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Il reparto ittico della grande distribuzione sta attraversando una delle sue trasformazioni più significative degli ultimi decenni. A cambiare non è soltanto il modo di acquistare, ma l’intero rapporto tra il consumatore e il prodotto. Il pesce, un tempo percepito come categoria complessa da gestire e da cucinare, è oggi al centro di una nuova attenzione che intreccia praticità, sicurezza, sostenibilità e gusto. Le esigenze di tempo, la crescente sensibilità ambientale e l’aumento dei costi hanno progressivamente orientato le scelte verso referenze lavorate, surgelate o pronte al consumo, ridefinendo così la fisionomia stessa del banco ittico.
In questo scenario, la grande distribuzione si trova a ripensare strategie e assortimenti, cercando un equilibrio tra innovazione, qualità percepita e accessibilità economica. La sfida è interpretare un consumatore sempre più informato, selettivo e guidato da valori che vanno oltre il prezzo. Oggi il pesce non è solo un alimento, ma un simbolo di scelte consapevoli, di filiera trasparente e di impegno ambientale.
Per comprendere meglio le dinamiche che stanno ridisegnando il mercato, Pesceinrete ha raccolto il punto di vista di Mirko Tomsi, buyer ittico CIA Conad, professionista con una visione concreta e appassionata del comparto, che offre una lettura lucida dei cambiamenti in atto nel reparto ittico della GDO.
Negli ultimi anni il comportamento del consumatore nei confronti del pesce è cambiato in modo evidente. Quali dinamiche ha osservato e come queste trasformazioni stanno influenzando la costruzione degli assortimenti?
Negli ultimi anni, il comportamento del consumatore verso il pesce ha subito una profonda evoluzione, guidata da nuove esigenze di praticità, sostenibilità e convenienza. Personalmente, trovo significativo che il pesce fresco, un tempo protagonista indiscusso del banco ittico, stia cedendo terreno a soluzioni più pratiche come i prodotti lavorati, surgelati e ready-to-eat. È un segnale chiaro di come i ritmi di vita moderni stiano influenzando anche le scelte alimentari più tradizionali. Questa transizione, a mio avviso, non è da leggere in chiave negativa. Al contrario, rappresenta un’opportunità per il settore: innovare, semplificare e avvicinarsi di più al consumatore reale, quello che ha poco tempo ma non vuole rinunciare alla qualità. L’aumento dei prezzi ha sicuramente accelerato questa tendenza, spingendo verso formati più accessibili e versatili.
Parallelamente, cresce l’attenzione verso la tracciabilità, la provenienza e le certificazioni ambientali, con una domanda sempre più orientata verso prodotti da pesca sostenibile. Anche il packaging e la comunicazione giocano un ruolo chiave, con un focus su trasparenza e valori nutrizionali. Questi cambiamenti stanno ridefinendo il modo in cui costruiamo gli assortimenti. Oggi, più che mai, è necessario essere flessibili, segmentati e orientati al valore percepito.
Le insegne stanno ampliando l’offerta di prodotti a marchio del distributore, introducendo linee bio, salutistiche e sostenibili, e ottimizzando la logistica per ridurre sprechi e migliorare la shelf-life. Credo che il nuovo assortimento ittico debba essere guidato dal consumatore, dalle sue abitudini e dai suoi valori, ma anche dalla capacità del settore di anticipare i bisogni e proporre soluzioni innovative. È un momento cruciale per chi lavora in questo ambito, e personalmente lo vivo come un’occasione per ripensare il ruolo del buyer: non più solo selezionatore, ma anche interprete delle nuove sensibilità del mercato.
Il reparto ittico oggi deve coniugare sostenibilità, innovazione e competitività. Quali strategie ritiene più efficaci per garantire un equilibrio tra qualità, convenienza e valore percepito dal cliente?
Oggi il reparto ittico è chiamato ad una sfida complessa ma stimolante: coniugare sostenibilità, innovazione e competitività, senza perdere di vista ciò che davvero conta per il cliente: qualità, convenienza e valore percepito. Come buyer, sento ogni giorno il peso di questa responsabilità, ma anche l’entusiasmo di poter contribuire a un cambiamento concreto. Il consumatore è cambiato, e lo vediamo chiaramente nei dati e nei comportamenti d’acquisto. È più attento, più informato, e cerca prodotti che non siano solo buoni da mangiare, ma anche coerenti con i propri valori. Personalmente trovo che questa evoluzione sia positiva: ci insegna ad essere più trasparenti, più etici, più strategici. La sostenibilità non può più essere un elemento accessorio: deve essere parte integrante dell’assortimento. Puntare su fornitori certificati, valorizzare l’acquacoltura responsabile e comunicare in modo chiaro la provenienza del pesce non è solo una scelta commerciale, ma una presa di posizione.
Ma la sostenibilità da sola non basta. Serve innovazione. E qui, a mio parere, il settore ha ancora molto da esprimere. I formati pratici, le soluzioni pronte da cucinare o da consumare, il packaging intelligente e informativo sono strumenti potenti, ma devono essere pensati davvero per semplificare la vita del cliente, senza comprometterne la qualità. Ultima, ma non per importanza, la competitività. In un contesto economico sfidante, il prezzo resta un fattore decisivo. Ma non si tratta solo di essere “economici”: si tratta di trasmettere valore.
Segmentare l’offerta, sviluppare linee a marchio del distributore con un posizionamento chiaro e costruire promozioni che raccontino il prodotto, anziché svilirlo, sono strategie che personalmente ritengo fondamentali. Il prezzo deve essere giusto, ma anche giustificato. In conclusione, ritengo che il reparto ittico debba evolvere da semplice punto vendita a luogo di relazione e racconto. Dove ogni referenza è una scelta consapevole, ogni etichetta è una promessa, e ogni acquisto è un gesto che parla di gusto, responsabilità e fiducia. È una visione ambiziosa, certo, ma anche necessaria se vogliamo davvero costruire un assortimento che rispecchi le nuove sensibilità del mercato.
Guardando al futuro, quali saranno secondo lei i principali fattori che determineranno l’evoluzione del reparto ittico nella GDO nei prossimi anni?
Il reparto ittico nella GDO è destinato a vivere una trasformazione profonda e, operando quotidianamente nel settore, posso dire che questa evoluzione è già in atto. È una sfida che richiede visione, adattabilità e una forte connessione con il consumatore, che oggi risulta essere molto diverso rispetto a qualche anno fa. Uno dei punti chiave sarà senza dubbio la sostenibilità. Non è più un “plus”, ma un requisito fondamentale. I clienti risultano più consapevoli e desiderosi di conoscere la provenienza del pesce, come è stato pescato o allevato, e se dietro quel prodotto ci sono pratiche rispettose dell’ambiente. Personalmente credo che questa sia una delle sfide più nobili del nostro lavoro: costruire assortimenti che non solo soddisfino il palato, ma anche la coscienza.
Collaborare con fornitori certificati, rivedere le filiere e comunicare in modo chiaro sono azioni che richiedono tempo e risorse, ma che generano fiducia e valore nel lungo periodo. Accanto alla sostenibilità, l’innovazione tecnologica sta cambiando il modo in cui gestiamo il reparto. Sistemi sempre più avanzati, uniti all’analisi dei dati, ci permettono di essere più precisi, più reattivi e più efficienti. Personalmente trovo affascinante come tutto ciò possa aiutarci a prevedere la domanda, ridurre gli sprechi e ottimizzare gli assortimenti. Anche il packaging sta evolvendo: oggi non è solo contenitore, ma un veicolo di informazione e identità. Un buon packaging racconta una storia, valorizza il prodotto e semplifica la scelta del cliente. Un altro punto cruciale è la Marca del Distributore (MDD). Se ben gestita, può diventare un asset strategico.
Le linee private label permettono di offrire prodotti di qualità a prezzi competitivi, ma devono essere costruite con cura, con un posizionamento chiaro e coerente. Personalmente vedo nella MDD una grande opportunità per differenziare l’offerta e rafforzare la relazione con il cliente. Sono convinto che il futuro del reparto ittico sarà guidato da un equilibrio tra etica, efficienza ed esperienza d’acquisto. Chi saprà interpretare questi cambiamenti con sensibilità e strategia, potrà trasformare il banco del pesce in un vero punto di forza della GDO. E per chi, come me, vive questo settore ogni giorno, è un momento stimolante, pieno di sfide ma anche di possibilità.
Dalle parole di Mirko Tomsi, emerge una fotografia chiara: il reparto ittico della grande distribuzione non è più un semplice spazio espositivo, ma un laboratorio di innovazione, sostenibilità e relazione con il consumatore. In un mercato in costante mutamento, la sfida è trasformare ogni assortimento in un racconto di fiducia e valore. È in questo equilibrio, tra responsabilità e visione, che si gioca il futuro del pesce nella GDO.
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