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La situazione che sta vivendo la marineria di Sciacca è il simbolo della profonda crisi della pesca siciliana, denunciata in questi giorni da Confcommercio Agrigento come uno dei momenti più difficili degli ultimi anni. Le imprese della filiera si trovano strette tra provvedimenti nazionali e regionali che limitano l’attività e la mancanza di un quadro uniforme di regole nel Mediterraneo, dove flotte straniere continuano a operare senza le stesse restrizioni.
Il divieto imposto dal Masaf sulla cattura del gambero rosso dal 7 agosto al 5 settembre ha colpito duramente le marinerie siciliane e l’indotto commerciale. Una misura che, secondo il presidente di Confcommercio Agrigento Giuseppe Caruana e il presidente dell’associazione commercianti ittici Antonino Lo Bue, non ha trovato un corrispettivo equilibrio a livello internazionale: mentre i pescherecci siciliani restano fermi, barche provenienti da altri Paesi continuano a sfruttare la risorsa, generando un effetto distorsivo sul mercato.
Ad aggravare ulteriormente il quadro arriva l’anticipo al primo settembre del fermo biologico. Una scelta che, pur motivata dalla necessità di tutelare gli stock ittici, di fatto paralizza anche la parte commerciale della filiera. Senza sostegni economici concreti, centinaia di imprese rischiano di rimanere senza lavoro proprio nei mesi cruciali per la sostenibilità economica delle famiglie.
La denuncia di Confcommercio è chiara: la crisi della pesca siciliana non può essere affrontata solo con divieti unilaterali. L’associazione chiede al presidente della Regione Renato Schifani e alle istituzioni nazionali ed europee di attivarsi subito, garantendo indennizzi per le imprese coinvolte e aprendo la strada a veri accordi bilaterali che stabiliscano regole uniformi nel Mediterraneo.
In una lettera inviata al governatore, l’associazione ha sottolineato che il 2025 potrebbe diventare l’anno più drammatico per il comparto. “Non è accettabile – affermano Caruana e Lo Bue – che il Mediterraneo sia sfruttato da tutti ma tutelato solo da alcuni. La politica deve assumersi le proprie responsabilità e agire subito”.
La crisi non riguarda soltanto Sciacca: investe tutte le marinerie siciliane e rischia di travolgere l’intera catena del valore, dai produttori agli operatori commerciali. Per molti, il nodo centrale resta la mancanza di una politica mediterranea condivisa che impedisca squilibri competitivi e garantisca la sopravvivenza di un settore che in Sicilia ha ancora un forte peso sociale ed economico.
La crisi della pesca siciliana richiede risposte immediate. Senza misure concrete e accordi multilaterali, le imprese rischiano di pagare un prezzo insostenibile, mentre la concorrenza estera continua a operare senza vincoli.
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