Ricostruire la fiducia tra politica e acquacoltura per una crescita globale sostenibile

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A livello globale, il settore dell’allevamento ittico sta attraversando una fase cruciale, in cui ripristinare la fiducia tra politica e acquacoltura rappresenta una condizione indispensabile per garantirne la crescita futura. Negli ultimi anni, l’equilibrio tra istituzioni e industria è stato spesso compromesso da disallineamenti normativi, incomprensioni comunicative e tensioni sui temi fiscali e ambientali. Eppure, laddove il dialogo è rimasto saldo, il settore ha continuato a crescere, dimostrando quanto la cooperazione tra pubblico e privato sia la chiave per uno sviluppo duraturo.

A ricordarlo è Ståle Økland, CEO di Akva Group (Norvegia), che ha invitato il comparto e la politica a riflettere sull’urgenza di ricostruire fiducia reciproca per creare le condizioni di una nuova crescita. Secondo Økland, il successo dell’acquacoltura norvegese è dipeso proprio da un equilibrio virtuoso tra governo, ricerca e industria: un modello di cooperazione che ha favorito innovazione, sostenibilità e prosperità condivisa. Quando questo equilibrio si rompe, come accaduto durante le tensioni politiche legate alla tassa sull’acquacoltura, le conseguenze diventano evidenti: investimenti bloccati, fiducia erosa, crescita rallentata.

La lezione norvegese è universale. La fiducia non si impone per legge, ma si costruisce nel tempo attraverso il confronto, la trasparenza e l’ascolto reciproco. Ripristinarla significa anche superare la logica del conflitto, riconoscendo che la crescita è un prerequisito per migliorare la sostenibilità. Solo un settore che vede prospettive di sviluppo investe in tecnologie più avanzate, in sistemi a basso impatto e nella formazione di nuove competenze.

L’acquacoltura, oggi, ha bisogno di una nuova narrazione. Parlare di fiducia, collaborazione e visione condivisa significa restituire al comparto credibilità, attrarre giovani talenti e stimolare gli investimenti. È un percorso che richiede responsabilità da entrambe le parti, ma è anche l’unico che può garantire un futuro sostenibile a una delle industrie più strategiche per la sicurezza alimentare globale.

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Matfiskodlarna: un hub digitale per il futuro dell’acquacoltura

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La nuova piattaforma digitale per l’acquacoltura svedese, sviluppata da Food Fish Farmers con il sostegno dell’Unione Europea, rappresenta un passo decisivo per il futuro del settore. L’iniziativa segna un’evoluzione nel modo in cui produttori, ricercatori e istituzioni condividono informazioni e competenze in materia di allevamento ittico.

Matfiskodlarna

Food Fish Farmers, conosciuta in Svezia come Matfiskodlarna, è la principale organizzazione nazionale degli allevatori ittici. Riunisce imprese attive dal nord al sud del Paese, con una produzione complessiva di circa 20.000 tonnellate di pesce all’anno. L’attività si concentra soprattutto su salmerino alpino e trota iridea, seguendo l’intera filiera, dall’incubatoio alla commercializzazione del prodotto finito destinato ai mercati svedesi e internazionali.

Il nuovo portale nasce dalla consapevolezza che la conoscenza è una leva strategica per la competitività del comparto. La precedente versione del sito non riusciva a soddisfare le crescenti esigenze di comunicazione e aggiornamento. Grazie ai fondi UE, l’organizzazione ha realizzato un hub di conoscenza centralizzato e accessibile, dedicato all’acquacoltura svedese e aggiornato in tempo reale.

Online da gennaio 2025

Online da gennaio 2025, la piattaforma offre un ambiente digitale dove allevatori, studenti e cittadini possono consultare dati, normative, ricerche e buone pratiche. L’obiettivo è duplice: migliorare la comunicazione interna tra gli operatori e promuovere una comprensione più ampia e corretta dell’acquacoltura presso il pubblico.

Già nei primi mesi, il portale ha registrato accessi da 33 Paesi. La sezione più visitata è quella che illustra in modo chiaro il funzionamento concreto degli impianti svedesi. Un segnale del crescente interesse internazionale per il modello nordico di acquacoltura, basato su innovazione, tracciabilità e sostenibilità ambientale.

Oltre a essere un archivio informativo, la piattaforma è anche un laboratorio digitale. Un sistema avanzato di analisi consente di monitorare i flussi di accesso e orientare gli aggiornamenti futuri, mantenendo i contenuti sempre pertinenti e utili per gli operatori.

Guardando al futuro, Matfiskodlarna prevede di ampliare la piattaforma con sezioni dedicate alla sostenibilità e alle tecniche pratiche di allevamento. L’obiettivo è accompagnare il ricambio generazionale e incoraggiare nuovi talenti a formarsi in ambito acquacolturale.

Oggi, che l’Europa promuove una produzione alimentare più circolare e rispettosa delle risorse naturali, la Svezia dimostra come la digitalizzazione possa diventare un motore di crescita per la filiera ittica. L’iniziativa di Food Fish Farmers non è solo un progetto tecnologico, ma un modello di innovazione utile per tutta l’acquacoltura europea.

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Italian fish and tourism: a missing connection

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In 2024, tourists in Italy spent over €23 billion on dining, a figure that calls for a rethink of the relationship between Italian fish and tourism. According to “The Tourism Power of Dining” report, presented on 8 October 2025 at TTG Rimini by FIPE-Confcommercio and Sociometrica, restaurant spending generated €11 billion in added value across more than 3,300 municipalities, with international tourism accounting for over 67% in the top ten destinations.

The report highlights dining as a key economic and cultural driver of tourism but does not explore its links with production chains—especially fisheries, which form the foundation of Italian cuisine. This gap opens an urgent reflection: how to turn tourist demand into value for coastal communities.

According to Ossermare, in 2023 Italy’s fishing fleet fell by 1% to 11,684 vessels, while production dropped by 9.1% in volume and 4.6% in value. Biologically, FAO-GFCM data show that the share of overexploited stocks in the Mediterranean and Black Sea remains below 60%—a decline, yet still high.

Tourism fuels fish consumption, but the restaurant industry struggles to showcase domestic catches. The result is a market that rewards availability over origin: on tourist tables, Italian seas are too often replaced by imported fish.

Building short supply chains, partnerships between fishing communities and restaurateurs, efficient coastal logistics, and transparent communication about origin are essential. Integrating Italian fish with tourism means keeping value in local economies, supporting sustainable fisheries, and strengthening the authenticity of Italy’s gastronomic image.

As long as the sea remains invisible in the tourism narrative, Italy will keep celebrating its cuisine without restoring its true essence.

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Ristorazione turistica da 23 miliardi, ma il pesce italiano resta fuori dal menu

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Nel 2024 i turisti in Italia hanno speso oltre 23 miliardi di euro in ristorazione, un dato che impone di ripensare il rapporto tra pesce italiano e turismo. Il Rapporto “Il potere turistico della ristorazione”, presentato l’8 ottobre 2025 al TTG di Rimini da FIPE-Confcommercio con Sociometrica, stima 11 miliardi di valore aggiunto generato in oltre 3.300 comuni, con il turismo internazionale che nei primi dieci centri pesa per oltre il 67%.

Il documento mette in luce la ristorazione come motore economico e culturale del turismo, ma non affronta i legami con le filiere produttive, a partire da quella ittica, che rappresenta una delle basi della cucina italiana. È qui che si apre una riflessione necessaria: come trasformare la domanda turistica in valore per chi vive di mare.

Secondo Ossermare, nel 2023 la flotta peschereccia italiana è scesa dell’1% a 11.684 imbarcazioni; nello stesso periodo la produzione ha registrato una contrazione del 9,1% in volume e del 4,6% in valore. Sul piano biologico, la FAO-GFCM indica che la quota di stock sovrasfruttati nel Mediterraneo e Mar Nero resta sotto il 60%, in calo ma ancora elevata.

Il turismo alimenta la domanda di pesce, ma la ristorazione fatica a valorizzare il pescato nazionale. Il risultato è un mercato che premia la disponibilità continua più della provenienza: sulle tavole delle mete turistiche il mare italiano è spesso sostituito da pesce d’importazione.

Servono filiere corte, accordi tra marinerie e ristoratori, logistiche costiere e comunicazione trasparente sulla provenienza. Integrare pesce italiano e turismo significa trattenere valore nelle comunità, sostenere la pesca sostenibile e dare coerenza all’immagine gastronomica dell’Italia.

Finché il mare resterà invisibile nel racconto turistico, l’Italia continuerà a celebrare la propria cucina senza restituirle la sua verità.

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Rinnovato fino al 2029 il protocollo UE–Costa d’Avorio sulla pesca del tonno

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Il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva il nuovo protocollo che regola la pesca del tonno in Costa d’Avorio fino al 5 giugno 2029. L’intesa, già applicata provvisoriamente dal 6 giugno 2025, definisce diritti, obblighi e contributi finanziari per entrambe le parti, proseguendo un partenariato avviato oltre trent’anni fa.

Cosa prevede il protocollo

Il protocollo consente a 32 imbarcazioni europee – 25 tonniere con reti a circuizione e 7 pescherecci con palangari di superficie, provenienti da Spagna, Francia e Portogallo – di pescare fino a 6.100 tonnellate di tonno e altre specie migratorie ogni anno nelle acque ivoriane. In cambio, l’Unione europea verserà 740.000 euro l’anno, di cui 305.000 euro per i diritti di accesso e 435.000 euro destinati a sostenere lo sviluppo di una pesca sostenibile in Costa d’Avorio.

I fondi contribuiranno a rafforzare la governance del settore, migliorare le competenze scientifiche e amministrative e potenziare le infrastrutture, in particolare nel porto di Abidjan, snodo essenziale per la filiera del tonno in Africa occidentale. Saranno inoltre finanziati progetti di formazione e di sostegno alla pesca artigianale e all’acquacoltura.

Gli armatori dell’Unione pagheranno 80 euro per tonnellata di pescato nei primi due anni e 85 euro negli ultimi due. Le tonniere verseranno un anticipo annuale di 12.000 euro per licenza nei primi due anni e di 12.750 euro nei successivi, mentre i palangari di superficie pagheranno 4.000 euro fino al 2027 e 4.250 euro negli ultimi due anni del protocollo.

L’accordo prevede l’istituzione di un Comitato misto UE–Costa d’Avorio incaricato di monitorare l’attuazione del protocollo, assegnare i fondi e verificare la conformità agli obiettivi strategici. Entrambe le parti si impegnano a rafforzare i controlli, lo scambio di dati e la lotta alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, in linea con le raccomandazioni della Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (ICCAT).

La flotta europea

Per la flotta europea, il protocollo garantisce continuità operativa e certezza giuridica in un’area di pesca storicamente rilevante per l’approvvigionamento di tonno. Per la Costa d’Avorio, rappresenta un’opportunità concreta per consolidare le competenze locali e migliorare la sostenibilità del settore, a condizione che i fondi vengano gestiti con trasparenza e utilizzati per ridurre la dipendenza economica da operatori esterni.

Approvato con 520 voti favorevoli, 97 contrari e 12 astensioni, il protocollo si inserisce nella rete di Accordi di Partenariato per una Pesca Sostenibile (SFPA) che l’Unione mantiene con diversi Paesi africani. Si tratta di strumenti bilaterali che legano l’accesso alle risorse ittiche a impegni concreti in materia di sostenibilità, controllo e rispetto dei diritti dei lavoratori a bordo.

Il relatore Ton Diepeveen ha definito l’accordo “equilibrato e reciprocamente vantaggioso”, sottolineando che garantisce opportunità ai pescatori europei e contribuisce alla sicurezza alimentare e alla resilienza economica della Costa d’Avorio.

La pesca del tonno in Costa d’Avorio resta così una componente strategica della politica comune della pesca europea, ma anche un banco di prova per valutare la coerenza tra sviluppo sostenibile e interessi economici. Nei prossimi quattro anni, la sfida sarà tradurre l’accordo in risultati misurabili, mantenendo l’equilibrio tra tutela degli stock, benefici locali e trasparenza nella gestione dei fondi.

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