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Un fine settimana, quello appena trascorso, che ha consentito al comparto di tirare il fiato e fare il punto — a bocce ferme — su una delle questioni più delicate degli ultimi anni per la pesca italiana: la gestione dello sforzo di pesca nel Tirreno e il rischio concreto di uno stop totale dello strascico fino a fine anno.
Con il Decreto MASAF n. 582398 del 29 ottobre 2025, firmato in extremis dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, è stata scongiurata la chiusura totale, introducendo una serie di misure di compensazione per recuperare lo sforamento dei giorni autorizzati e garantire la ripresa dell’attività nel mese di dicembre.
Le misure del decreto
Il provvedimento, emanato in attuazione dell’articolo 8, comma 1, lettera h) del Regolamento (UE) 2025/219, prevede la sospensione della pesca a strascico dal 31 ottobre al 30 novembre nelle GSA 8, 9, 10 e 11, e dispone il divieto di cattura del nasello (Merluccius merluccius) per tutte le tipologie di pesca, inclusa quella ricreativa.
Contestualmente, è stata approvata la chiusura temporanea di cinque aree di mare, in modo da consentire un recupero effettivo delle giornate di pesca sforate nel corso dell’anno — circa mille in più rispetto al tetto consentito.
Secondo il Ministero, queste misure sono necessarie per ristabilire l’equilibrio tra sostenibilità biologica e attività economica, e per garantire una riapertura regolare a dicembre, periodo strategico per la commercializzazione del pescato destinato alle festività.
Un compromesso necessario
La decisione arriva dopo una lunga e complessa trattativa con la Commissione europea – DG Mare, che in prima battuta aveva ipotizzato la chiusura totale dello strascico nel Tirreno fino al 31 dicembre o il divieto di pesca entro le quattro miglia dalla costa.
Soluzioni che, se adottate, avrebbero comportato conseguenze economiche drammatiche per centinaia di imprese.
Il compromesso raggiunto — un mese di stop aggiuntivo e misure mirate di contenimento — ha evitato la procedura d’infrazione e permesso di salvaguardare la stagione natalizia, pur a fronte di sacrifici significativi per la flotta e per l’indotto.
Il quadro generale
Il decreto rappresenta un passo obbligato in un equilibrio sempre più precario tra vincoli europei, sostenibilità ambientale e tenuta economica.
La pesca a strascico, che garantisce oltre il 70% del pescato nazionale, resta infatti il settore più esposto ai limiti imposti dall’Unione europea in materia di riduzione dello sforzo di pesca e tutela degli stock.
Negli ultimi anni, le imprese hanno dovuto affrontare una crescente compressione dell’attività produttiva, aggravata dall’aumento dei costi operativi e dal rallentamento dei pagamenti relativi ai fermi biologici.
Il 2025 ha portato alla luce tutti i limiti di un modello di gestione che assegna un monte complessivo di giornate a intere categorie di flotta, senza distinzione tra chi pesca con regolarità e chi eccede.
Le reazioni e le prospettive
Dalle principali organizzazioni del settore — Coldiretti Pesca, Federpesca, UNCI Agroalimentare e Alleanza delle Cooperative — è arrivato un giudizio sostanzialmente convergente: il decreto era inevitabile, ma non può bastare.
Tutte sollecitano l’apertura di un tavolo tecnico con il MASAF e la DG Mare per definire nuove regole di gestione a partire dal 2026, con l’obiettivo di introdurre quote individuali per imbarcazione, maggiore flessibilità e tempi certi per l’erogazione degli indennizzi.
Più in generale, il comparto chiede un approccio strutturale, capace di coniugare sostenibilità ecologica e sostenibilità economica, evitando che la transizione verde si traduca in un processo di esclusione sociale per le marinerie italiane.
Il Decreto MASAF 582398/2025 rappresenta una soluzione di equilibrio in una fase critica, ma non la fine del problema.
Ha evitato la chiusura più dura e scongiurato sanzioni europee, ma lascia irrisolta la questione di fondo: come rendere la gestione dello sforzo di pesca più equa, prevedibile e sostenibile.
Se il 2025 verrà ricordato come l’anno delle emergenze e dei compromessi, il 2026 dovrà essere quello delle decisioni strutturali, con un sistema di regole che restituisca certezza a chi vive di mare e di pesca.
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