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Ottobre conferma la forza industriale e strategica della Norvegia nel mercato globale dei prodotti ittici. Con un valore complessivo di 18,3 miliardi di NOK, le esportazioni ittiche norvegesi registrano un lieve calo dell’1% rispetto allo stesso mese del 2024, ma restano il secondo miglior risultato di sempre. Dietro la flessione apparente si nasconde una trasformazione profonda: i pelagici arretrano, ma il salmone conquista nuovi massimi storici, compensando quasi interamente le perdite e ridefinendo la mappa dei flussi mondiali.

Il peso crescente dell’Asia e la frenata degli Stati Uniti

La geografia dell’export norvegese sta cambiando con rapidità. Gli Stati Uniti, che nel primo trimestre dell’anno avevano assorbito l’11,5% del valore totale del salmone norvegese, scendono oggi all’8%. I dazi doganali e una concorrenza più aggressiva stanno rallentando la crescita in un mercato fino a poco tempo fa dominante.
Allo stesso tempo, l’Asia si conferma l’area più dinamica: la quota di salmone esportato verso il continente è passata dal 17% al 20% nel giro di dodici mesi. La Cina guida questa espansione, con un incremento del 92% in valore e del 99% in volume rispetto a ottobre 2024. Seguono Giappone, Thailandia e Taiwan, tutti in forte accelerazione. È la prova tangibile di un riorientamento strutturale: la Norvegia guarda sempre più a Est.

Il trionfo del salmone: 12,6 miliardi di NOK in un solo mese

Il salmone resta il motore dell’economia ittica norvegese e ottobre ne sancisce la supremazia. Con 148.729 tonnellate esportate per un valore di 12,6 miliardi di NOK, il comparto segna un record assoluto, superando il precedente primato di novembre 2024. La crescita in valore è del 7%, quella in volume del 4%.
Polonia, Stati Uniti e Francia restano i tre principali mercati, ma il baricentro produttivo si sposta: il polo polacco consolida il suo ruolo di piattaforma di trasformazione e riesportazione verso l’Europa continentale. L’Asia, invece, diventa un mercato diretto, sempre più recettivo verso i tagli premium e i formati refrigerati.

Baccalà e merluzzo: valori record, strategie in evoluzione

Il baccalà vive una stagione d’oro. Ottobre segna il più alto valore di esportazioni mai registrato: 959 milioni di NOK, +19% rispetto allo scorso anno, nonostante un calo dei volumi del 12%. Portogallo, Brasile e Congo-Brazzaville trainano la domanda, ma anche l’Italia, storico mercato dello stoccafisso, conferma la ripresa dei consumi.
Il merluzzo fresco, sia selvatico che d’allevamento, mostra un vigoroso incremento: +73% in valore e +46% in volume. Le esportazioni verso la Polonia crescono in modo esponenziale, segno di una filiera che continua a ruotare attorno alla trasformazione e alla riesportazione.

Pelagici in crisi: sgombro e aringa trascinano il calo

Il rovescio della medaglia arriva dai pelagici. Lo sgombro, da sempre colonna dell’export norvegese, crolla del 71% nei volumi e del 47% nel valore, con solo 27.150 tonnellate spedite per 1,3 miliardi di NOK. La stagione si è fermata già a metà settembre, molto prima del previsto.
L’aringa segna il peggior ottobre dal 2015: -38% nei volumi e -28% nel valore. Le cause sono stagionali ma anche strutturali. L’avvio tardivo della pesca e l’instabilità delle quote assegnate hanno compresso la disponibilità. Tuttavia, il Norwegian Seafood Council prevede una ripresa nei mesi successivi, grazie a una quota più ampia e a buoni sbarchi registrati a fine mese.

Trota e crostacei: nuove nicchie di valore

La trota supera per la prima volta, da un anno, il prezzo medio del salmone intero fresco, toccando 80,09 NOK al chilo. Gli Stati Uniti, la Polonia e l’Ucraina restano i principali sbocchi, ma è la Polonia a segnare la crescita più forte, con un +295% in valore.
Il granchio reale, invece, conferma la centralità del mercato statunitense, che assorbe gran parte delle esportazioni di prodotto congelato. L’aumento delle vendite in Canada e Italia dimostra come il segmento dei crostacei premium resti solido, anche in un contesto di minori sbarchi. La grancevola artica segna un +942% in valore, segnale di un mercato di nicchia che sta prendendo forma.

Un bilancio positivo nel lungo periodo

Da gennaio a ottobre 2025, la Norvegia ha esportato prodotti ittici per 149 miliardi di NOK, con un incremento del 4,2% rispetto allo stesso periodo del 2024. In dieci mesi il Paese ha guadagnato 6 miliardi di NOK in valore, trainato da salmone (+2,4 miliardi), granchio artico (+884 milioni), trota (+667 milioni) e merluzzo (+522 milioni).
Il quadro complessivo conferma una resilienza strutturale: la Norvegia continua a crescere in valore anche quando le quantità calano. È l’effetto combinato di un posizionamento premium, di una logistica efficiente e di un marketing internazionale che resta un modello per l’intera industria del seafood.

Implicazioni per la filiera europea

Per i buyer e i trasformatori del mercato europeo, i dati norvegesi rappresentano più di una statistica. Segnalano dove si muove la domanda globale e quali specie guideranno i prezzi nel 2026. Il calo dei pelagici avrà effetti diretti sulle disponibilità per le conserve e per l’industria del marinating, mentre l’ascesa del salmone in Asia potrebbe modificare gli equilibri di prezzo sul fresco destinato alla GDO.
La competitività del baccalà e del merluzzo, invece, apre spazi di margine per chi sa differenziare prodotto e destinazione. In sintesi: la Norvegia continua a dettare il ritmo dell’economia ittica mondiale. Chi opera nel Mediterraneo deve leggerne ogni segnale come un anticipo di scenario.

L’articolo Norvegia, il salmone spinge le esportazioni: ottobre da record nonostante il calo generale proviene da Pesceinrete.

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