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I dati globali più recenti confermano un’accelerazione senza precedenti del riscaldamento degli oceani, con un 2023 che ha segnato il record storico per estensione e durata delle ondate di calore marine. Secondo analisi scientifiche pubblicate ad agosto 2025, il 96% della superficie oceanica ha subito episodi di temperatura anomala, in molti casi protrattisi per oltre 500 giorni consecutivi. Un fenomeno che non si limita alla statistica: sta già ridisegnando le dinamiche degli ecosistemi marini e della filiera ittica.

L’impatto più immediato è sugli habitat sensibili. Le barriere coralline, già compromesse dall’acidificazione, subiscono ulteriori stress termici, con riduzione della copertura corallina e perdita di biodiversità. Nei mari temperati e freddi, lo spostamento verso nord di alcune specie ittiche modifica gli equilibri delle catene alimentari e altera le aree di pesca tradizionali. Questo processo, seppur graduale, comporta ricadute economiche per flotte costrette ad adattare rotte, attrezzi e strategie di sbarco.

Il riscaldamento degli oceani incide anche sulla produttività degli allevamenti marini. L’aumento delle temperature favorisce la proliferazione di patogeni e parassiti, riduce l’ossigenazione delle acque e accelera i processi di eutrofizzazione in bacini chiusi o semi-chiusi come il Mediterraneo. Ciò implica un incremento dei costi di gestione e la necessità di tecnologie di monitoraggio più avanzate per salvaguardare la qualità e la resa.

Sul piano macroeconomico, le anomalie termiche possono influenzare i mercati ittici globali, incidendo sulla disponibilità di materia prima, sui prezzi e sulle catene di approvvigionamento. Settori come la pesca pelagica o l’acquacoltura di specie sensibili diventano più esposti a fluttuazioni di offerta e domanda, con impatti differenziati tra aree geografiche.

La comunità scientifica avverte che il riscaldamento degli oceani potrebbe avvicinarsi a una soglia critica di irreversibilità, nota come tipping point climatico. Senza un’azione coordinata che includa mitigazione delle emissioni, gestione adattativa della pesca e investimenti in resilienza produttiva, le conseguenze potrebbero essere profonde e durature per il settore.

Il 2023 ha lanciato un segnale d’allarme per la pesca e l’acquacoltura globali: il riscaldamento degli oceani non è un fenomeno lontano, ma una realtà che già incide sulle risorse, sugli ecosistemi e sulle economie costiere. Affrontarlo richiede un approccio integrato, in cui scienza, industria e istituzioni collaborino per garantire la sostenibilità futura.

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L’articolo Oceani bollenti: allarme per la sopravvivenza delle risorse ittiche proviene da Pesceinrete.

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