Norvegia, basta compromessi: solo chi rispetta l’ambiente potrà produrre pesce

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Norvegia, basta compromessi: solo chi rispetta l’ambiente potrà produrre pesce – L’acquacoltura norvegese sta per cambiare volto, e non si tratta di un semplice aggiustamento normativo, ma di una vera e propria rivoluzione. Con la presentazione del nuovo libro bianco, la ministra della Pesca e degli Oceani Marianne Sivertsen Næss ha aperto un capitolo inedito per l’industria ittica più potente d’Europa. Obiettivo dichiarato: rendere più sostenibile, trasparente e responsabile il secondo settore di esportazione del Paese. Ma dietro le intenzioni si nascondono strumenti che potrebbero fare scuola anche fuori dai confini norvegesi.

Il cuore della riforma batte su tre assi portanti: il legame tra impatto ambientale e possibilità produttiva, l’introduzione di una tassa sulla mortalità dei pesci allevati e la nascita di un mercato di quote negoziabili per le emissioni di pidocchi di mare. Un cambio di paradigma che premia chi investe in benessere animale, biosicurezza e innovazione tecnologica.

Il punto più discusso è certamente quello che collega la quantità massima di biomassa allevabile alla presenza dei pidocchi di mare: più se ne registrano, meno si potrà produrre. È un meccanismo che trasforma una sfida sanitaria in un incentivo economico. Non sarà più conveniente sottovalutare l’impatto ambientale, anzi: chi lo riduce, guadagna.

Non è finita. Le aziende dovranno fare i conti anche con una nuova tassa, legata al tasso di mortalità degli animali. Una misura drastica, che parte in forma ridotta ma promette di crescere, per spingere il settore verso l’obiettivo fissato dal governo: meno del 5% di mortalità. Se l’asticella viene superata, scattano le sanzioni. Un sistema che promette di cambiare radicalmente le logiche dell’allevamento intensivo.

Cambia anche il sistema delle autorizzazioni: niente più tetti fissi alla produzione, ma libertà vincolata al rispetto delle nuove regole. I nuovi permessi saranno messi all’asta, e potranno essere utilizzati solo nelle aree geografiche autorizzate. Più efficienza, più competitività, più responsabilità.

È un segnale forte quello che arriva da Oslo, in un momento in cui l’acquacoltura europea è chiamata a rispondere alle pressioni del mercato globale, alla richiesta crescente di proteine blu e agli standard ambientali sempre più rigorosi. La Norvegia alza l’asticella e scommette su un modello dove ambiente e profitto non si escludono, ma si alimentano a vicenda.

Il messaggio è chiaro: il futuro dell’acquacoltura non sarà solo una questione di tonnellate prodotte, ma di come quelle tonnellate vengono ottenute. E chi saprà stare al passo, anche fuori dalla Norvegia, potrebbe raccogliere i frutti di una transizione che sembra ormai inevitabile.

Norvegia, basta compromessi: solo chi rispetta l’ambiente potrà produrre pesce

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La rinascita delle pescherie passa dalla relazione con i clienti

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La rinascita delle pescherie passa dalla relazione con i clienti – C’è un’aria nuova tra i banchi del pesce, e non è solo il profumo del mare. A guidare la rinascita delle pescherie indipendenti è il ritorno di un protagonista dimenticato: il pescivendolo. Quello che non si limita a vendere un prodotto, ma che guarda il cliente negli occhi, lo ascolta, lo accompagna. Che sa consigliare un’alternativa stagionale, raccontare una ricetta semplice, suggerire un abbinamento. E soprattutto, sa creare fiducia.

Sue MacKenzie, presidente della National Federation of Fishmongers e titolare del The Fish Shop nel Surrey, Inghilterra sud-occidentale, è oggi una delle figure simbolo di questo cambiamento. Il suo negozio è diventato un punto di riferimento per la comunità non solo per la qualità del pesce, ma per il modo in cui lo propone, lo racconta, lo condivide. Perché la differenza, oggi, la fa l’esperienza.

Sue ha trasformato la sua pescheria in un luogo di incontro. La vetrina non è solo una distesa ordinata di filetti e crostacei, ma una scenografia studiata con cura e creatività per incuriosire, invogliare, far venire voglia di cucinare. Le conversazioni con i clienti iniziano spesso con “cos’hai di buono oggi?” e finiscono con un sorriso e un “ci provo!”. È lì, in quel passaggio, che avviene la magia: il cliente non è più un acquirente distratto, ma una persona coinvolta, informata, ispirata.

Il lavoro di Sue non si ferma alla porta del negozio. Sui social condivide idee, ricette, consigli. Parla di promozioni, stagionalità, eventi. Organizza degustazioni serali, crea menù per le festività, ascolta le esigenze delle diverse comunità culturali. Non solo conosce i gusti dei suoi clienti, ma li anticipa. E questo genera fedeltà, passaparola, relazione.

In un’epoca dove tutto è diventato impersonale e veloce, il pescivendolo torna ad essere figura centrale: un professionista competente, un selezionatore fidato, un narratore del mare. Il pesce non è più un acquisto da fare di corsa il venerdì. Diventa parte della quotidianità, anche grazie alla semplicità con cui può essere preparato, quando qualcuno ti spiega come farlo.

Il coinvolgimento del consumatore è il vero punto di svolta. È lì che si vince o si perde la partita. Chi entra in una pescheria per la prima volta ha bisogno di sentirsi accolto, non giudicato. Ha bisogno di capire la differenza tra orata di allevamento e pescata, tra un prodotto locale e uno proveniente da chissà dove. Ha bisogno di qualcuno che gli dica con semplicità “prova questo, è fresco e facile da cucinare”.

E quel qualcuno oggi esiste, ed è in crescita. In Regno Unito, il ritorno della pescheria indipendente è realtà. I numeri parlano chiaro, ma più dei numeri parlano le persone: clienti che ritrovano il piacere di comprare pesce in modo consapevole, di cucinarlo, di condividerlo.

Il segreto è tutto lì: dare al consumatore un ruolo attivo nella filiera, renderlo partecipe, ascoltarlo. È una rivoluzione silenziosa, che nasce dalla qualità, ma si afferma nella relazione. E che in Italia potrebbe trovare terreno fertile, se solo si smettesse di dare per scontata la ricchezza della nostra offerta ittica.

C’è bisogno di pescivendoli che non si limitino a “mettere il pesce in mostra”, ma che sappiano comunicare il valore del prodotto, la sua provenienza, il suo impatto. C’è bisogno di trasformare il banco del pesce in uno spazio vivo, dinamico, familiare. Dove si costruisce fiducia, si tramandano ricette, si rinnova ogni giorno il legame con il mare.

Il futuro della filiera passa da qui: non solo da grandi strategie industriali, ma da piccoli gesti quotidiani, autentici, che parlano alle persone. Il pescivendolo non è un mestiere del passato. È un mestiere del presente, se sa guardare negli occhi il futuro.

La rinascita delle pescherie passa dalla relazione con i clienti

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Donazzan (FdI): in Europa per difendere pesca e porti italiani

Donazzan (FdI): in Europa per difendere pesca e porti italiani

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Donazzan

Donazzan porta in Europa la voce della pesca e dei porti italiani

Elena Donazzan, europarlamentare di Fratelli d’Italia e vicepresidente della Commissione Industria al Parlamento europeo, eletta nella circoscrizione Nordest con oltre 63mila preferenze dopo solo Giorgia Meloni, ha presentato due interrogazioni alla Commissione europea per accendere i riflettori su due settori strategici per l’Italia e in particolare per il Nordest: la pesca e la portualità dell’Alto Adriatico.

“Porto in Europa la voce di chi lavora ogni giorno nel mare e grazie al mare – ha dichiarato Donazzan –. Serve un’Europa che ascolti e agisca, non che imponga regole cieche. La pesca e i nostri porti non possono essere abbandonati”.

Nel primo intervento, l’europarlamentare ha chiesto con forza una revisione delle politiche comunitarie sulla pesca, denunciando un progressivo e preoccupante declino della flotta peschereccia italiana: -21% dal 2004, con un taglio del 33% dei giorni di pesca tra il 2008 e il 2023. A pesare ulteriormente sul comparto sono le proposte della Commissione UE che prevedono nuove restrizioni alla pesca a strascico nel Mediterraneo occidentale (-38%) e limiti severi sulle catture di specie come gambero rosso, gambero viola e merluzzo.

“Il settore è al collasso – ha affermato Donazzan –. È necessario rivedere subito il regolamento FEAMPA e il Piano d’Azione del 2023. E serve anche un piano serio per contrastare la diffusione delle specie aliene invasive, che stanno compromettendo gli ecosistemi marini e le economie locali’’.

Porti dell’Alto Adriatico sotto pressione: servono risposte concrete

Con la seconda interrogazione, Donazzan ha acceso i riflettori sulla crisi in atto nel Mar Rosso e sulle sue gravi ricadute per i porti italiani dell’Alto Adriatico – Ravenna, Trieste e Venezia – oltre a quelli di Capodistria (Slovenia) e Fiume (Croazia). La situazione geopolitica ha stravolto le rotte commerciali, facendo lievitare i costi dei noli, aumentando le emissioni e minacciando la competitività dell’intero sistema portuale dell’Adriatico settentrionale.

“Servono interventi immediati – ha sottolineato –. La Commissione europea deve mettere in campo risorse straordinarie e strategie efficaci per tutelare questi porti, che rappresentano un punto nevralgico per settori strategici come automotive, energia e logistica”.

Con queste due interrogazioni, Elena Donazzan richiama l’attenzione dell’Europa sulla necessità di politiche più equilibrate e aderenti alla realtà dei territori. Una battaglia che, ha assicurato, continuerà a portare avanti a fianco di chi ogni giorno lavora sul mare e per il mare.

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Donazzan: “L’UE difenda la pesca italiana”

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Donazzan: “L’UE difenda la pesca italiana” – Elena Donazzan, europarlamentare di Fratelli d’Italia e vicepresidente della Commissione Industria al Parlamento europeo, eletta nella circoscrizione Nordest con oltre 63mila preferenze dopo solo Giorgia Meloni, ha presentato due interrogazioni alla Commissione europea per accendere i riflettori su due settori strategici per l’Italia e in particolare per il Nordest: la pesca e la portualità dell’Alto Adriatico.

“Porto in Europa la voce di chi lavora ogni giorno nel mare e grazie al mare – ha dichiarato Donazzan –. Serve un’Europa che ascolti e agisca, non che imponga regole cieche. La pesca e i nostri porti non possono essere abbandonati”.

Nel primo intervento, l’europarlamentare ha chiesto con forza una revisione delle politiche comunitarie sulla pesca, denunciando un progressivo e preoccupante declino della flotta peschereccia italiana: -21% dal 2004, con un taglio del 33% dei giorni di pesca tra il 2008 e il 2023. A pesare ulteriormente sul comparto sono le proposte della Commissione UE che prevedono nuove restrizioni alla pesca a strascico nel Mediterraneo occidentale (-38%) e limiti severi sulle catture di specie come gambero rosso, gambero viola e merluzzo.

“Il settore è al collasso – ha affermato Donazzan –. È necessario rivedere subito il regolamento FEAMPA e il Piano d’Azione del 2023. E serve anche un piano serio per contrastare la diffusione delle specie aliene invasive, che stanno compromettendo gli ecosistemi marini e le economie locali”.

Con la seconda interrogazione, Donazzan ha acceso i riflettori sulla crisi in atto nel Mar Rosso e sulle sue gravi ricadute per i porti italiani dell’Alto Adriatico – Ravenna, Trieste e Venezia – oltre a quelli di Capodistria (Slovenia) e Fiume (Croazia). La situazione geopolitica ha stravolto le rotte commerciali, facendo lievitare i costi dei noli, aumentando le emissioni e minacciando la competitività dell’intero sistema portuale dell’Adriatico settentrionale.

“Servono interventi immediati – ha sottolineato –. La Commissione europea deve mettere in campo risorse straordinarie e strategie efficaci per tutelare questi porti, che rappresentano un punto nevralgico per settori strategici come automotive, energia e logistica”.

Con queste due interrogazioni, Elena Donazzan richiama l’attenzione dell’Europa sulla necessità di politiche più equilibrate e aderenti alla realtà dei territori. Una battaglia che, ha assicurato, continuerà a portare avanti a fianco di chi ogni giorno lavora sul mare e per il mare.

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Dalla scienza al marketing, il seafood globale si dà appuntamento a Barcellona

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Dalla scienza al marketing, il seafood globale si dà appuntamento a Barcellona – Dal cambiamento climatico alle strategie di marketing, la fiera internazionale del seafood raduna 79 Paesi Con l’avvicinarsi del mese di maggio, l’attenzione del mondo ittico globale si concentra sulla Fira de Barcelona, dove dal 6 all’8 maggio si accenderanno i riflettori sulla 31ª edizione di Seafood Expo Global/Seafood Processing Global. Numeri da record, aspettative alte e un’agenda ricchissima di contenuti fanno di questo appuntamento il baricentro della discussione mondiale sul futuro della pesca, dell’acquacoltura e della trasformazione dei prodotti ittici.

Quest’anno il valore dell’evento si amplifica grazie a un programma di conferenze ambizioso, con oltre 20 panel e la partecipazione di più di 80 esperti internazionali. Sostenibilità, decarbonizzazione, innovazione e nuove strategie di mercato saranno i punti cardine di una serie di incontri pensati non solo per ispirare, ma per offrire soluzioni concrete a chi ogni giorno affronta le sfide del settore. L’obiettivo è chiaro: trasformare le criticità in opportunità di crescita e rinnovamento.

Fra i momenti più attesi c’è la conferenza del 7 maggio, quando verrà svelata la metodologia aggiornata della FAO sullo stato degli stock ittici. Un passaggio cruciale per comprendere come scienza e conoscenze tradizionali possano convergere per garantire una gestione più sostenibile delle risorse marine. Nella stessa giornata, il panel dedicato agli effetti del cambiamento climatico sugli ecosistemi marini promette di accendere il dibattito su temi come la deossigenazione degli oceani e le strategie di mitigazione delle emissioni nel comparto pesca.

Non meno strategica la riflessione sul marketing digitale, sempre più decisivo per il successo dei prodotti ittici. Il 6 maggio si parlerà di influencer marketing, con un caso di studio di forte ispirazione: quello dell’Associazione dei Produttori di Pollock dell’Alaska, che ha saputo trasformare i social media in un potente alleato per la promozione del merluzzo selvaggio. Il giorno successivo il focus si sposterà sui nuovi consumatori, sempre più attenti alla sostenibilità e all’etica delle loro scelte alimentari, con strategie mirate per intercettare le aspettative di un pubblico giovane e consapevole.

La giornata conclusiva, l’8 maggio, sarà dedicata al commercio al dettaglio con la sessione “Seafood Mongers 101”. Una vera e propria masterclass per gli operatori delle pescherie, tra formazione specifica, approvvigionamento responsabile e tecniche di customer care capaci di fidelizzare la clientela in un mercato sempre più competitivo e dinamico.

Con la partecipazione di aziende provenienti da oltre 79 Paesi e 63 padiglioni nazionali e regionali, il Seafood Expo Global si conferma così non solo come la più grande vetrina internazionale del settore, ma anche come un laboratorio di idee e innovazioni per chi guarda al futuro con determinazione. I numeri parlano da soli: 50.918 metri quadrati di area espositiva già assegnati e una presenza globale che abbraccia Europa, Asia, Americhe e Africa.

Chi opera nella filiera ittica non può permettersi di perdere questo appuntamento. Barcellona sarà il crocevia dove si decideranno le strategie del domani, fra networking di alto livello, dibattiti cruciali e la possibilità concreta di dare una svolta al proprio business.

Dalla scienza al marketing, il seafood globale si dà appuntamento a Barcellona

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