti, ma la crescita degli impianti impone di guardare agli effetti cumulativi nel tempo.

Perché questo riguarda la filiera ittica. La qualità dell’acqua e dei sedimenti è la base di allevamenti sani, trasformazione affidabile e reputazione di prodotto. Per questo la revisione propone un approccio semplice: misurare prima dei cantieri, poi durante l’esercizio, usando protocolli standard e modellando come le sostanze si muovono e si accumulano. È il modo più diretto per evitare sorprese e proteggere certificazioni e mercati.

Il quadro delle regole non è uniforme. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito le possibili emissioni entrano nella revisione dei progetti. In Germania i proponenti devono presentare già in pianificazione un piano delle emissioni e aggiornare gli studi dopo l’autorizzazione. Regole chiare e comparabili aiutano tutti: sviluppatori, autorità e imprese della pesca e dell’acquacoltura.

Ci sono anche soluzioni tecniche disponibili. Si può ridurre alla fonte con sistemi anticorrosione alternativi, circuiti di raffreddamento chiusi e materiali o lubrificanti più biodegradabili. Non servono rivoluzioni: servono scelte progettuali trasparenti, dati condivisi e una collaborazione strutturata tra chi costruisce parchi eolici e chi lavora in mare ogni giorno.

Le aziende possono chiedere che i capitolati includano inventari dei materiali, piani di campionamento e indicatori chiari per acqua, sedimenti e organismi. Le associazioni possono promuovere tavoli tecnici per armonizzare metodi e frequenza delle misure. Con pochi passi concreti, transizione energetica e valore della filiera ittica possono crescere insieme.

Il 2025 porta una fotografia più nitida: esistono potenziali emissioni chimiche dai parchi eolici offshore, mappate in 228 sostanze, e 62 richiedono più attenzione. La risposta è misurare prima e durante, scegliere soluzioni tecniche più pulite e lavorare con regole comparabili. È così che si tutela l’ambiente e si dà certezza alla filiera.

L’eolico in Italia?

In Italia l’eolico offshore segue un’autorizzazione unica rilasciata dal MASE; la VIA è di competenza statale per gli impianti ubicati in mare e definisce, progetto per progetto, la baseline pre-cantiere e i monitoraggi in esercizio.

Dal 2 luglio 2024 è in vigore il Decreto Aree Idonee, mentre la RED III richiede alle autorità la designazione delle zone di accelerazione entro febbraio 2026. In assenza di linee guida nazionali specifiche sulle emissioni chimiche dell’eolico offshore, i controlli si ancorano ai programmi su acque marino-costiere e Strategia Marina gestiti da ISPRA/SNPA e alle prescrizioni VIA.

Dal marzo 2025 è disponibile un Vademecum MASE che rende omogenea la documentazione per l’iter autorizzativo.

In sintesi: iter unico nazionale, pianificazione in evoluzione e monitoraggi “su misura”, con spazio a soluzioni progettuali che riducono a monte i potenziali rilasci.

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L’articolo Eolico offshore: più di 200 sostanze chimiche rilasciate nell’acqua proviene da Pesceinrete.

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