[[{“value”:”
La ristorazione italiana conferma il suo ruolo di motore economico e sociale, con numeri che raccontano un settore maturo e strategico. Nel 1970 le imprese erano poco meno di 154 mila. Oggi superano 323 mila unità attive. La curva dei consumi fuori casa vale 96 miliardi di euro correnti. La crescita ha generato occupazione, identità locale e un presidio di socialità. Inoltre, ha trasformato bar e ristoranti in una vera infrastruttura quotidiana del Paese.
Ottant’anni di rappresentanza, tra memoria e sfide attuali
La recentissima Assemblea 2025 di FIPE-Confcommercio ha celebrato gli ottant’anni della Federazione e fotografato un passaggio epocale: da comparto artigianale a sistema economico complesso. La ristorazione italiana ha moltiplicato format e modelli di servizio. Le piccole imprese familiari restano l’ossatura diffusa, ma si affiancano reti, franchising e concept specializzati. Il settore oggi chiede politiche stabili, semplificazione e contratti sostenibili per non disperdere il valore costruito.
I numeri di lungo periodo e la nuova normalità
Tra il 1970 e il 2000 i consumi fuori casa sono cresciuti in termini reali del 146 per cento. Dal 2000 al 2024 la crescita si è stabilizzata, segno di un mercato maturo. I 96 miliardi correnti confermano la dimensione di massa, ma la priorità diventa proteggere i margini senza sacrificare qualità, sicurezza alimentare e lavoro. La ristorazione entra così nella fase della competitività responsabile.
Produttività, filiere e capitale umano
La tenuta competitiva passa da tre direttrici: digitalizzazione, trasparenza e formazione. L’efficienza dei processi, la tracciabilità delle filiere e la crescita delle competenze determinano il valore di lungo periodo. In questo contesto, la ristorazione italiana ha un legame sempre più stretto con le filiere produttive nazionali, compresa quella ittica che fornisce prodotti freschi e trasformati essenziali per i menù e per la cucina mediterranea. L’attenzione alla sostenibilità, alle specie locali e alla provenienza certificata diventa un criterio distintivo per imprese e consumatori.
Il valore sociale che diventa politica industriale
Bar e ristoranti tengono vive strade e quartieri. Generano inclusione, sicurezza percepita e presidio culturale. Questo valore sociale richiede ora un riconoscimento regolatorio. Servono incentivi per chi investe in qualità, legalità, welfare e sostenibilità. Inoltre, occorre coordinare il settore con turismo, cultura e agrifood, riconoscendo alla ristorazione italiana il ruolo di infrastruttura nazionale.
Pesce e ristorazione, un rapporto identitario
Il consumo di pesce nel fuori casa rappresenta oggi una componente stabile della proposta gastronomica italiana. Dalla trattoria di mare al ristorante gourmet, il prodotto ittico è simbolo di freschezza e territorio. La ristorazione italiana valorizza il mare come patrimonio alimentare e culturale, sostenendo la filiera della pesca e dell’acquacoltura locale. Una sinergia che, più della quantità, esprime qualità e identità mediterranea.
Prospettive: dal volume al valore
Il ciclo dell’espansione quantitativa si è chiuso. Ora conta il valore generato per lavoratori, fornitori e comunità. Innovazione di prodotto, servizio e organizzazione possono accrescere redditività e reputazione. La ristorazione italiana possiede gli asset per guidare questa transizione, ma servono governance e visione condivisa. Solo così il fuori casa potrà restare una delle infrastrutture sociali più forti e rappresentative del Paese.
L’articolo Ristorazione italiana, un’infrastruttura sociale da 96 miliardi proviene da Pesceinrete.
“}]]