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Nei porti siciliani il rientro dei pescherecci al termine delle campagne di pesca è un momento sospeso tra fatica e silenzio. Chi lavora a bordo ascolta non solo il rumore delle onde infrante dalla prua, ma anche le proprie riflessioni, una su tutte la preoccupazione per il futuro del loro mestiere: stock sempre più ridotti, normative stringenti, costi del carburante in aumento e mercati incerti rendono ogni uscita in mare una sfida sempre più ardua.
La pesca tradizionale resta una cultura antica, un filo che lega generazioni al Mediterraneo, ma le sfide odierne invitano a pensare a strategie nuove e sostenibili. È qui che potrebbe entrare in gioco la maricoltura come alleata naturale della pesca.
Pesca e maricoltura sono mondi diversi, ma con sorprendenti analogie: entrambe richiedono conoscenza del mare, pazienza, rispetto dei cicli naturali e cura degli esseri viventi. Chi pesca sa leggere le correnti e le stagioni, chi alleva deve conoscere temperatura, qualità dell’acqua e nutrizione degli organismi. In entrambi i casi, il legame con il pesce resta al centro.
In Sicilia, sempre più si guarda con interesse alla possibilità di integrare piccoli sistemi di allevamento costiero nella propria attività, non per sostituire la pesca, ma per ridurre la pressione sulle risorse naturali e creare stabilità economica, senza perdere il contatto con la tradizione marina.
Secondo la FAO, oltre la metà del pesce consumato a livello mondiale proviene oggi da acquacoltura/maricoltura, un dato che evidenzia quanto questo settore sia ormai centrale per la sicurezza alimentare globale. Oggi non si parla più di sistemi intensivi e inquinanti come in passato: la tecnologia moderna, i mangimi sostenibili e la gestione dei cicli larvali hanno reso l’allevamento più rispettoso dell’ambiente.
In termini concettuali, la maricoltura offre strumenti utili per alleggerire lo sforzo della pesca sulle popolazioni naturali, mentre la stessa attività estrattiva continua a custodire il patrimonio biologico, culturale e sociale del Mediterraneo.
La complementarità tra pesca e allevamento in mare apre nuove opportunità senza snaturare la tradizione. Si tratta di un cambio di prospettiva: dalla fatica del mare aperto alla cura di un ecosistema controllato, sempre con lo sguardo rivolto al mare. Un gesto che mantiene il romanticismo del contatto con l’acqua, la salsedine sulle mani e la conoscenza dei ritmi biologici, pur offrendo strumenti nuovi e sostenibili.
In questa nuova visione l’allevamento affianca la pesca, la sostiene, ne prolunga la storia. Offre stabilità economica permettendo di compensare periodi di catture scarse o stagioni difficili, mantiene viva la filiera. Favorisce la sperimentazione controllata di nuove tecniche e alimentazioni sostenibili, genera conoscenza scientifica utile anche alla gestione degli stock naturali, e consente di produrre cibo con minori sprechi e impatto ambientale rispetto alla pesca intensiva.
Il futuro della pesca e della maricoltura sta nel prendersene cura insieme, senza rincorrere quantità, ma valorizzando conoscenza, innovazione, sostenibilità e tradizione, costruendo un modello in cui economia, cultura e ambiente marino coesistono in armonia
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