[[{“value”:”
L’iniziativa cilena che punta a vietare l’allevamento intensivo di polpi sta accendendo il dibattito internazionale sull’etica e la sostenibilità dell’acquacoltura. Il disegno di legge presentato dalla deputata Marisela Santibáñez con il sostegno di sette colleghi, introduce un principio di precauzione che, se approvato, renderebbe il Cile uno dei primi Paesi al mondo a vietare questa pratica. Il provvedimento è ora all’esame della Commissione Ambiente e Risorse Naturali del Congresso.
Motivazioni ambientali e sanitarie
Il disegno di legge richiama la necessità di proteggere ecosistemi marini vulnerabili, ridurre i rischi per la salute pubblica e promuovere la sicurezza alimentare delle comunità costiere. In particolare, il divieto all’allevamento intensivo di polpi risponde al fatto che tali specie carnivore richiedono alimenti derivati da stock selvatici, aggravando la pressione sulla pesca.
Un contesto internazionale già in evoluzione
Il Cile si muove in un contesto globale in cui cresce la contrarietà all’allevamento di polpi. Negli Stati Uniti, stati come Washington e California hanno già introdotto divieti analoghi, mentre altri ne stanno discutendo. Questa convergenza internazionale rafforza la rilevanza del divieto all’allevamento intensivo di polpi come misura di sostenibilità ambientale e animale.
Impatti per la filiera ittica e le comunità costiere
Per la filiera ittica cilena — tradizionalmente orientata a salmonicoltura e mitilicoltura — la proposta rappresenta una clausola preventiva contro la nascita di un nuovo comparto industriale potenzialmente dannoso. Evitare modelli produttivi intensivi significa anche proteggere la pesca artigianale e preservare gli equilibri delle comunità costiere. La misura, quindi, non frena l’innovazione, ma la indirizza verso soluzioni più compatibili con l’ambiente.
Sfide di applicazione e prospettive future
La trasformazione legislativa evidenzia tuttavia diverse sfide: stabilire criteri di controllo e sanzione, adeguare le concessioni di acquacoltura e affrontare gli effetti sull’innovazione tecnologica. Inoltre, il divieto all’allevamento intensivo di polpi apre un dibattito scientifico sul benessere animale e sugli standard internazionali di certificazione. L’allevamento di polpi, animali solitari e intelligenti, comporterebbe alti consumi di proteine marine e rischi di stress, malattie e inquinamento.
La proposta cilena si colloca come un atto di responsabilità verso il mare e le sue risorse. Con il divieto all’allevamento intensivo di polpi in discussione, il Paese sudamericano invia un messaggio chiaro: la sostenibilità dell’acquacoltura non può prescindere dal rispetto degli ecosistemi e della biodiversità marina. Una scelta che potrebbe ispirare una nuova fase di riflessione per l’intera filiera ittica internazionale.
Ricevi ogni settimana le notizie più importanti del settore ittico
L’articolo Il Cile è il primo Paese latinoamericano a proporre il divieto di allevamento di polpi proviene da Pesceinrete.
“}]]