Daniela Borriello: “Una nuova rotta per la pesca mediterranea”

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A Bruxelles si è svolto un incontro cruciale per il futuro della pesca europea. Una delegazione di Coldiretti guidata dal presidente Ettore Prandini, con la partecipazione di Daniela Borriello, responsabile nazionale di Coldiretti Pesca, ha presentato al Commissario europeo alla Pesca, Costas Kadis, un decalogo di proposte per affrontare le sfide che oggi mettono sotto pressione il comparto.

La pesca nel Mediterraneo

La pesca nel Mediterraneo è chiamata a coniugare tre dimensioni spesso difficili da tenere insieme: sostenibilità ambientale, competitività economica e tenuta sociale delle comunità costiere. A questi nodi si aggiungono i tagli previsti dal nuovo Quadro Finanziario Pluriennale dell’Unione Europea, che rischiano di ridimensionare drasticamente le risorse disponibili, passando dagli oltre 6 miliardi di euro dell’attuale programmazione a circa 2 miliardi.

Coldiretti Pesca a Bruxelles

Coldiretti Pesca ha portato sul tavolo di Bruxelles proposte concrete: il sostegno al ricambio generazionale, la creazione dei “corridoi blu” per semplificare l’accesso dei lavoratori ai mestieri del mare, il rinnovo e la decarbonizzazione della flotta, una revisione del piano West Med basata su dati scientifici ed economici realistici, fino al progetto delle farm del tonno rosso Made in Italy, pensato per riportare in patria una fase strategica della filiera oggi esternalizzata.

Daniela Borriello responsabile nazionale di Coldiretti Pesca

Abbiamo chiesto a Daniela Borriello di entrare nel merito delle priorità affrontate a Bruxelles e delle prospettive che Coldiretti Pesca intende portare avanti a difesa del comparto.

Dopo l’incontro di Bruxelles, quali impegni concreti vi attendete dal Commissario Kadis oltre alla semplice disponibilità al dialogo?


L’incontro con il Commissario Kadis è stato positivo: abbiamo riscontrato apertura, disponibilità e volontà di confronto. Kadis ha manifestato l’intenzione di organizzare ulteriori appuntamenti di approfondimento sui temi che abbiamo presentato e ha apprezzato il fatto che alle criticità abbiamo associato proposte operative. Da entrambe le parti c’è l’impegno a proseguire il dialogo per trovare soluzioni condivise alle problematiche più urgenti della pesca e dell’acquacoltura.

Il ricambio generazionale è considerato vitale, ma oggi i giovani non scelgono la pesca. Quali leve possono davvero convincerli a investire il proprio futuro in questo settore?

La prima urgenza è ridurre la burocrazia, in particolare per quanto riguarda la direttiva sulla due diligence, che disciplina l’ingresso di operatori europei ed extraeuropei. Molte imbarcazioni restano ferme perché non si riescono a comporre gli equipaggi: aprire corridoi di ingresso regolari per lavoratori già formati nei Paesi nordafricani sarebbe un sostegno immediato. Parallelamente, per i giovani europei occorre creare percorsi formativi specifici già in età scolastica, così da facilitare l’accesso a una professione che offre sbocchi non solo nell’attività di pesca ma anche lungo l’intera filiera, che oggi richiede competenze qualificate e diversificate.

Il piano West Med, con regole uniformi per tutto il Mediterraneo, viene spesso accusato di penalizzare l’Italia. Può indicarci un esempio concreto e spiegare come cambierebbe con una gestione più calibrata?

Il Mediterraneo è un mare complesso e diversificato: applicare regole uniformi a tutte le aree non è realistico. Abbiamo proposto, ad esempio, di superare l’attuale sistema di calcolo delle giornate di pesca “per segmento” in favore di un approccio regionale e, in prospettiva, personalizzato per singola imbarcazione. Inoltre, chiediamo che la giornata di pesca venga conteggiata dal momento in cui si iniziano le attività effettive, e non dalla partenza dal porto. Per molte imbarcazioni italiane le ore di navigazione rappresentano una penalizzazione che, se corretta, permetterebbe di recuperare preziose giornate di lavoro.

Le farm del tonno rosso Made in Italy puntano a riportare nel nostro Paese una fase oggi esternalizzata. In termini pratici, cosa cambierebbe per pescatori, consumatori e mercati esteri?


La creazione di farm nel Mediterraneo genererebbe nuovi posti di lavoro per le comunità costiere e garantirebbe maggiore tracciabilità del prodotto. L’idea è di sviluppare impianti tecnologicamente avanzati e a basso impatto ambientale, con sistemi di alimentazione innovativi che migliorino la qualità delle carni. Il risultato sarebbe un tonno più vicino al gusto dei consumatori italiani ed europei, spesso distante dal prodotto destinato al mercato giapponese. In questo modo potremmo intercettare nuovi mercati interni e continentali, rafforzando il legame tra produzione, sostenibilità e occupazione.

Il nuovo bilancio UE riduce drasticamente i fondi per la pesca, da oltre 6 a circa 2 miliardi di euro. Qual è il rischio immediato per la flotta mediterranea e come intende Coldiretti reagire?


Un taglio di questa entità sarebbe devastante per la pesca e l’acquacoltura. È vero che potrebbero intervenire i fondi di coesione, ma si tratta di risorse destinate anche ad altri settori strategici come agricoltura, sanità e welfare. Considerata la dimensione relativamente ridotta del comparto pesca, sarebbe difficile ottenere quote sufficienti. Per questo Coldiretti si oppone con forza alla proposta della Commissione: abbiamo avviato una mobilitazione che proseguirà in tutte le sedi istituzionali, con l’obiettivo di riportare il bilancio almeno ai livelli attuali del FEAMPA, indispensabili per garantire crescita e competitività.

Una visione pragmatica e lungimirante

Dalle parole di Daniela Borriello emerge dunque una visione pragmatica e lungimirante: la pesca mediterranea ha bisogno di politiche europee calibrate sulle sue specificità, di strumenti concreti per favorire il ricambio generazionale e di risorse adeguate per accompagnare la flotta verso la sostenibilità. È una battaglia che riguarda non solo i pescatori, ma l’intera filiera e le comunità costiere, la cui sopravvivenza economica e culturale dipende da scelte politiche coraggiose e consapevoli.

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OHissa: il mare autentico in ogni filone

OHissa: il mare autentico in ogni filone

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Il mare racchiude un universo di storie, sapori e colori che si intrecciano da millenni con la vita dell’uomo. Custodire questa ricchezza in un prodotto significa conservarne l’anima, senza forzature, senza compromessi. È questa la strada scelta da OHissa, che da sempre lavora per restituire al pesce la sua autenticità più pura.

Tonno: l’essenza del mare

Simbolo della gamma, il Tonno OHissa, certificato MSC (Marine Stewardship Council), rappresenta l’equilibrio perfetto tra qualità e artigianalità. I filoni, ibernati a -60°C subito dopo la pesca, conservano intatti colore, consistenza e gusto. Il taglio manuale permette di offrire diverse referenze, dal più pregiato “Quore di Tonno” a tagli pensati per massimizzare praticità e versatilità in cucina. Un prodotto dal rosso vivo, compatto e naturale, che racconta il mare senza artifici.

Alalunga: la finezza del gusto

Meno noto ma apprezzato dagli intenditori, l’Alalunga OHissa si distingue per carni color madreperla e delicate, ideali per preparazioni raffinate. Lavorato con la stessa cura sartoriale dedicata agli altri prodotti OHissa, è un pesce che sorprende per gusto, leggerezza e digeribilità: perfetto per chi cerca una proposta gourmet da inserire in carta.

Salmone: la sicurezza della selezione

Tra i prodotti più richiesti del mercato, il Salmone OHissa si differenzia per il rispetto assoluto della materia prima. Nessun additivo, nessuna forzatura: solo un pesce selezionato e lavorato a mano, che mantiene le sue caratteristiche originarie. Versatile e sicuro, certificato ASC (Aquaculture Stewardship Council), è la scelta ideale per cucine professionali e ristorazione di alto livello.

Altri tesori del mare

Accanto ai grandi protagonisti, OHissa propone altre referenze attentamente selezionate, sempre nel segno della qualità, della naturalità e della lavorazione manuale. Ogni specie, tra cui Ricciola, Lampuga e Pesce Spada, è scelta per offrire al cliente professionale un prodotto sicuro, controllato e capace di distinguersi sul mercato.

Una gamma per chi cerca autenticità

La forza di OHissa non risiede soltanto nei singoli prodotti, ma nella coerenza di una gamma che mette al centro la naturalità, la sicurezza e la sostenibilità, elementi attestati da certificazioni IFS Food ed Ecovadis, oltre a MSC e ASC già menzionate. Ogni filone, ogni taglio, ogni confezione è pensata per garantire al grossista e al buyer un vantaggio reale: qualità costante, resa ottimale e un racconto autentico da proporre ai propri clienti.
OHissa non è solo un marchio: è una visione. Non un semplice portfolio di referenze di pesce, ma storie di mare racchiuse in prodotti al naturale, capaci di portare sulle tavole la freschezza più sicura, con il linguaggio della natura e la forza dell’artigianalità.

Contatti
e-mail: informazioni@ohissa.it
Sito: www.ohissa.it
LinkedIn: @Ohissa
Facebook: @Ohissa – For Professionals
Sede operativa: Località La Torba, SS Aurelia Km 135, Capalbio (GR)

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Italy imports 75% of its fish: API raises alarm

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The data from API is clear: 75% of fish in Italy is imported, with a market value reaching around €4 billion. According to Andrea Fabris, Director of the Italian Fish Farmers Association (API), this dependency highlights the urgent need to strengthen domestic production and increase consumer awareness about the origin of fish.

Although Italy is the largest consumer of seafood in Europe, API stresses that current domestic output is not sufficient to close the gap with imports. In Friuli Venezia Giulia, a leading region in trout farming, Friuli smoked trout stands out as a territorial excellence: in Udine, during Friuli Doc, guided tastings sold out, proving that quality and local identity can make a difference.

Fabris points out that trout production in Italy amounts to about 30,000 tons per year, a significant figure but still limited compared to the sector’s potential. For API, it is crucial that operators and institutions support initiatives to enhance local products, simplify regulations, and encourage investments.

The association also calls on consumers: read labels carefully, ask about provenance in restaurants, and choose local products whenever possible. These are actions that can help reshape the market structure. The fact that 75% of fish in Italy is imported is not just a statistic—it is a warning bell that affects production systems, politics, and the daily choices of buyers.

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Operazione marittima nell’Adriatico: EFCA coordina l’operazione con Italia, Croazia e Slovenia

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È stata avviata in questi giorni l’Operazione Marittima Multifunzionale (MMO) nell’Adriatico, iniziativa coordinata dall’Agenzia Europea di Controllo della Pesca (EFCA) che segna un ulteriore passo avanti nella cooperazione tra Italia, Croazia e Slovenia per la sicurezza marittima e la tutela delle risorse.

L’operazione, inaugurata a Bari alla presenza della direttrice esecutiva dell’EFCA Susan Steele, coinvolge anche l’Agenzia Europea per la Sicurezza Marittima (EMSA) e Frontex, in un modello di collaborazione che unisce controllo della pesca, sorveglianza ambientale e gestione condivisa delle emergenze in mare.

Il cuore dell’attività è duplice: da un lato garantire maggiore assistenza tecnica e operativa agli Stati membri, dall’altro consolidare la capacità di risposta coordinata di fronte a minacce potenziali, che spaziano dall’inquinamento alla pesca illegale. L’EFCA mette a disposizione la nave Ocean Sentinel, un velivolo ad ala fissa e sistemi di monitoraggio, mentre l’EMSA contribuisce con droni RPAS, attrezzature antinquinamento e immagini satellitari. Frontex, invece, sostiene la Croazia con risorse tecniche e umane, oltre a potenziare lo scambio di dati attraverso la piattaforma EUROSUR.

Il Centro di coordinamento dell’operazione è attivo presso la sede EFCA di Vigo, in Spagna, con collegamenti virtuali che permettono a tutte le autorità di mantenere un quadro operativo aggiornato. Nel programma rientrano anche le esercitazioni SARex/POLex 2025, dedicate a ricerca, soccorso e risposta a incidenti di inquinamento, che si svolgeranno al largo di Dubrovnik.

Ricadute per il settore ittico

Per il settore ittico, l’impatto di questa iniziativa va oltre il piano della sicurezza marittima. Un controllo più efficace significa maggiore garanzia di legalità per chi opera nel rispetto delle regole, valorizzazione delle risorse comuni e tutela di ecosistemi fragili come l’Adriatico. Rafforzare la collaborazione tra autorità costiere e agenzie europee vuol dire anche offrire un ambiente competitivo più equilibrato alle imprese della filiera.

La continuità delle operazioni marittime multifunzionali negli ultimi anni dimostra come la cooperazione sovranazionale non sia più una fase sperimentale, ma una modalità operativa consolidata che unisce interessi economici, ambientali e di sicurezza.

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Entra in vigore il Trattato sull’Alto Mare: l’appello della DSCC contro pratiche distruttive

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Un comunicato stampa firmato il 20 settembre dalla Deep Sea Conservation Coalition (DSCC) annuncia che il Trattato sull’Alto Mare ha raggiunto le ratifiche necessarie — 60 Stati — e che entrerà in vigore il 17 gennaio 2026. La DSCC accoglie l’avvenimento come un risultato storico ma richiama immediatamente all’azione concreta, per proteggere la biodiversità oltre le giurisdizioni nazionali.

Sian Owen

Sian Owen, direttrice esecutiva della DSCC, ha sottolineato che si tratta di “un traguardo senza precedenti per la protezione globale degli oceani” e che adesso “i governi devono trasformare l’ambizione in azione urgente, proteggendo anche le profondità marine, ecosistemi fragili che sostengono la vita sul pianeta”.

Bronwen Golder

Il comunicato richiama con forza i rischi legati alla pesca a strascico di profondità, che devasta i monti sottomarini trasformando habitat ricchi di biodiversità in distese di macerie. “La pesca commerciale a strascico riduce i seamounts, veri e propri hotspot di biodiversità, a cumuli di detriti. Gli Stati devono portare l’ambizione del Trattato all’interno delle organizzazioni regionali di gestione della pesca e proteggere integralmente questi ecosistemi dalle pratiche distruttive”, ha dichiarato Bronwen Golder, responsabile della campagna globale della DSCC sui seamounts.

Sofia Tsenikli

Un altro punto critico evidenziato dalla Coalizione è il deep-sea mining, un’industria emergente che, se autorizzata, potrebbe compromettere irreversibilmente gli ecosistemi degli abissi. Sofia Tsenikli, direttrice della campagna DSCC per una moratoria contro le miniere marine, ha ricordato che “il Trattato dimostra cosa si può ottenere quando i Paesi collaborano, ma questo progresso sarebbe vanificato se venisse dato il via all’estrazione mineraria in mare profondo”.

BBNJ Agreement

Il Trattato sull’Alto Mare, noto anche come BBNJ Agreement, rappresenta dunque un punto di svolta per la governance internazionale degli oceani. Per il settore ittico globale si prospettano conseguenze rilevanti: nuove aree marine protette, standard ambientali più severi, possibili limitazioni sulle tecniche di cattura più impattanti e obblighi crescenti di tracciabilità.

Il comunicato della DSCC lega l’entrata in vigore del Trattato sull’Alto Mare alla necessità di decisioni coraggiose e coerenti, capaci di trasformare un successo diplomatico in misure efficaci. Per la filiera ittica, il 2026 segnerà l’inizio di una fase in cui sostenibilità e competitività dovranno convivere in equilibrio.

 

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