L’economia blu europea si rafforza: più occupazione, più valore

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L’economia blu dell’UE ha proseguito il suo trend di crescita nel 2023, confermando il ruolo strategico dei settori marittimi nel sostenere occupazione, innovazione e transizione verde in Europa. Secondo la Relazione 2025 sull’economia blu dell’UE, i settori consolidati hanno generato 263 miliardi di euro in valore aggiunto lordo (GVA) e impiegato 4,88 milioni di persone, segnando un’ulteriore espansione rispetto all’anno precedente.

Sette settori, un impatto trasversale sull’economia europea

I dati, elaborati dalla Commissione europea attraverso fonti Eurostat e DCF, confermano l’importanza trasversale dell’economia blu dell’UE. Le attività analizzate includono risorse biologiche marine, energia rinnovabile offshore, trasporti marittimi, cantieristica, portualità, turismo costiero e risorse non rinnovabili.

Tra i settori più rilevanti:

  • Turismo costiero: primo in assoluto, con il 53% dell’occupazione e il 33% del GVA dell’economia blu nel 2022.
  • Risorse biologiche marine: il 23% dei posti di lavoro e il 15% del valore aggiunto.
  • Trasporto marittimo: 25% del GVA con l’8% dell’occupazione.

Il settore dell’energia eolica offshore si distingue per la maggiore crescita relativa: +42% del GVA nel 2022, con profitti pari a 4,1 miliardi di euro.

Dinamiche nazionali: Italia tra i protagonisti

Germania, Francia, Italia e Spagna si confermano leader europei, contribuendo insieme al 60% del valore aggiunto e al 52% dell’occupazione dell’economia blu dell’UE. L’Italia è tra i primi quattro Paesi sia per GVA che per numero di addetti, con performance rilevanti nella trasformazione, distribuzione e logistica dei prodotti ittici.

La Grecia, pur con un PIL marittimo inferiore, è il secondo Paese per occupazione, a conferma del ruolo centrale delle isole e delle comunità costiere nello sviluppo della blue economy.

Innovazione, sostenibilità e sfide geopolitiche

L’edizione 2025 introduce importanti novità: l’integrazione di settori emergenti come la biotecnologia blu e la desalinizzazione, una migliore stima degli effetti indiretti e l’approfondimento del ruolo delle soluzioni basate sulla natura. Queste ultime si dimostrano essenziali per contrastare l’erosione costiera e l’aumento del rischio di inondazioni: ogni euro investito in queste soluzioni genera oltre 3,5 euro in benefici.

La crescita dell’economia blu dell’UE si manifesta in un contesto globale instabile, dove la competitività e la resilienza diventano priorità strategiche. Il futuro European Ocean Pact, annunciato per il 2025, si prefigge di fornire un quadro coerente e ambizioso per rafforzare sicurezza, innovazione e sostenibilità dei mari europei.

Verso una visione integrata e competitiva

Con oltre 890 miliardi di euro di fatturato nel 2022 e proiezioni in crescita per il 2023, l’economia blu dell’UE si conferma uno dei pilastri dell’Unione per la creazione di lavoro qualificato, la sicurezza alimentare e la transizione energetica.

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Dalla ricerca alla vasca: la soluzione AZTI che cambia il caviale

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La ricerca scientifica, quando trova strade nuove e funzionali, ha il potere di trasformare un’intera filiera. E quando a guidare il cambiamento è un centro come AZTI, la conferma che la scienza stia facendo passi da gigante non è solo una dichiarazione, ma una prova concreta. Il settore del caviale – storicamente legato a processi lunghi, costosi e ad alto consumo di risorse – trova ora una nuova prospettiva: l’identificazione precoce del sesso negli storioni tramite una tecnica genetica non invasiva basata sulla PCR in tempo reale.

Questa innovazione, frutto di anni di ricerca applicata nel settore ittico, promette di ridurre drasticamente i tempi, i costi e gli sprechi nella produzione di una delle eccellenze più pregiate del comparto agroalimentare europeo.

Verso un modello di allevamento più efficiente

Chi lavora con gli storioni lo sa: allevare questi pesci significa affrontare un investimento a lungo termine. Le femmine, uniche produttrici di caviale, impiegano anni – anche fino a otto – per raggiungere la maturità riproduttiva. Nel frattempo, maschi e femmine vengono cresciuti indistintamente, consumando risorse preziose in termini di spazio, alimentazione e gestione.

Il metodo sviluppato da AZTI spezza questa logica: attraverso un semplice prelievo di tessuto o sangue, il laboratorio è in grado di identificare la presenza di un marcatore genetico specifico per il sesso, già nei primi due anni di vita dell’animale. Un’informazione chiave che consente agli allevatori di selezionare sin da subito gli esemplari femmina, orientando con precisione l’intero ciclo produttivo.

Validazione industriale: Caviar Riofrío in prima linea

Non si tratta solo di un risultato accademico. A rendere ancora più solida la scoperta è la collaborazione tra AZTI e Caviar Riofrío, una delle aziende simbolo della produzione europea di caviale sostenibile, parte del gruppo Osborne. La fase di validazione è stata condotta su 296 campioni di storione appartenenti a diverse specie: un percorso rigoroso, che ha confermato la precisione del metodo e ne ha garantito l’applicabilità concreta.

Ora il protocollo è coperto da una domanda di brevetto e pronto per essere trasferito su scala industriale, rappresentando un benchmark tecnologico per tutti gli attori del settore.

Efficienza, sostenibilità e ritorno sull’investimento

L’introduzione di questo strumento nella gestione degli allevamenti può generare un impatto immediato. Da una parte, migliora l’efficienza dei processi, riducendo il numero di esemplari improduttivi e ottimizzando le strategie di alimentazione. Dall’altra, consente un risparmio considerevole in termini di costi operativi e una maggiore resa dell’investimento.

In un contesto di crescente attenzione alla sostenibilità e alla tracciabilità delle produzioni ittiche, questo tipo di innovazione risponde anche alle aspettative normative e di mercato. Le aziende che sapranno adottarla potranno non solo contenere i costi, ma anche rafforzare la propria reputazione nei confronti dei buyer internazionali e dei consumatori più esigenti.

Con la tecnologia di identificazione precoce del sesso negli storioni sviluppata da AZTI, l’acquacoltura europea compie un passo avanti sostanziale verso una maggiore sostenibilità ed efficienza. Per chi produce caviale, questo significa poter pianificare, investire e produrre con una precisione mai vista prima. Ed è proprio da innovazioni come questa che passa il futuro competitivo del comparto ittico.

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Pesca a strascico: i dati smentiscono la narrativa dominante

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La pesca a strascico è spesso al centro di una narrazione distorta e parziale, che la dipinge come una pratica insostenibile, da eliminare entro il 2030. Ma i dati ufficiali e l’esperienza concreta degli operatori italiani ed europei raccontano un’altra storia, fatta di rigidi vincoli, sostenibilità già in atto e un contributo fondamentale alla sicurezza alimentare.

Secondo dati diffusi da Federpesca, nel Mediterraneo già oggi il 64% delle aree è interdetto alla pesca a strascico. Nelle aree marine protette è completamente vietata, e nei tratti di mare consentiti si lavora solo per meno di 170 giorni l’anno. Quale altro settore produttivo europeo è operativo per meno della metà dei giorni annui?

Eppure, nonostante questi limiti stringenti, i pescherecci a strascico dell’Unione Europea generano il 25% degli sbarchi e il 30% del fatturato del settore. Se si include anche la pesca a strascico pelagica, la quota supera il 50% degli sbarchi complessivi. Dati che confermano il peso strategico di questa tecnica per l’economia blu europea.

A ciò si aggiunge un impegno spesso sottovalutato: in molte marinerie italiane, i pescatori raccolgono ogni giorno i rifiuti finiti nelle reti e li riportano a terra. Un gesto diventato abitudine, che ha ricevuto anche il riconoscimento di Papa Francesco, il quale ha ringraziato pubblicamente i pescatori per il contributo quotidiano alla salvaguardia del mare.

Demonizzare la pesca a strascico significa ignorare questi dati, e soprattutto rischiare di condannare l’Italia a una crescente dipendenza dalle importazioni, spesso provenienti da Paesi dove non vigono standard ambientali, sociali o sanitari equiparabili a quelli europei. Eliminare una parte così rilevante della produzione nazionale significherebbe delocalizzare gli impatti, non risolverli.

Una sfida europea, non un capro espiatorio

La sostenibilità deve camminare insieme alla competitività, non contro di essa. È un concetto che oggi trova crescente spazio nel dibattito, anche tra le rappresentanze del settore.
“Non servono divieti ideologici, ma regole intelligenti, basate su evidenze scientifiche, tracciabilità e innovazione,” ha dichiarato Francesca Biondo, Direttrice Generale di Federpesca, intervenendo lo scorso 13 marzo in occasione della visita istituzionale del Commissario europeo per la pesca in Italia. “La pesca a strascico non è il problema: può e deve essere parte della soluzione.”

Un messaggio che chiama le istituzioni a un cambio di passo, per riconoscere dignità, dati reali e capacità di evolversi a un settore che, numeri alla mano, continua a garantire una fetta essenziale dell’approvvigionamento ittico europeo.

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Elena Ghezzi nel nuovo direttivo Haliéus che rinnova la governance

Elena Ghezzi nel nuovo direttivo Haliéus che rinnova la governance

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Elena Ghezzi

Nuova governance per Haliéus Cooperatives for development, organizzazione di cooperazione internazionale per lo sviluppo, che ha rinnovato le cariche del proprio consiglio direttivo. A rappresentare Legacoop Agroalimentare arriva la conferma per Elena Ghezzi, responsabile del settore pesca e acquacoltura, e vicepresidente di Wp Fish Copa Cogeca.

Il nuovo consiglio direttivo riflette l’ampliamento della rappresentanza delle imprese cooperative aderenti a Legacoop, grazie all’ingresso di nuove associate e vede la presenza di Francesca Ottolenghi (Legacoop Nazionalw), Roberta Trovarelli (Legacoop Emilia Romagn), Vittoria De Luca (Legacoop Puglia), Paola Autore (Soc. Coop. Culture), Paolo Pastore (Fairtrade Italia), Michela Patuzzo (Cadiai soc. Coop), Sandro Cerasi (Consorzio Mediterraneo) e Annamaria Ricci (4Form). A questi si affianca il socio sostenitore Aitr – Associazione Italiana Turismo Responsabile, rappresentata dal presidente Maurizio Davolio.

Nel corso della riunione, il consiglio ha eletto Paolo Pastore, che attualmente ricopre la carica di direttore di Fairtrade Italia, come nuovo presidente di Haliéus. Pastore ha preso il posto di Francesca Ottolenghi, ex presidente di Haliéus.

Con questo nuovo assetto, Haliéus conferma la volontà di essere un punto di riferimento per la cooperazione allo sviluppo, continuando a promuovere il modello cooperativo come leva per un futuro più equo e sostenibile.

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Pidocchi, mixozoi e minacce invisibili: il fronte parassiti nell’acquacoltura mondiale

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Pidocchi di mare, vermi intestinali, protozoi, cestodi, mixozoi. L’elenco dei parassiti che colpiscono i pesci allevati nei mari e nei fiumi di tutto il mondo è lungo e in costante aggiornamento. La convivenza tra acquacoltura intensiva e agenti patogeni ha superato da tempo la soglia dell’eccezione: oggi rappresenta una delle sfide strutturali per la sostenibilità sanitaria ed economica del comparto.

Il parassita dei pesci in Amazzonia, recentemente identificato da un team scientifico internazionale, si inserisce in questo scenario complesso. Si tratta di un mixozoo, un parassita microscopico ma potenzialmente devastante, già responsabile di importanti perdite in altre aree del pianeta. La novità? La sua sorprendente diffusione nei bacini amazzonici e la scoperta di inediti meccanismi di controllo genetico.

Mixozoi e infezioni emergenti: un rischio globale

A oggi, il salmone atlantico resta uno degli emblemi delle infezioni parassitarie con impatti economici diretti. In Norvegia e in Scozia, i pidocchi di mare (Lepeophtheirus salmonis) costano all’industria centinaia di milioni di euro l’anno. Allo stesso modo, negli Stati Uniti, alcune popolazioni di trota hanno visto crolli fino al 90% a causa di infezioni da Tetracapsuloides bryosalmonae, altro membro della famiglia dei mixozoi.

Nel bacino amazzonico, dove la biodiversità ittica è tra le più alte al mondo, gli scienziati hanno rilevato che oltre il 50% dei pesci campionati è portatore di questi parassiti. Non si tratta solo di un problema ambientale: l’acquacoltura brasiliana, in forte espansione, rischia ora di essere ostacolata da un nemico invisibile ma tenace.

Il lavoro congiunto del King’s College di Londra, dell’UNIFESP e di altre istituzioni scientifiche europee e sudamericane ha rivelato che questi mixozoi amazzonici utilizzano meccanismi epigenetici sofisticati per adattarsi all’ospite e all’ambiente. Un comportamento evolutivo che complica la diagnosi e rende la prevenzione una corsa contro il tempo.

L’epigenetica apre nuove vie alla prevenzione

I ricercatori hanno installato un laboratorio mobile su una barca nel cuore del bacino amazzonico, vicino alla confluenza dei fiumi Tapajós e Amazzoni. L’obiettivo: osservare i parassiti in situ, lungo tutto il ciclo di vita e in presenza di una varietà estrema di specie ospiti.

L’intuizione più promettente riguarda l’attivazione e la disattivazione di geni nei mixozoi in base alle condizioni ambientali. Questo meccanismo epigenetico, finora mai documentato in modo così chiaro, potrebbe diventare la chiave per lo sviluppo di vaccini genetici o trattamenti mirati.

Per i responsabili della sanità animale e della biosicurezza in acquacoltura, si tratta di un’opportunità concreta per anticipare le infezioni. L’adozione futura di protocolli basati sulla lettura dell’espressione genica dei parassiti potrebbe integrare gli attuali sistemi di sorveglianza e migliorare il benessere animale.

Implicazioni strategiche per la filiera europea

Se l’Amazzonia rappresenta un laboratorio naturale per lo studio dei parassiti, le implicazioni sono tutt’altro che remote per l’industria ittica europea. L’intensificarsi dei flussi commerciali, i cambiamenti climatici e la crescente pressione sugli impianti intensivi rendono i sistemi d’allevamento vulnerabili all’introduzione di nuovi patogeni.

Conoscere le dinamiche dei mixozoi e altri parassiti emergenti significa anticipare i rischi e proteggere il valore lungo tutta la filiera. La resilienza della produzione ittica passa anche da qui: dalla capacità di tradurre l’innovazione scientifica in strumenti operativi e misure preventive sostenibili.

Il parassita dei pesci in Amazzonia è solo l’ultima spia accesa su una vulnerabilità che il settore non può più ignorare. Investire in ricerca, aggiornare i protocolli e costruire filiere più consapevoli è una strategia di sopravvivenza, prima ancora che di crescita.

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