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Per Europêche, che rappresenta la pesca europea organizzata, la politica commerciale dell’UE determina oggi più di qualsiasi altra decisione la capacità delle flotte europee di restare competitive. Gli operatori investono da anni in tracciabilità, controlli, sicurezza del lavoro e sostenibilità, mentre una parte crescente del prodotto importato proviene da sistemi produttivi che non applicano standard equivalenti. Questo divario crea un’asimmetria evidente nei costi e nelle condizioni operative. Il rischio, secondo l’organizzazione, è che le regole interne diventino un vantaggio competitivo per chi non le applica.

Thailandia: il negoziato che potrebbe cambiare il mercato del tonno

Il dossier più delicato riguarda la Thailandia, leader globale nella trasformazione del tonno. Una riduzione significativa dei dazi potrebbe alterare in modo strutturale il mercato europeo. Il tonno lavorato nel Paese nasce in un contesto dove gli standard ambientali e sociali risultano spesso inferiori a quelli europei, con costi sensibilmente più bassi. Europêche chiede norme di origine chiare, tracciabilità verificabile e un’etichettatura che riporti bandiera del peschereccio e zona di cattura. Il punto centrale è evitare che la liberalizzazione avvenga a costo di una concorrenza sbilanciata.

Regno Unito: dopo la Brexit restano le tensioni operative

L’estensione dell’accesso reciproco alle acque fino al 2038 non ha risolto tutte le criticità. Le nuove restrizioni sulle Aree Marine Protette introdotte dal Regno Unito hanno un impatto nettamente maggiore sulle flotte europee. Le perdite economiche crescono, mentre la mancanza di valutazioni congiunte rischia di rendere instabili intere stagioni. Europêche chiede che le misure siano proporzionate e coerenti con l’accordo di commercio e cooperazione. Chiede inoltre che sia riaperta la pesca del cicerello, chiusa unilateralmente dal Regno Unito.

Nord Atlantico: quote unilaterali e un mercato che ne risente

Nel Nord Atlantico, il problema riguarda gli stock pelagici. Norvegia, Faroe e Russia hanno aumentato unilateralmente le proprie quote di sgombro, aringa e melù, superando i livelli negoziati. Il risultato è una pressione eccessiva sugli stock e una riduzione prevista delle catture per le flotte europee. La questione è anche commerciale: questi prodotti continuano a entrare nel mercato europeo con condizioni favorevoli. Europêche sollecita l’uso del nuovo regolamento UE contro pratiche non sostenibili. Chiede inoltre attenzione all’arrivo del merluzzo russo che attraversa la Norvegia ed entra nel mercato europeo senza dazi.

Marocco e Stati Uniti: stabilità vs. asimmetria

Con il Marocco, partner strategico, l’UE vuole costruire un nuovo accordo basato su dati scientifici e vantaggi reciproci. È un dossier considerato promettente, soprattutto per le specie pelagiche. Con gli Stati Uniti, invece, la situazione è opposta. Il dazio del 15 per cento imposto ai prodotti ittici europei crea un divario competitivo significativo. Molte esportazioni statunitensi entrano invece nell’UE senza dazi. Europêche chiede reciprocità concreta, in particolare per tonno rosso, capesante e nasello.

ATQ e due diligence: i nodi che possono pesare più del previsto

Le quote tariffarie autonome restano cruciali per le imprese di trasformazione, ma devono essere calibrate. Per il tonno, secondo Europêche, le agevolazioni rischiano di amplificare gli squilibri di mercato. Sul fronte della due diligence, il problema riguarda i tempi. Le imprese europee saranno soggette ai nuovi obblighi dal 2027. Per molti operatori extra UE, invece, non esiste una scadenza definita. Questo sfasamento rischia di creare una concorrenza a due velocità proprio nel segmento più globalizzato della filiera ittica.

Rinnovamento della flotta: il timore di una frenata

L’accordo OMC sulle sovvenzioni alla pesca mira a limitare gli aiuti che favoriscono la sovrapesca. Tuttavia, secondo Europêche, l’interpretazione delle norme deve consentire il rinnovamento delle flotte europee. La sicurezza, l’efficienza energetica e l’adattamento climatico dipendono da investimenti non rinviabili. Il settore teme che un’applicazione troppo rigida blocchi innovazioni essenziali proprio mentre le imprese affrontano costi elevati su carburante, manutenzione e gestione.

Un punto di equilibrio da definire ora

Il quadro che emerge è complesso. La politica commerciale dell’UE influisce su tutta la catena: pescatori, imprese di trasformazione, logistica e distribuzione. Il settore ritiene che gli accordi debbano riflettere gli standard europei, non annullarli. La richiesta è chiara: garantire condizioni di mercato eque, mantenere la coerenza tra sostenibilità e competitività e proteggere la credibilità del modello europeo. Le decisioni dei prossimi mesi avranno un impatto diretto sulla tenuta economica della pesca europea.

L’articolo Accordi globali e sostenibilità: la partita commerciale che decide il futuro della pesca europea proviene da Pesceinrete.

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