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L’accordo sulle possibilità di pesca nel Mar Baltico per il 2026 segna un nuovo, complesso capitolo nella politica comune della pesca. La pesca nel Mar Baltico continua a essere il terreno più difficile per conciliare la sopravvivenza economica delle comunità costiere con l’urgenza di ricostruire ecosistemi in grave sofferenza.

Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato un pacchetto che riduce drasticamente la pressione su specie storiche come il merluzzo e l’aringa occidentale, riservandole alle sole catture accessorie. Parallelamente, ha concesso aumenti moderati per popolazioni ittiche in condizioni migliori, come lo spratto (+45%), l’aringa del Baltico centrale (+15%) e il salmone del Golfo di Finlandia (+1%).

Un compromesso che non convince tutti

Il compromesso raggiunto tra gli Stati membri riflette le tensioni di un settore ormai al limite. La Commissione europea ha espresso preoccupazione per alcune scelte politiche che, seppur comprensibili sul piano socioeconomico, potrebbero compromettere il recupero biologico delle specie più fragili.

L’eccezione concessa ai pescatori artigianali per l’aringa del Baltico occidentale e la prosecuzione della pesca ricreativa al salmone nel bacino principale sollevano dubbi sulla reale efficacia delle misure di ricostituzione. Il merluzzo orientale e quello occidentale, simboli di un’economia costiera un tempo fiorente, restano oggi ai limiti della sopravvivenza commerciale, vittime di decenni di sovrasfruttamento e di un ambiente sempre più ostile.

Ecosistemi esausti, economia in bilico

Il Mar Baltico è oggi uno dei bacini più degradati d’Europa. Eutrofizzazione, scarichi agricoli e scarsità di ossigeno aggravano un quadro ambientale compromesso, dove la catena trofica fatica a rigenerarsi. In questo contesto, ogni decisione politica pesa come una scelta di sopravvivenza collettiva.

La Commissione e gli Stati membri baltici hanno annunciato un nuovo percorso basato su consulenze scientifiche dedicate, con l’obiettivo di avviare piani di ricostruzione per gli stock in crisi. Si punta a un approccio più sistematico, che integri dati biologici, modelli economici e strumenti di governance condivisi. Tuttavia, la piena efficacia dipenderà dalla capacità dei governi di applicare le norme europee in modo coerente e capillare.

Lezione baltica per il Mediterraneo

L’esperienza del Baltico non è lontana dai mari del Sud Europa. Anche nel Mediterraneo la sfida della sostenibilità avanza tra limiti di cattura, riduzione dello sforzo di pesca e pressioni economiche sulle flotte artigianali.

Il caso baltico mostra come la transizione verso una pesca sostenibile non possa basarsi solo su restrizioni quantitative. Servono innovazione, governance locale e strumenti che sostengano le imprese nel cambiamento. Solo così la sostenibilità potrà diventare non un vincolo, ma un valore competitivo per tutta la filiera ittica europea.

L’articolo Mar Baltico, l’UE fissa le nuove quote di pesca per il 2026: equilibrio fragile tra tutela e lavoro proviene da Pesceinrete.

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