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Il mercato asiatico del surimi sta attraversando una trasformazione radicale, e la crescita del prodotto russo ne è il segnale più evidente. Mentre gli Stati Uniti arretrano, Mosca avanza a grandi passi, investendo nella lavorazione interna e conquistando posizioni strategiche nei tre principali mercati: Giappone, Cina e Corea del Sud.
Nel complesso, le esportazioni russe di surimi verso questi paesi hanno raggiunto 31.823 tonnellate, con un incremento del 37% rispetto all’anno precedente. Un risultato che colloca la Russia al centro delle dinamiche commerciali asiatiche, con una quota pari al 46% delle importazioni totali da questi tre mercati, a scapito del concorrente storico: gli Stati Uniti, in calo del 13%, scesi a 37.632 tonnellate.
Il Giappone si conferma il primo mercato di destinazione, con 40.065 tonnellate importate, sostanzialmente stabili rispetto all’anno scorso. Tuttavia, anche qui si osserva una netta polarizzazione: le importazioni dal mercato statunitense sono scese del 12%, fermandosi a 30.809 tonnellate, mentre quelle dalla Russia sono aumentate di 1,7 volte, toccando le 9.256 tonnellate.
Decisamente più marcato è il cambiamento nei flussi verso la Cina, che ha superato la Corea del Sud e si è attestata come secondo mercato mondiale per il surimi. Con 17.441 tonnellate importate (+7%), Pechino rappresenta oggi la domanda in maggiore espansione. Le importazioni dagli Stati Uniti si sono ridotte drasticamente, fermandosi a 771 tonnellate, mentre il surimi russo ha segnato un aumento del 12%, raggiungendo le 16.670 tonnellate. A colpire è soprattutto un dato: la Cina ha importato 25.273 tonnellate di surimi di merluzzo prodotto in Russia, con un aumento di 1,5 volte rispetto all’anno precedente, consolidandosi come principale sbocco per il prodotto russo trasformato.
La Corea del Sud, pur retrocessa al terzo posto tra i mercati asiatici, ha mostrato segnali di vitalità, importando 11.949 tonnellate (+20%). Anche qui il surimi russo ha raddoppiato la propria presenza, con 5.896 tonnellate, avvicinandosi rapidamente al volume statunitense, in calo a 6.053 tonnellate.
La tendenza è chiara: la Russia sta guadagnando terreno non solo in termini di volumi, ma anche come player strutturato nella trasformazione del pesce. La scelta di rafforzare la lavorazione interna ha permesso al paese di aumentare il valore aggiunto delle esportazioni e di rispondere alla domanda asiatica con maggiore efficienza. Al contrario, gli Stati Uniti sembrano pagare un prezzo crescente per la loro dipendenza da impianti esterni e per una rete commerciale meno competitiva in Asia.
Il peso crescente del surimi russo nei mercati chiave dell’Estremo Oriente rappresenta un cambiamento che l’intera filiera globale non può ignorare. Se il trend dovesse consolidarsi, si apriranno nuovi scenari anche per i produttori europei, chiamati a rafforzare qualità, capacità produttiva e capacità di presidiare mercati ad alta intensità di consumo.
L’avanzata del surimi russo nei mercati asiatici, sostenuta da investimenti nella trasformazione interna e da strategie commerciali mirate, mette in discussione l’equilibrio tradizionale del commercio internazionale del prodotto. Il declino degli Stati Uniti e la stabilità del Giappone aprono un nuovo capitolo nelle dinamiche del settore.
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