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Nel delicato equilibrio tra nutrizione, sostenibilità e performance produttiva, l’acquacoltura europea guarda con crescente interesse a nuove fonti proteiche per i mangimi. Una revisione scientifica firmata dai ricercatori Kiranpreet Kaur e Silvia Torrecillas, evidenzia come l’inclusione del krill nei mangimi per acquacoltura rappresenti una soluzione promettente, in particolare per le specie non salmonidi come orata, spigola, sarago e tilapia.

In un contesto globale in cui la disponibilità di farina e olio di pesce è minacciata da fattori climatici ed economici — basti pensare al crollo produttivo in Perù legato a El Niño — i prodotti derivati dal krill antartico (Euphausia superba) si distinguono per profilo nutrizionale, appetibilità e sostenibilità. Proteine di alta qualità, fosfolipidi ricchi di EPA e DHA, astaxantina e peptidi bioattivi si combinano in un ingrediente funzionale capace di stimolare la crescita, rafforzare il sistema immunitario e migliorare la qualità del filetto.

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Secondo la revisione, l’integrazione del krill in percentuali comprese tra il 3% e il 9% nelle diete di spigole, orate e passere di mare ha mostrato un significativo miglioramento dell’indice di conversione alimentare (FCR), dell’assunzione di mangime e della digeribilità dei nutrienti. Anche in condizioni ambientali stressanti, come l’affollamento o la riduzione del contenuto di farina di pesce, l’inclusione del krill ha garantito risultati paragonabili — se non superiori — ai mangimi convenzionali.

Un risultato particolarmente rilevante riguarda la qualità del filetto: il mantenimento del contenuto di omega-3 nei tessuti e l’apporto antiossidante dell’astaxantina migliorano il profilo nutrizionale e la conservabilità del prodotto finale.

Dal punto di vista ambientale, la pesca del krill è rigidamente regolamentata dalla Commissione per la conservazione delle risorse marine viventi dell’Antartide (CCAMLR), con limiti precauzionali di cattura e zone interdette. Il 75% del krill pescato nel 2021 è stato certificato secondo lo standard MSC, confermando la coerenza di questo ingrediente con i criteri di sostenibilità riconosciuti a livello internazionale.

Resta, tuttavia, un nodo aperto: il costo. I prodotti a base di krill, pur offrendo eccellenti prestazioni nutrizionali e funzionali, hanno ancora un prezzo più elevato rispetto a farine vegetali o sottoprodotti ittici. Per questo, Kaur e Torrecillas sottolineano l’urgenza di ulteriori studi economici: solo una valutazione costi-benefici completa potrà orientare con precisione le scelte dei formulisti, specie per produzioni destinate a mercati di alta gamma o a etichette a valore aggiunto.

Nel quadro di una transizione sempre più strategica verso formulazioni circolari, tracciabili ed efficaci, il krill si candida a diventare un alleato credibile per la filiera dell’acquacoltura mediterranea. Le sue caratteristiche lo rendono adatto a un uso combinato con altre proteine emergenti e, se dosato correttamente, può contribuire a rafforzare la redditività e la qualità dei prodotti senza compromettere la sostenibilità. Una prospettiva concreta per chi formula, produce e commercializza nell’ittico del futuro.

Chi si occupa di nutrizione, produzione o trasformazione ittica dovrebbe iniziare a valutare con maggiore attenzione il potenziale del krill. In un’epoca in cui ogni scelta nella catena alimentare fa la differenza, anche il dettaglio può diventare strategico.

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L’articolo Krill nei mangimi: la svolta sostenibile per l’acquacoltura proviene da Pesceinrete.

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