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Il nuovo regolamento europeo sugli imballaggi, in vigore dal 2026, avrà un impatto profondo anche sulla filiera ittica. Dalla trasformazione alla distribuzione, passando per logistica e packaging, l’intero comparto è chiamato a una revisione strategica dei materiali e dei processi.

La stima della società PwC Strategy& è chiara: entro il 2040 i volumi di imballaggi immessi sul mercato italiano potrebbero ridursi fino al 20%, con una parallela contrazione del 10-15% dei volumi riciclati rispetto al 2022. Una prospettiva che riflette l’impatto del Packaging and Packaging Waste Regulation (Ppwr), tassello chiave del Green Deal europeo e del Circular Economy Action Plan.

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Il principio guida è semplice solo in apparenza: prevenire il rifiuto, ridurre l’eccesso di packaging, semplificare la filiera. Ma le conseguenze sono complesse. L’UE chiede di progettare imballaggi riciclabili per almeno il 70%, di garantire la divisibilità dei materiali e di introdurre un’etichetta ambientale digitale che tracci ogni fase della vita del packaging. Obiettivi ambiziosi che mettono in crisi soprattutto chi lavora con prodotti ad alta deperibilità, come il pesce.

L’industria ittica, già alle prese con sfide complesse legate alla catena del freddo e alla shelf life, dovrà trovare soluzioni che combinino protezione, sostenibilità e leggibilità normativa. È qui che si gioca una partita cruciale. La carta e il cartone, materiali favoriti dal nuovo impianto normativo, non sempre sono adatti per conservare e trasportare in sicurezza prodotti ittici freschi o surgelati. Le bioplastiche, pur essendo un’area di eccellenza italiana, presentano ancora margini di incertezza regolatoria. E l’uso del rPET, la plastica riciclata da bottiglie, richiede investimenti importanti e filiere certificate.

Il tema centrale resta la logistica. Il nuovo regolamento impone una riduzione degli imballaggi e limita l’overpacking: massimo 50% di spazio vuoto. Per molte aziende della trasformazione ittica questo significa rivedere formati, volumi e perfino le dinamiche di carico e scarico. Senza adeguamenti, si rischia una crescita dei costi, rallentamenti operativi e una perdita di competitività.

Serve quindi un approccio anticipatorio, non solo reattivo. Le imprese più strutturate stanno già lavorando su nuovi materiali, collaborazioni con startup tecnologiche e test su imballaggi compostabili o ibridi. Tuttavia, il vero nodo è strategico: riconfigurare la filiera per renderla resiliente, circolare e pronta a una domanda di sostenibilità sempre più esplicita da parte della GDO e del consumatore finale.

In questo scenario, il sistema consortile italiano coordinato da CONAI, insieme ai consorzi di filiera e agli impianti di compostaggio, può offrire un supporto determinante. Ma è altrettanto evidente che alcuni attori avranno bisogno di supporti mirati, anche finanziari, per affrontare il salto tecnologico. Fondi pubblici e strumenti di finanza sostenibile potranno rappresentare leve importanti per evitare che l’urto regolatorio si trasformi in un colpo mortale per le realtà più fragili.

Il regolamento europeo sugli imballaggi non è un semplice aggiornamento normativo, ma una vera rivoluzione. Per il settore ittico, che lavora con prodotti complessi e reti logistiche articolate, si tratta di un’occasione per ripensare il packaging non solo in chiave ambientale, ma come elemento strategico di valore e innovazione. Prepararsi oggi vuol dire evitare rincorse domani.

Chi opera nella filiera ittica ha l’opportunità di giocare d’anticipo. Monitorare i cambiamenti, investire in ricerca e costruire alleanze è il primo passo per affrontare il nuovo scenario con consapevolezza e visione.

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L’articolo Imballaggi, il regolamento europeo accelera: la filiera ittica chiamata alla transizione proviene da Pesceinrete.

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