Granchio Blu. Nuovo progetto pilota da 1,5 milioni

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Granchio Blu. Nuovo progetto pilota da 1,5 milioni – “Questo nuovo progetto da 1,5 milioni di euro, vede nuovamente la Regione impegnata nel campo della strategia di risposta all’emergenza granchio blu assieme a Veneto Agricoltura e Università di Padova. Accanto al progetto di mappatura della specie invasiva già avviato in collaborazione con Arpav, Veneto Agricoltura, le Università di Padova e Ca’ Foscari, col sostegno di Fondazione Cariparo, oggi prende il via una nuova fase che ha l’obiettivo di incentivare la cattura di esemplari di Granchio blu e di studiare i possibili sbocchi commerciali per quella frazione di catture non idonee al consumo alimentare. Solo puntando su nuove filiere è possibile favorire la competitività delle piccole imprese della pesca costiera, un mondo per noi strategico perché rappresenta una parte importante della nostra economia, della nostra identità, della nostra cultura. Per i due progetti in corso di realizzazione quest’anno sono stati investiti in tutto tra risorse pubbliche, fondi europei e risorse private, 3 milioni di euro, una dimostrazione dell’importanza che l’amministrazione regionale attribuisce al mondo della pesca e dell’acquacoltura”.

L’assessore della Regione del Veneto alla Pesca, Cristiano Corazzari, presenta l’accordo interistituzionale, approvato con delibera di Giunta, per il Progetto pilota finalizzato a sostenere i pescatori per incentivare le catture di Granchio Blu, nonché all’individuazione di filiere destinate all’utilizzazione della frazione di catture della specie aliena granchio blu non idonee all’alimentazione e per favorire la competitività delle imprese della piccola pesca costiera. Il progetto del valore di 1.574.700 euro è finanziato risorse PN Feampa 2021-2027 per 1,5 milioni e per la parte restante è a carico dei tre partner: Regione del Veneto, Veneto Agricoltura e Università di Padova. La durata prevista è di 18 mesi con termine ultimo del 31 dicembre 2026.

“Il punto da cui partire sono i numeri delle catture– spiega Corazzari-. Nel 2024 i dati ufficiali dei sei Mercati ittici veneti e del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine contano 714 tonnellate di granchio blu commercializzate perché destinate al consumo alimentare e 1.180 tonnellate di prodotto non commercializzabile tra femmine ed esemplari giovanili. Qui si potrebbero aprire scenari interessanti per le imprese, indagando nuove filiere alternative alla commercializzazione a uso alimentare in particolare la produzione di mangimi per animali, la produzione di fertilizzanti, la bioenergia, l’estrazione di composti bioattivi come la chitina e la valorizzazione della componente carbonacea”.

Il progetto si propone di valutare la scala di produzione potenzialmente interessata dalle filiere alternative al consumo grazie a una campagna pilota di catture realizzata con il supporto delle imprese della piccola pesca costiera. La potenziale dimensione di produzione sarà studiata con l’aiuto dei pescatori, con una campagna di catture nel periodo che va da marzo a ottobre nelle lagune del Delta del Po, di Venezia e Caorle. I pescatori riceveranno un sostegno economico per il noleggio delle imbarcazioni con relativo equipaggio, per l’acquisto di attrezzi di prelievo selettivo, cioè le nasse e avranno un compenso di 1 euro per ogni chilogrammo di prodotto conferito e non commestibile. I risultati saranno raccolti e analizzati e, ultima fase, verranno condivisi con i portatori di interesse, il Commissario straordinario all’emergenza granchio blu, il Masaf, il Ministero dell’Ambiente.

Granchio Blu. Nuovo progetto pilota da 1,5 milioni

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L’informazione di settore che fa la differenza

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L’informazione di settore che fa la differenza – C’è una risorsa che non si pesca in mare ma che può cambiare il futuro di un’impresa ittica: si chiama informazione.
Spesso sottovalutata, a volte data per scontata, l’informazione nel mondo della pesca e dell’acquacoltura è molto più che un’opzione: è uno strumento strategico. E chi la utilizza con regolarità, ha già un vantaggio competitivo.

Nel nostro settore, dove l’innovazione si fa strada con più fatica rispetto ad altri comparti, esiste ancora una certa ritrosia a informarsi in modo continuativo. Troppo spesso l’aggiornamento viene vissuto come qualcosa di accessorio, quasi una perdita di tempo. Ma la realtà è esattamente l’opposto. Chi si informa ogni giorno, anche solo per dieci minuti, sviluppa una visione più ampia, capace di collegare ciò che accade sul proprio banco o nel proprio impianto con ciò che accade nel mondo.

Leggere un articolo di settore, conoscere una nuova normativa, scoprire le tendenze dei consumatori o l’apertura di un nuovo mercato estero può influenzare le decisioni strategiche di un’azienda. E farlo prima degli altri, quando gli altri ancora ignorano che qualcosa stia cambiando, può fare la differenza tra subire o cavalcare il cambiamento.

L’informazione ha una forza silenziosa. Non trasforma da sola un’impresa, ma getta le fondamenta per una trasformazione vera. Ed è ciò che distingue un operatore che si limita a reagire da chi invece anticipa le sfide. Un’azienda che sa dove sta andando il settore si prepara per tempo, investe con lucidità, comunica meglio, valorizza la propria identità e si muove con più sicurezza.

Chi si informa con continuità sviluppa una mentalità aperta, dinamica, ricettiva. È in grado di leggere tra le righe, di individuare segnali deboli che altri non colgono, di agire invece di rincorrere. E in un mercato sempre più competitivo, questo può fare la differenza.

La cultura dell’informazione non nasce da una norma, ma da una scelta individuale. Ogni giorno.
E da quella scelta passa il futuro del settore. Chi decide di restare aggiornato, sceglie di farsi trovare pronto.
Non per seguire la corrente, ma per guidarla.

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Milano chiama il mondo del food: l’ittico risponde presente

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Milano chiama il mondo del food: l’ittico risponde presente – Milano torna al centro del mondo agroalimentare e lo fa in grande stile, con un’edizione di Tuttofood 2025 che promette di superare ogni aspettativa. Oltre 4.700 aziende, dieci padiglioni, 90mila visitatori attesi e oltre 3mila top buyer internazionali pronti a esplorare tendenze, stringere accordi e scoprire le nuove frontiere del food. Tra queste, l’industria ittica italiana si prepara a emergere con voce forte e chiara, portando il proprio contributo in termini di sostenibilità, tecnologia e innovazione.

In un momento storico in cui le filiere agroalimentari devono rispondere a sfide ambientali e nuove abitudini di consumo, il settore ittico si mostra reattivo, moderno, sempre più orientato alla tracciabilità e alla qualità. Tuttofood rappresenta l’arena perfetta per raccontare questo cambiamento, offrendo un’occasione unica di contatto diretto tra produttori, trasformatori, distributori e buyer. E se l’Italia continua a eccellere nell’offerta di prodotti ittici a valore aggiunto, la fiera sarà il luogo in cui queste eccellenze troveranno il palcoscenico ideale.

A rendere ancora più strategica la partecipazione è il Buyers Program, pensato per far incontrare domanda e offerta in modo mirato, con percorsi guidati e momenti di matching business studiati su misura. Ma Tuttofood 2025 non sarà solo fiera: il debutto della Tuttofood Week – Nutrire il futuro, un fuori salone diffuso in città, trasformerà Milano in un vero hub internazionale del cibo. Degustazioni, talk, eventi culturali e presentazioni coinvolgeranno anche il mondo del pesce, spingendolo fuori dagli stand per abbracciare un pubblico sempre più ampio e curioso.

A poche settimane dall’apertura, i numeri parlano chiaro: il settore agroalimentare guarda a Milano come al centro nevralgico per il business, l’aggiornamento e il networking globale. Per l’industria ittica italiana, questa è l’occasione di raccontare al mondo una nuova idea di pesca e acquacoltura, fatta di prodotti innovativi, rispetto dell’ambiente e valorizzazione della filiera corta.

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Acquacoltura e salute: la nuova frontiera del cibo che ci salva

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Acquacoltura e salute: la nuova frontiera del cibo che ci salva – Nel cuore del dibattito globale su nutrizione, sostenibilità e sicurezza alimentare, l’acquacoltura si sta ritagliando un ruolo da protagonista. Ma nonostante il suo potenziale rivoluzionario, il legame tra pesce allevato e salute umana rimane sorprendentemente sottovalutato. Un paradosso, se si considera che gli alimenti acquatici – pesce, molluschi, crostacei e microalghe – offrono alcuni dei più alti valori nutrizionali presenti in natura.

A lanciare l’allarme è la ricercatrice danese Nanna Roos, che invita a una riflessione urgente: come possiamo parlare di transizione ecologica e sicurezza alimentare senza analizzare a fondo l’impatto dell’acquacoltura sul benessere umano? Le sue osservazioni, pubblicate su Frontiers in Aquaculture, aprono un fronte di discussione che l’industria ittica non può più permettersi di ignorare.

Oggi oltre tre milioni di bambini sotto i cinque anni muoiono ogni anno a causa della malnutrizione. Allo stesso tempo, più di 2,5 miliardi di persone sono in sovrappeso o obese, esposte a malattie croniche come il diabete e i problemi cardiovascolari. È in questo contesto che il pesce allevato si presenta come uno degli alimenti più promettenti per riequilibrare le diete globali. La sua composizione lipidica, ricca di acidi grassi omega-3 a catena lunga come DHA ed EPA, è scientificamente riconosciuta per i suoi effetti positivi sulla salute. Eppure, manca ancora una visione sistemica in grado di valorizzare appieno questi benefici.

Non tutti i pesci, però, sono uguali. Il loro valore nutrizionale dipende da moltissimi fattori: la specie, l’ambiente di allevamento, la salinità dell’acqua, ma soprattutto la composizione del mangime. Sostituire specie selvatiche con pesci allevati può alterare l’apporto nutrizionale delle diete tradizionali, e la sostituzione degli oli marini con oli vegetali nei mangimi – pur utile a ridurre la pressione sugli oceani – modifica il contenuto di nutrienti benefici. Ecco perché servono studi mirati, capaci di misurare scientificamente l’impatto del pesce allevato sulla crescita dei bambini, sullo sviluppo cognitivo e sulla prevenzione delle patologie croniche.

Nel frattempo, l’acquacoltura si confronta anche con la sfida della sicurezza alimentare. Conservazione, trasformazione e distribuzione dei prodotti ittici sono spesso sottovalutate, ma una cattiva gestione può compromettere la qualità nutrizionale e sanitaria del prodotto. Da qui l’urgenza di investire in tecnologie sicure, sostenibili e capaci di valorizzare tutto il potenziale dell’alimento blu per eccellenza.

In un mondo che guarda sempre più al futuro del cibo, il settore dell’acquacoltura è chiamato a evolvere, ma con un passo in più: quello della consapevolezza. Una consapevolezza che parte dalla scienza e arriva fino alla tavola, passando per le scelte strategiche dell’industria e della politica. Perché nutrire il pianeta significa anche sapere come e con cosa lo stiamo facendo. E oggi, più che mai, il pesce può fare la differenza.

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Acquacoltura protagonista del futuro: nel 2050 la svolta globale

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Acquacoltura protagonista del futuro: nel 2050 la svolta globale – L’acquacoltura sta per compiere un salto epocale, capace di riscrivere le regole della produzione ittica mondiale entro il 2050. È un cambio di paradigma ormai inevitabile. Con una crescita più rapida rispetto alla pesca selvatica, gli allevamenti di pesce e alghe si avviano a diventare la principale fonte di approvvigionamento globale. Secondo le ultime stime, entro la metà del secolo la produzione da acquacoltura raggiungerà quota 124 milioni di tonnellate all’anno, surclassando le 89 milioni di tonnellate previste per la pesca tradizionale, anche nello scenario di gestione più ottimale.

Questo cambiamento epocale non è frutto del caso, ma di un insieme di dinamiche economiche e produttive che stanno rivoluzionando l’intera filiera. Efficienza produttiva, economie di scala, innovazioni nei mangimi e una pianificazione strategica dello spazio marino sono i veri motori di questa accelerazione. Le specie ad alto valore commerciale, oggi già protagoniste dei mercati internazionali, manterranno il loro primato. È proprio grazie al miglioramento delle pratiche di allevamento e alla continua ricerca di ingredienti sostenibili per l’alimentazione che si riuscirà a consolidare e far prosperare questi segmenti.

Il mercato dei mangimi, in particolare, dovrà sostenere volumi mai visti prima. Si parla di almeno 40 milioni di tonnellate all’anno di feed dedicato all’acquacoltura marina, più del triplo rispetto ai livelli del 2018. È qui che la sfida si gioca sul terreno dell’innovazione, con nuovi ingredienti e filiere circolari che mirano a ridurre la pressione sulle risorse naturali e garantire la sostenibilità del settore.

Il report di DNV, alla base di queste previsioni, evidenzia inoltre un punto strategico che potrebbe accelerare ulteriormente la crescita: l’integrazione tra acquacoltura e altre attività industriali marine, come l’eolico offshore. Un futuro in cui le piattaforme multifunzionali ospiteranno impianti di allevamento eolico e acquacoltura non è più fantascienza, ma una concreta opportunità di co-sviluppo all’interno dell’economia blu.

Tuttavia, il cammino verso il 2050 non sarà privo di ostacoli. Il cambiamento climatico e la salute degli animali acquatici rappresentano due fattori critici da tenere sotto controllo. L’aumento delle temperature, l’acidificazione degli oceani e la diffusione di malattie potrebbero compromettere le produzioni monocolturali, rendendo indispensabile una gestione biologica attenta e resiliente. Anche la trasparenza e la tracciabilità delle produzioni acquisteranno un ruolo chiave, per garantire che la corsa alla crescita non sacrifichi sostenibilità e responsabilità sociale.

Ciò che emerge con forza è una certezza: il futuro della nostra alimentazione sarà sempre più legato all’acquacoltura. Un settore in rapida trasformazione, pronto a rispondere alle esigenze di una popolazione mondiale in crescita e sempre più attenta alla provenienza e alla qualità del cibo. Pesce, crostacei, molluschi e alghe non saranno soltanto risorse alimentari, ma i protagonisti di una nuova era produttiva che sta già prendendo forma sotto i nostri occhi.

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