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Il riscaldamento degli oceani sta riducendo la capacità del mare di assorbire anidride carbonica, una funzione vitale che per decenni ha attenuato gli effetti del cambiamento climatico.
Secondo il rapporto 10 New Insights in Climate Science 2025, il più grande pozzo di carbonio della Terra mostra chiari segni di cedimento. Gli oceani, che hanno assorbito quasi un terzo delle emissioni prodotte dalle attività umane, stanno trattenendo meno CO₂ man mano che la temperatura dell’acqua aumenta. Questo fenomeno mina il loro ruolo di stabilizzatori climatici e amplifica la frequenza e l’intensità delle ondate di calore marine.
Un equilibrio fragile tra vita marina e attività umane
Le conseguenze del riscaldamento degli oceani sulla pesca sono già visibili. Le ondate di calore prolungate distruggono foreste di alghe, indeboliscono le barriere coralline e alterano gli habitat costieri.
Nel Mediterraneo, le acque più calde spingono molte specie tradizionali verso nord e favoriscono la presenza di pesci tropicali. Questi spostamenti modificano le stagioni di pesca, i rendimenti e la sostenibilità delle catture. Le comunità costiere, da sempre legate a un equilibrio biologico e culturale preciso, si trovano oggi a fronteggiare una trasformazione profonda, con effetti economici e sociali difficili da prevedere.
Le marinerie si adattano, ma la velocità del cambiamento rischia di superare la loro capacità di risposta.
Il limite della natura e la sfida della politica
Gli scienziati che hanno contribuito al rapporto — oltre settanta esperti di ventuno paesi — invitano a non affidarsi più solo ai sistemi naturali per assorbire il carbonio.
Foreste, suoli e mari mostrano segni di esaurimento. È necessario intervenire con una riduzione drastica delle emissioni e con nuove tecnologie di cattura del carbonio, applicate in modo responsabile e trasparente.
La COP30, che si terrà dal 10 al 21 novembre 2025 a Belém (Amazzonia), sarà chiamata a trasformare gli allarmi della scienza in azioni concrete. L’oceano, cuore pulsante del clima globale, non può più essere considerato una risorsa inesauribile.
Le politiche sulla pesca e quelle climatiche devono integrarsi: tutelare gli ecosistemi marini significa anche proteggere i mezzi di sussistenza di milioni di persone.
Adattarsi per sopravvivere
La scienza offre oggi strumenti per anticipare gli effetti del riscaldamento marino. Le previsioni sulle ondate di calore possono aiutare la filiera ittica a reagire in tempo, proteggendo gli allevamenti, diversificando la produzione e pianificando in modo sostenibile.
L’intero comparto è chiamato a un salto di consapevolezza. Non basta più limitare l’impatto ambientale: occorre partecipare attivamente alla mitigazione. Ridurre le emissioni legate alla catena del freddo, innovare nei sistemi di allevamento e favorire il ripopolamento marino sono passi essenziali.
Il futuro della pesca dipenderà dalla capacità di adattarsi a un oceano che cambia, senza rinunciare alla sua ricchezza ma imparando a custodirla.
L’articolo Oceani sotto pressione: meno carbonio assorbito, più rischi per la pesca proviene da Pesceinrete.
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