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C’è una trasformazione in corso nel mondo della comunicazione che chi opera nel settore ittico non può permettersi di ignorare. Il mercato pubblicitario italiano ha superato gli 11 miliardi di euro nel 2024 e si prepara a toccare i 11,7 miliardi nel 2025, trainato dalla crescita impetuosa dei canali digitali. Una crescita che non riguarda più solo il tech o il largo consumo, ma apre spazi concreti anche per comparti produttivi come quello ittico. L’advertising programmatico nel settore ittico, se ben compreso e applicato, rappresenta un’opportunità strategica per raggiungere con precisione buyer, GDO, trasformatori e consumatori.
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Il video è oggi il formato dominante, con una quota prevista del 57% sul totale del digital advertising entro il 2025. Ma il dato davvero rilevante per la filiera è l’espansione del cosiddetto ecosistema CTV – Connected TV – dove i contenuti professionali veicolati via televisori smart si integrano perfettamente con le logiche del programmatic: misurabilità, personalizzazione, efficienza. In questo contesto, la promozione dei prodotti ittici non è più legata soltanto a brochure, fiere o social organici, ma può inserirsi in flussi pubblicitari targettizzati, contestuali, omnicanale.
Secondo l’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano, il valore del programmatic in Italia ha superato i 980 milioni di euro, raddoppiando rispetto al 2018. È finita l’era sperimentale: oggi si parla di un’infrastruttura consolidata, che include anche out-of-home digitali, piattaforme retail media e addressable TV. E il settore ittico, con la sua crescente esigenza di raccontare la qualità, l’origine, la sostenibilità dei prodotti, può inserirsi in questo linguaggio visivo con una forza narrativa inedita.
Un esempio pratico? La possibilità per un brand di conserve ittiche premium o di prodotti ready-to-eat surgelati di raggiungere famiglie italiane durante la visione di contenuti in streaming, su dispositivi collegati alla TV, con spot brevi, non invasivi, ma personalizzati per fascia geografica o interesse alimentare. I dati indicano che una strategia omnicanale ben costruita riduce il costo per acquisizione del 14% e quello per nucleo familiare del 21%. Numeri che, in un contesto di concorrenza serrata sugli scaffali, possono fare la differenza.
Ma il vero salto di qualità avviene quando le aziende ittiche smettono di considerarsi semplici “fornitori di prodotto” e iniziano a porsi come “editori del proprio valore”. Investire in video advertising professionale, costruire una narrazione coerente tra CTV, social, portali tematici e retail media, significa strutturare una presenza che non solo aumenta le vendite, ma rafforza la reputazione, crea fiducia, costruisce differenziazione.
L’Italia è già un terreno fertile: l’88% degli utenti utilizza regolarmente piattaforme video gratuite con pubblicità, mentre il 71% del tempo online avviene al di fuori dei grandi ecosistemi chiusi come Facebook o YouTube, aprendo la strada a soluzioni più agili, mirate, tracciabili.
In un contesto in cui l’informazione visiva e digitale diventa il cuore della comunicazione, la filiera ittica ha l’opportunità concreta di uscire dalla logica della commodity e investire in strategie di comunicazione data-driven. L’advertising programmatico, integrato con contenuti professionali in ambienti come la connected TV, può diventare un asset competitivo, capace di valorizzare il prodotto e l’identità delle aziende.
Ripensare oggi le strategie di comunicazione significa guadagnare terreno domani. Chi saprà cogliere questa evoluzione potrà costruire un vantaggio duraturo nel panorama della filiera ittica.
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L’articolo Connected TV e advertising programmatico: un’opportunità strategica per la filiera ittica proviene da Pesceinrete.
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