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Il Rapporto Coop 2025 offre una lettura nitida della condizione economica e psicologica del Paese. In un contesto in cui le parole chiave sono “preoccupazione” e “sfiducia”, anche il settore ittico si trova coinvolto in una crisi che va ben oltre l’andamento dei consumi: riguarda la percezione stessa del valore del cibo, della qualità e della sicurezza alimentare.
I numeri lo confermano. La crescita prevista dei consumi si ferma allo 0,7%, mentre il carrello della spesa si fa più essenziale, selettivo, orientato a beni primari a basso impatto economico. In questo scenario, la filiera ittica italiana è chiamata a rivedere il proprio posizionamento: da comparto produttivo a componente strategica dell’economia nazionale.
Il carrello della fiducia: il pesce non basta, servono garanzie
Non è solo una questione di prezzo. I consumatori oggi chiedono qualità certa, tracciabilità verificabile, etichette leggibili. Il comparto ittico, con le sue molteplici declinazioni — dal fresco alle conserve, dal surgelato ai piatti pronti — è al centro di questa richiesta di trasparenza.
Il settore ittico nel 2025 non può più affidarsi alla tradizione mediterranea o all’appeal salutista. Serve un salto di paradigma. Le scelte di consumo sono ormai atti culturali, e ciò che finisce nel carrello riflette un’intera visione del presente. I prodotti ittici che non comunicano in modo efficace rischiano di essere esclusi, indipendentemente dalla loro qualità intrinseca.
Rafforzare il sistema: filiere digitali e politiche industriali
L’industria ittica italiana ha le risorse per affrontare questa sfida. Le competenze esistono: tecnologie per la tracciabilità, piattaforme logistiche integrate, impianti di trasformazione avanzati. Ma troppo spesso queste eccellenze restano isolate. Manca una regia nazionale che trasformi l’insieme in sistema.
Serve un investimento coordinato in filiere digitali, dalla barca allo scaffale, e una semplificazione radicale delle procedure autorizzative. La burocrazia è oggi uno dei principali freni all’innovazione industriale, soprattutto per le PMI del settore. Senza un ambiente normativo favorevole, nemmeno la migliore innovazione può scalare.
Il settore ittico nel 2025 ha davanti un bivio: restare adattivo o diventare strategico. Il primo atteggiamento porta alla sopravvivenza, il secondo alla crescita strutturale.
Una nuova narrazione per una nuova economia del mare
In un clima sociale segnato dalla stanchezza comunicativa e da una continua esposizione all’allarme, anche il modo di raccontare il cibo deve cambiare. L’ittico non fa eccezione. Raccontare bene significa educare, costruire fiducia, distinguersi senza sensazionalismo.
Le aziende più evolute stanno già investendo in comunicazione di filiera, etichettatura intelligente, contenuti editoriali di qualità. Ma servono anche alleanze tra imprese, istituzioni, media di settore.
Il 2025 è un anno di svolta. Il rapporto Coop fotografa un’Italia sospesa, ma il comparto ittico ha la possibilità di reagire. Attraverso tracciabilità, semplificazione, comunicazione credibile e politiche industriali mirate, il mare può tornare a essere non solo fonte di sostentamento, ma infrastruttura strategica per l’intero sistema agroalimentare italiano.
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L’articolo Dal banco alla strategia: il settore ittico alla prova del 2025 proviene da Pesceinrete.
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