NOAA: 13 aree pronte a diventare hub per l’acquacoltura USA

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La recente decisione della NOAA di individuare nuove aree di acquacoltura negli Stati Uniti segna un passaggio destinato a incidere sul futuro dell’intero comparto ittico americano. Non si tratta solo di delimitare zone in mare aperto, ma di dare un indirizzo politico ed economico a un settore rimasto troppo a lungo ai margini rispetto al suo potenziale.

21 mila acri di mare

L’agenzia federale ha scelto due aree geografiche chiave: la California meridionale e il Golfo del Messico. Nel primo caso, 16.500 acri sono stati suddivisi in dieci aree, tra il Canale di Santa Barbara e la Baia di Santa Monica. Nel secondo, tre siti al largo del Texas aggiungono altri 4.500 acri. Nel complesso, oltre 21.000 acri di mare sono stati messi a disposizione per sviluppare allevamenti di molluschi, alghe e pesci.

Indagini ambientali

Non è un semplice ampliamento della capacità produttiva. La NOAA ha deciso di finanziare indagini ambientali preliminari per raccogliere dati di base che consentano agli operatori di muoversi su solide fondamenta scientifiche. È un approccio che coniuga programmazione economica e tutela degli ecosistemi, evitando l’improvvisazione che in passato ha spesso frenato la crescita di altri Paesi.

Il quadro politico

Il quadro politico è altrettanto significativo. Gli ordini esecutivi che negli ultimi anni hanno accompagnato il settore ittico statunitense, dal 2020 al più recente del 2025, non nascondono l’obiettivo di ridurre la dipendenza dalle importazioni. Gli Stati Uniti restano infatti al 20° posto nel mondo per produzione di acquacoltura marina, pur essendo leader nella ricerca e nella tecnologia. La contraddizione è evidente: ogni anno il Paese importa prodotti ittici d’allevamento per circa 15 miliardi di dollari, gran parte dei quali provenienti da aree con standard ambientali e sociali meno rigorosi.

Il tentativo della NOAA è quindi duplice: garantire prodotti locali certificati secondo regole chiare e, al tempo stesso, sostenere le comunità costiere con nuove opportunità di lavoro qualificato. L’acquacoltura diventa così non solo un segmento della blue economy, ma un tassello di politica industriale.

Sfide aperte

Restano tuttavia alcune sfide aperte. La competitività internazionale si gioca non soltanto sui volumi, ma anche sulla capacità di proporre modelli produttivi sostenibili e innovativi. Inoltre, il mercato interno dovrà essere pronto a valorizzare questi prodotti rispetto a un’offerta importata spesso più economica.

In prospettiva, le nuove aree di acquacoltura negli Stati Uniti rappresentano un banco di prova: se gestite con coerenza, potrebbero colmare il divario tra scienza e produzione, trasformando un comparto marginale in un pilastro della sicurezza alimentare nazionale.

L’individuazione di oltre 21.000 acri per l’acquacoltura conferma quindi la volontà americana di rafforzare produzione locale e sostenibilità. La sfida sarà tradurre questa visione in una filiera competitiva, capace di ridurre la dipendenza dalle importazioni senza perdere credibilità sul fronte ambientale.

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Pesca Mediterraneo e Mar Nero: l’UE prepara il terreno alle nuove regole 2026

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La proposta della Commissione europea sulle possibilità di pesca nel Mediterraneo e Mar Nero per il 2026 rappresenta un nuovo banco di prova per la sostenibilità della filiera e la capacità di tenere insieme interessi economici, scientifici e politici.

L’esecutivo comunitario intende proseguire lungo il percorso avviato con le dichiarazioni MedFish4Ever e Sofia, rafforzato dalla strategia CGPM 2030, che mira a trasformare la governance della pesca nella regione. La proposta si colloca in un contesto delicato: dal 2025 il piano pluriennale per gli stock demersali del Mediterraneo occidentale è entrato nella fase permanente, imponendo il rispetto degli intervalli di rendimento massimo sostenibile (MSY). Per il secondo anno consecutivo, Bruxelles punta a consolidare regole ormai strutturali come il controllo dello sforzo di pesca per strascico e palangaro, i limiti di cattura per i gamberi di profondità e l’applicazione del meccanismo di compensazione a favore dei pescherecci che adottano pratiche più selettive.

Nel Mediterraneo la proposta include l’attuazione delle misure già adottate nei diversi piani della CGPM, con un focus particolare su orata nera e gamberi di acque profonde, che verranno aggiornati dopo la sessione di novembre. Nell’Adriatico la continuità con i Piani di Gestione Integrata per stock demersali e piccoli pelagici segna il percorso verso livelli di sfruttamento sostenibili dal 2026. Nel Mar Nero, invece, restano confermati i limiti di cattura per spratto e rombo chiodato, con quest’ultimo gestito secondo le previsioni del piano di gestione regionale.

Il calendario politico non lascia spazio a ritardi: il Consiglio è chiamato a discutere e raggiungere un accordo politico l’11 e 12 dicembre, con l’obiettivo di rendere operativo il regolamento a partire dal 1° gennaio 2026. Una tempistica che non elimina i nodi aperti, dalla reale efficacia delle misure sui piccoli pelagici nel bacino adriatico fino alla difficoltà di garantire un equilibrio tra esigenze di mercato e conservazione delle risorse.

La portata multilaterale dell’intervento è chiara. La Commissione insiste sulla cooperazione con la CGPM, riconoscendo che il Mediterraneo e il Mar Nero non possono essere governati con un approccio esclusivamente nazionale. Tuttavia, la sfida rimane quella di conciliare interessi divergenti: da un lato la necessità di mantenere competitiva l’industria della pesca, dall’altro l’urgenza di proteggere stock ittici fragili e già soggetti a pressioni antropiche e climatiche.

In questo equilibrio instabile, la proposta per il 2026 si presenta come un passaggio cruciale. Non solo perché consolida la fase permanente dei piani pluriennali, ma soprattutto perché mette alla prova la capacità del settore e delle istituzioni di trasformare i principi della sostenibilità in prassi quotidiana.

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Lupo a Kadis, tutelare la pesca perché il pesce non diventi un bene di lusso

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“Le comunità costiere e di pescatori si sentono tradite dalla proposta della Commissione di ridurre i finanziamenti del nuovo bilancio pluriennale per la pesca.

Approviamo l’impegno del Commissario alla Pesca Costas Kadis ma chiediamo anche l’impegno di tutta la Commissione.

I cittadini europei non hanno bisogno di piccoli piani nazionali per la pesca ma di una grande politica europea della pesca con fondi adeguati.

Il pesce non può diventare un bene di lusso ma deve fare parte della sana alimentazione di tutte le famiglie europee e per questo è necessario garantire il lavoro sicuro dei pescatori.”

Lo ha detto Giuseppe Lupo, europarlamentare del Partito democratico e membro della commissione Pesca al PE, intervenendo oggi nel corso della riunione della Commissione Pesca alla quale ha partecipato il Commissario Europeo alla Pesca dell’UE Costas Kadis.

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OHissa: authentic seafood in every fillet

OHissa: authentic seafood in every fillet

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The sea holds a universe of stories, flavors and colors that have intertwined with human life for millennia. Preserving this richness in a product means capturing its soul without shortcuts, without compromise. This is the path chosen by OHissa, a brand devoted to returning seafood to its purest authenticity.

Tuna: the essence of the sea

The symbol of the range, OHissa Tuna, MSC (Marine Stewardship Council) certified, embodies the perfect balance between quality and craftsmanship. Fillets, frozen at -60°C immediately after catch, preserve their color, texture and flavor intact. Hand cutting ensures a variety of options, from the premium “Quore di Tonno” to practical cuts for versatile cooking. A naturally bright red, compact tuna that tells the story of the sea without artifices.

Albacore: the finesse of flavor

Less known yet appreciated by connoisseurs, OHissa Albacore stands out for its pearly, delicate flesh—ideal for refined recipes. Processed with the same artisanal care given to all OHissa products, this fish surprises with taste, lightness and digestibility, a gourmet choice for fine dining menus.

Salmon: the safety of selection

Among the most demanded species, OHissa Salmon stands apart for its absolute respect of raw material. No additives, no shortcuts—only hand-selected fish that retains its natural qualities. Versatile and safe, ASC (Aquaculture Stewardship Council) certified, it is the ideal choice for professional kitchens and premium foodservice.

Other treasures of the sea

Beyond these icons, OHissa also offers carefully selected species such as Amberjack, Mahi-Mahi and Swordfish, always marked by quality, naturalness and artisanal processing. Each species is chosen to deliver professional buyers safe, controlled and distinctive seafood.

A range for those who seek authenticity

The strength of OHissa lies not only in individual products but in a consistent philosophy built around naturalness, safety and sustainability—attested by IFS Food and Ecovadis certifications, along with MSC and ASC. Every fillet, every cut, every pack is designed to give wholesalers and buyers a real advantage: constant quality, optimal yield and an authentic story to share with their clients.

OHissa is more than a brand—it is a vision. Not just a portfolio of seafood references, but sea stories preserved in natural products, bringing to the table the safest freshness with the language of nature and the strength of craftsmanship.

Contacts
Email: informazioni@ohissa.it
Website: www.ohissa.it
LinkedIn: @Ohissa
Facebook: @Ohissa – For Professionals
Head office: Località La Torba, SS Aurelia Km 135, Capalbio (GR), Italy

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Negoziato UE–Thailandia: il capitolo tonno agita la filiera europea

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Il 29 settembre a Bruxelles prenderanno avvio i nuovi negoziati per l’accordo di libero scambio tra Unione europea e Thailandia. Per Bangkok, la produzione e l’export di tonno rappresentano una delle priorità del tavolo: il Paese è infatti il primo trasformatore ed esportatore mondiale di tonno in scatola, con circa 445.000 tonnellate esportate nel 2023 e un valore superiore ai 2 miliardi di dollari.

La decisione degli Stati Uniti di introdurre dazi fino al 19% sui prodotti ittici thailandesi ha reso ancora più strategico per Bangkok l’accesso al mercato europeo. Un eventuale ingresso agevolato metterebbe pressione a un comparto comunitario che già oggi fatica a reggere la competizione sul piano dei prezzi.

Le flotte europee del tonno operano nel rispetto di regole severe: sistemi di monitoraggio satellitare, osservatori scientifici a bordo, certificazioni ambientali e sociali riconosciute a livello internazionale. Standard che garantiscono trasparenza e sostenibilità, ma che comportano costi elevati. L’apertura ai prodotti thailandesi senza dazi rischierebbe di minare la tenuta di un settore che sostiene oltre 25.000 posti di lavoro diretti in Europa.

Non mancano criticità anche sul fronte della sicurezza alimentare e della tracciabilità. L’ultimo audit della Commissione europea, nel 2023, ha rilevato carenze strutturali nei controlli sanitari in Thailandia e una piena applicazione solo parziale delle convenzioni internazionali sul lavoro marittimo. A ciò si aggiunge la massiccia importazione da parte dell’industria thailandese di tonno intero da Paesi terzi con standard non sempre trasparenti.

Europêche, la principale organizzazione di rappresentanza della pesca europea, ha chiesto alla Commissione di escludere il tonno dall’accordo o, in alternativa, di introdurre regole di origine estremamente rigorose. In assenza di vincoli chiari, i prodotti thailandesi trasformati con materia prima di provenienza incerta rischierebbero di competere ad armi impari con le produzioni europee.

Il nodo politico resta la coerenza delle politiche comunitarie. Bruxelles innalza continuamente l’asticella normativa per le proprie flotte e imprese, imponendo nuovi obblighi in materia di sostenibilità, controlli e responsabilità sociale. Allo stesso tempo, valuta di concedere accesso agevolato a prodotti provenienti da sistemi produttivi che non rispettano gli stessi standard.

L’accordo di libero scambio tra Unione europea e Thailandia sarà un banco di prova cruciale. Il capitolo sul tonno non riguarda soltanto dazi e quote, ma il futuro della competitività europea, la tutela dell’occupazione e la credibilità di una politica che si vuole fondata sulla sostenibilità.

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