Mese: Aprile 2025 Pagina 1 di 19

Specie aliene nei mari italiani

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Specie aliene nei mari italiani – Il Mediterraneo sta cambiando, e lo sta facendo in silenzio. Qualche giorno fa, nelle acque della Sicilia sudorientale è stato catturato un nuovo esemplare di Pesce Palla Maculato (Lagocephalus sceleratus), una delle specie aliene più pericolose e discusse degli ultimi anni.
La segnalazione arriva da Francesco Tiralongo, Direttore scientifico del progetto AlienFish, dedicato al monitoraggio delle specie aliene e rare nei mari italiani.

Il Lagocephalus sceleratus, originario delle regioni tropicali dell’Indo-Pacifico, è giunto nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez, nell’ambito del fenomeno noto come migrazione lessepsiana. Dal suo primo avvistamento nei nostri mari, questa specie si è diffusa rapidamente, dimostrando un’elevata capacità di adattamento e rappresentando una seria minaccia per gli ecosistemi locali.

Ma il pesce palla maculato è solo uno dei tanti protagonisti di una trasformazione più ampia: il Mediterraneo sta infatti vivendo un processo di tropicalizzazione, in cui l’aumento delle temperature e l’apertura artificiale di nuove vie migratorie favoriscono l’ingresso e l’insediamento di specie aliene.

Tra queste, oltre al Lagocephalus sceleratus, si registrano il Pesce Flauto (Fistularia commersonii), il Monacanto Reticolato (Stephanolepis diaspros), il pericoloso Pesce Scorpione (Pterois miles) il granchio blu.
Alcune sono innocue o persino commestibili, ma altre, come il pesce palla maculato, rappresentano un pericolo concreto: la sua carne contiene tetrodotossina, una potente neurotossina letale per l’uomo.

Le specie aliene modificano profondamente gli equilibri biologici dei nostri mari: competono con le specie autoctone per il cibo e lo spazio, possono introdurre nuove malattie e alterare la struttura delle reti trofiche marine. A livello economico, gli impatti sono già visibili: settori fondamentali come la pesca artigianale e la piccola pesca costiera sono esposti a rischi crescenti, sia per la riduzione delle risorse tradizionali, sia per l’aumento di specie invendibili o dannose.

Da oltre un decennio, progetti come AlienFish stanno costruendo una rete di monitoraggio e sensibilizzazione in collaborazione con pescatori, subacquei e appassionati del mare.
“AlienFish accoglie nuove collaborazioni e segnalazioni. – Scrive Francesco Tiralongo nel suo post – Contribuire alla conoscenza scientifica è il primo passo per una gestione più consapevole della biodiversità marina.”

Un video divulgativo pubblicato sulla pagina YouTube di Ichthyo approfondisce proprio le caratteristiche del Lagocephalus sceleratus e i rischi legati alla sua diffusione.

Specie aliene nei mari italiani

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Panama prende di mira i proprietari “invisibili” nella lotta contro la pesca illegale

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Panama prende di mira i proprietari “invisibili” nella lotta contro la pesca illegale – Il governo di Panama ha rafforzato il suo impegno per un futuro oceanico trasparente e sostenibile, annunciando nuovi sforzi per contrastare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN).

L’annuncio, fatto durante la conferenza Our Ocean, tenutasi a Busan, nella Repubblica di Corea , mette in luce l’ambizione di Panama di stabilire registri di proprietà delle navi più chiari e accessibili attraverso il miglioramento dei processi di raccolta e digitalizzazione dei dati. In questo modo, Panama sta compiendo passi fondamentali verso la trasparenza della proprietà effettiva finale (UBO) e per garantire una maggiore responsabilità della sua flotta e una migliore governance degli oceani.

La proprietà effettiva finale – la capacità di identificare i veri individui che traggono profitto dalle attività di pesca – è un pilastro fondamentale di una governance oceanica efficace e trasparente. È particolarmente importante per il raggiungimento dei nostri obiettivi di sostenibilità oceanica. Tuttavia, la mancanza di trasparenza in materia di proprietà effettiva finale sta attualmente compromettendo gli sforzi globali per una gestione sostenibile ed equa delle risorse marine. In effetti, questo è uno dei motivi per cui la proprietà effettiva finale è un pilastro fondamentale della Carta per la Trasparenza Globale della Coalizione per la Trasparenza della Pesca.

Senza accesso alle informazioni sui titolari effettivi di pesca, gli Stati di bandiera spesso non sono in grado di sanzionare efficacemente la persona o le persone che effettivamente beneficiano della violazione delle leggi sulla pesca, in particolare quando le imbarcazioni operano attraverso strutture societarie poco trasparenti. Ciò consente ad attori senza scrupoli di eludere le responsabilità, minacciare la biodiversità marina e avere un impatto negativo sui mezzi di sussistenza dei pescatori che rispettano le regole. Peggio ancora, l’applicazione delle norme spesso colpisce gli equipaggi e gli operatori delle imbarcazioni anziché i veri beneficiari, perpetuando cicli di sfruttamento senza affrontarne le cause profonde.

Grazie alla sua rinnovata ambizione, Panama ha segnalato di essere impegnata a rafforzare la due diligence verificando la proprietà delle navi e rivedendo le informazioni relative al titolare effettivo di licenza (UBO) nell’ambito delle procedure di concessione delle licenze. Standardizzando e automatizzando questi processi e allineandosi alle migliori pratiche internazionali, Panama sta inaugurando una nuova era di responsabilità in un momento cruciale.

Ma l’impegno di Panama non è solo una buona notizia per il Paese stesso: è un esempio lampante di buona governance degli oceani anche per altri Paesi.

In vista della prossima Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani (UNOC) di giugno, gli Stati membri hanno l’opportunità di seguire l’esempio di Panama e guidare una rivoluzione della trasparenza nella governance degli oceani. Integrando i requisiti relativi ai diritti di pesca fuori bilancio (UBO) nella legislazione nazionale e negli accordi internazionali, la comunità globale può compiere un passo decisivo verso la fine della pesca INN e garantire un uso equo e sostenibile delle risorse dei nostri oceani.

Panama prende di mira i proprietari “invisibili” nella lotta contro la pesca illegale

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Adriatico: migliorare la sostenibilità a lungo termine di pesca e acquacoltura

Adriatico: migliorare la sostenibilità a lungo termine di pesca e acquacoltura

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Adriatico: migliorare la sostenibilità a lungo termine di pesca e acquacoltura  – Questo mese entreranno in vigore le 17 decisioni adottate dalla Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (CGPM) dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) durante la sua ultima sessione annuale. Con le sue decisioni, la CGPM promuove lo sviluppo, la conservazione e la gestione sostenibile delle risorse marine viventi e contribuisce allo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura nel Mediterraneo e nel Mar Nero.

Alcune tra le decisioni più importanti di quest’anno riguardano il Mare Adriatico: l’imposizione di limiti di cattura annuali per singole specie nel caso di piccoli pelagici, l’introduzione di una nuova zona di restrizione della pesca (FRA) e l’adozione di misure volte a rafforzare la gestione delle principali specie demersali chiave.

Una gestione della pesca più efficace

Compreso tra sei paesi, il Mare Adriatico è la più piccola tra le quattro sottoregioni mediterranee poste sotto la supervisione della CGPM. Pur essendo una zona ricca dal punto di vista ecologico e biologico, non è esente da criticità come la pesca eccessiva, il degrado degli habitat e i cambiamenti climatici.
La CGPM ha avuto un ruolo cruciale nella gestione della pesca nell’Adriatico, grazie alla realizzazione di molteplici azioni, tra cui l’esecuzione di studi di ricerca scientifica e valutazione degli stock ittici, l’adozione di piani di gestione pluriennali e la creazione di zone di restrizione della pesca.

Il primo piano di gestione della CGPM, adottato nel 2013, riguardava l’acciuga e la sardina, due specie fondamentali sia per l’industria della pesca che per l’ecosistema dell’Adriatico. Oggi, entrambe queste specie pelagiche tornano al centro dell’attenzione. Dopo un processo di valutazione della strategia di gestione condotto consultando varie parti interessate, la CGPM ha adottato, per la prima volta, limiti di cattura annuali per singole specie, basati su norme di controllo dello sfruttamento, il che rappresenta un miglioramento, rispetto ai limiti di cattura comuni imposti finora.

“Questo nuovo approccio gestionale rappresenta un passo avanti nella giusta direzione per garantire l’esistenza di stock ittici sani, impedire la pesca eccessiva e assicurare che le attività di pesca possano continuare a fornire catture sostenibili nel lungo periodo,” ha affermato Marin Mihanovic, Funzionario per la pesca della CGPM e Coordinatore subregionale per il Mare Adriatico. “Inoltre, è riconosciuto da più parti, non solo come una buona pratica a sostegno della sostenibilità ecologica e della stabilità economica, ma anche come uno strumento per migliorare la gestione della pesca, garantendo l’efficienza economica, vantaggi per le comunità, la riduzione delle catture accidentali e una maggiore conformità e applicazione delle norme.”

Gli interventi di gestione riguardano anche lo spazio marittimo, con l’entrata in vigore di una nuova zona di restrizione della pesca nel Canale di Otranto, nell’Adriatico meridionale, tra l’Albania e l’Italia. Tale zona è stata istituita dopo un processo inclusivo durato anni, a cui hanno partecipato diverse parti interessate. Si tratta dell’undicesima zona di restrizione della pesca voluta dalla CGPM nel suo territorio di competenza e della terza nel Mare Adriatico, dopo il Canyon di Bari e la Fossa di Pomo/Jabuka.


L’area protetta nel Canale di Otranto persegue formalmente il duplice scopo di tutelare gli ecosistemi marini vulnerabili, costituiti da corallo bambù, dagli importanti impatti negativi della pesca e di rinvigorire la produttività delle risorse marine viventi, attraverso la protezione di habitat essenziali per alcune specie ittiche, come il gambero rosso, il nasello europeo e lo scampo. Per raggiungere tali scopi, la pesca con reti a strascico sarà interdetta in un’area centrale e sarà limitata e regolamentata in una zona cuscinetto.
Sarà altresì rafforzata la gestione delle principali specie demersali. Dal 2019, è in vigore un piano di gestione pluriennale della CGPM che interessa il nasello europeo, la triglia di scoglio, la sogliola comune, lo scampo e il gambero rosa mediterraneo. Tale piano, in combinazione con l’istituzione della zona di interdizione della pesca attorno alla Fossa di Pomo/Jabuka, si è dimostrato efficace: non solo la biomassa di tutti e cinque gli stock è aumentata, ma per tre di essi (triglia, gambero rosa e sogliola) sono stati raggiungi livelli di sfruttamento sostenibili. Nell’ottica di continuare a sostenere il ripristino degli stock, la recente decisione della CGPM riduce ulteriormente le attuali attività di pesca con reti a strascico a divergenti e introduce nuove misure spazio-temporali, atte a migliorare lo stato degli scampi.

“Credo che le misure di gestione messe in atto negli ultimi anni porteranno miglioramenti duraturi per il settore della pesca, garantendone la continuità e aumentandone l’attrattiva per le giovani generazioni,” ha dichiarato Ilir Kapllani, un pescatore di Durazzo, in Albania.

Una cooperazione internazionale efficace

Una forte cooperazione internazionale nel bacino Adriatico è stata fondamentale nel tempo per preservarne la ricca vita marina e per orientare il settore della pesca verso la sostenibilità.
Questa cooperazione si è consolidata grazie al Comitato subregionale della CGPM per il Mare Adriatico, mentre tutte le attività generali della Commissione sono sostenute e coordinate attraverso l’Unità tecnica subregionale per il Mare Adriatico, aperta nel 2022, a Spalato, in Croazia. Queste strutture supportano direttamente l’attuazione del programma di sviluppo delle capacità MedSea4Fish della CGPM, con l’obiettivo di garantire, in tutto il bacino, pari opportunità in termini di conoscenze, competenze e infrastrutture.
Esse si basano anche sulla collaborazione formalizzata nel 1999 con il progetto AdriaMed della FAO, che, negli anni, ha svolto un ruolo chiave nel promuovere la cooperazione scientifica verso una gestione comune delle risorse tra i paesi interessati, contribuendo all’attuazione del Codice di condotta della FAO per la pesca responsabile e dei principi dell’approccio ecosistemico alla pesca e all’acquacoltura.

“La CGPM, riconoscendo che il Mare Adriatico ha specificità ecologiche, socioeconomiche e di governance uniche, ha adattato il suo approccio subregionale in modo da assicurare che le politiche sulla pesca affrontino le criticità di quest’area in modo coordinato tra gli Stati costieri, senza con ciò trascurare le priorità nazionali,” ha spiegato Katarina Burzanović, Direttrice Generale della Direzione per la Pesca del Ministero dell’Agricoltura, della Silvicoltura e della Gestione delle risorse idriche del Montenegro.

La cooperazione è fondamentale anche per garantire l’applicazione e il rispetto delle decisioni della CGPM. Tra gli interventi realizzati per contrastare la pesca illegale, non dichiarata e non documentata si annoverano il rafforzamento delle procedure di ispezione nei porti e il miglioramento degli obblighi di comunicazione dei dati, anche attraverso l’uso di diari di bordo elettronici, sistemi di identificazione automatici e/o sistemi di monitoraggio dei pescherecci per tutte le imbarcazioni che operano nell’ambito dei piani di gestione. Nella sottoregione, sono stati infine condotti, su base volontaria, programmi di ispezione congiunta, allo scopo di rafforzare la cooperazione e le capacità di controllo sia in mare che nei porti.

Facendo tesoro di tali azioni, la CGPM ha sostenuto, tramite il progetto FishEBM Med, l’attuazione pratica di strumenti di monitoraggio, controllo e sorveglianza perfezionati. Quest’anno, la CGPM ha operato in stretta collaborazione con il Montenegro per fornire un’assistenza completa e dotare la flotta montenegrina di piccoli pescherecci dei necessari dispositivi di tracciamento. L’iniziativa punta a migliorare il monitoraggio delle attività di pesca e a garantire pratiche sostenibili.

Promuovere un’acquacoltura sostenibile

Da tempo, la CGPM promuove attivamente lo sviluppo dell’acquacoltura sostenibile nell’Adriatico, collaborando con paesi come l’Albania per istituire zone destinate all’acquacoltura di pesci e molluschi. Tramite assistenza tecnica, azioni di rafforzamento delle capacità e missioni sul campo, la Commissione continua a sostenere il processo di individuazione di tali zone, garantendo che lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura sia in linea con l’approccio ecosistemico della FAO e con l’iniziativa Trasformazione blu.

La CGPM, inoltre, ha collaborato con organizzazioni scientifiche e produttori locali in Croazia per valutare meglio gli effetti dei cambiamenti climatici sull’acquacoltura, nonché per studiare possibili misure di adattamento.
L’Adriatico è una delle sottoregioni oggetto di studio, nell’ambito di una più ampia attività di valutazione degli impatti dei cambiamenti climatici nel Mediterraneo. Il riscaldamento delle acque ha causato un aumento dei tassi di mortalità estiva di specie come la spigola, mentre alcuni allevamenti di cozze del Mediterraneo hanno subito importanti perdite nel 2024, poiché questa specie fatica a tollerare le alte temperature. Per adattarsi ai cambiamenti climatici, gli acquacoltori stanno sperimentando nuove misure, come l’acquacoltura multitrofica integrata. Sono in corso sperimentazioni con l’ostrica piatta, che sembra essere più resistente al riscaldamento delle acque rispetto alla cozza.

Con l’intensificarsi del fenomeno, i suoi effetti sono particolarmente evidenti nell’Adriatico, che è un mare poco profondo e semichiuso. Elaborare e attuare misure di adattamento, quindi, sarà fondamentale per garantire una pesca e un’acquacoltura sostenibili e preservare gli ecosistemi marini.
Le attività della CGPM nel Mare Adriatico sono rese possibili grazie al sostegno finanziario dell’Unione europea, principale donatore della CGPM, e al contributo del Fondo mondiale per l’ambiente.

Adriatico: migliorare la sostenibilità a lungo termine di pesca e acquacoltura

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Mare Adriatico: migliorare la sostenibilità a lungo termine della pesca e dell’acquacoltura

Mare Adriatico: migliorare la sostenibilità a lungo termine della pesca e dell’acquacoltura

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Adriatico
Un banco di alici ©Falk Viczian Solarboot-Projekte gGmbH

Questo mese entreranno in vigore le 17 decisioni adottate dalla Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (CGPM) dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) durante la sua ultima sessione annuale. Con le sue decisioni, la CGPM promuove lo sviluppo, la conservazione e la gestione sostenibile delle risorse marine viventi e contribuisce allo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura nel Mediterraneo e nel Mar Nero. 

Alcune tra le decisioni più importanti di quest’anno riguardano il Mare Adriatico: l’imposizione di limiti di cattura annuali per singole specie nel caso di piccoli pelagici, l’introduzione di una nuova zona di restrizione della pesca (FRA) e l’adozione di misure volte a rafforzare la gestione delle principali specie demersali chiave.  

Una gestione della pesca più efficace 

Compreso tra sei paesi, il Mare Adriatico è la più piccola tra le quattro sottoregioni mediterranee poste sotto la supervisione della CGPM. Pur essendo una zona ricca dal punto di vista ecologico e biologico, non è esente da criticità come la pesca eccessiva, il degrado degli habitat e i cambiamenti climatici.

La CGPM ha avuto un ruolo cruciale nella gestione della pesca nell’Adriatico, grazie alla realizzazione di molteplici azioni, tra cui l’esecuzione di studi di ricerca scientifica e valutazione degli stock ittici, l’adozione di piani di gestione pluriennali e la creazione di zone di restrizione della pesca.  

Il primo piano di gestione della CGPM, adottato nel 2013, riguardava l’acciuga e la sardina, due specie fondamentali sia per l’industria della pesca che per l’ecosistema dell’Adriatico. Oggi, entrambe queste specie pelagiche tornano al centro dell’attenzione. Dopo un processo di valutazione della strategia di gestione condotto consultando varie parti interessate, la CGPM ha adottato, per la prima volta, limiti di cattura annuali per singole specie, basati su norme di controllo dello sfruttamento, il che rappresenta un miglioramento, rispetto ai limiti di cattura comuni imposti finora.  

Questo nuovo approccio gestionale rappresenta un passo avanti nella giusta direzione per garantire l’esistenza di stock ittici sani, impedire la pesca eccessiva e assicurare che le attività di pesca possano continuare a fornire catture sostenibili nel lungo periodo,” ha affermato Marin Mihanovic, Funzionario per la pesca della CGPM e Coordinatore subregionale per il Mare Adriatico. “Inoltre, è riconosciuto da più parti, non solo come una buona pratica a sostegno della sostenibilità ecologica e della stabilità economica, ma anche come uno strumento per migliorare la gestione della pesca, garantendo l’efficienza economica, vantaggi per le comunità, la riduzione delle catture accidentali e una maggiore conformità e applicazione delle norme.” 

Gli interventi di gestione riguardano anche lo spazio marittimo, con l’entrata in vigore di una nuova zona di restrizione della pesca nel Canale di Otranto, nell’Adriatico meridionale, tra l’Albania e l’Italia. Tale zona è stata istituita dopo un processo inclusivo durato anni, a cui hanno partecipato diverse parti interessate. Si tratta dell’undicesima zona di restrizione della pesca voluta dalla CGPM nel suo territorio di competenza e della terza nel Mare Adriatico, dopo il Canyon di Bari e la Fossa di Pomo/Jabuka.

Il Canale di Otranto è l’undicesima zona di restrizione della pesca istituita dalla CGPM

L’area protetta nel Canale di Otranto persegue formalmente il duplice scopo di tutelare gli ecosistemi marini vulnerabili, costituiti da corallo bambù, dagli importanti impatti negativi della pesca e di rinvigorire la produttività delle risorse marine viventi, attraverso la protezione di habitat essenziali per alcune specie ittiche, come il gambero rosso, il nasello europeo e lo scampo. Per raggiungere tali scopi, la pesca con reti a strascico sarà interdetta in un’area centrale e sarà limitata e regolamentata in una zona cuscinetto. 

Sarà altresì rafforzata la gestione delle principali specie demersali. Dal 2019, è in vigore un piano di gestione pluriennale della CGPM che interessa il nasello europeo, la triglia di scoglio, la sogliola comune, lo scampo e il gambero rosa mediterraneo. Tale piano, in combinazione con l’istituzione della zona di interdizione della pesca attorno alla Fossa di Pomo/Jabuka, si è dimostrato efficace: non solo la biomassa di tutti e cinque gli stock è aumentata, ma per tre di essi (triglia, gambero rosa e sogliola) sono stati raggiungi livelli di sfruttamento sostenibili. Nell’ottica di continuare a sostenere il ripristino degli stock, la recente decisione della CGPM riduce ulteriormente le attuali attività di pesca con reti a strascico a divergenti e introduce nuove misure spazio-temporali, atte a migliorare lo stato degli scampi.

Credo che le misure di gestione messe in atto negli ultimi anni porteranno miglioramenti duraturi per il settore della pesca, garantendone la continuità e aumentandone l’attrattiva per le giovani generazioni,” ha dichiarato Ilir Kapllani, un pescatore di Durazzo, in Albania. 

Una cooperazione internazionale efficace 

Una forte cooperazione internazionale nel bacino Adriatico è stata fondamentale nel tempo per preservarne la ricca vita marina e per orientare il settore della pesca verso la sostenibilità.  

Questa cooperazione si è consolidata grazie al Comitato subregionale della CGPM per il Mare Adriatico, mentre tutte le attività generali della Commissione sono sostenute e coordinate attraverso l’Unità tecnica subregionale per il Mare Adriatico, aperta nel 2022, a Spalato, in Croazia. Queste strutture supportano direttamente l’attuazione del programma di sviluppo delle capacità MedSea4Fish della CGPM, con l’obiettivo di garantire, in tutto il bacino, pari opportunità in termini di conoscenze, competenze e infrastrutture. 

Esse si basano anche sulla collaborazione formalizzata nel 1999 con il progetto AdriaMed della FAO, che, negli anni, ha svolto un ruolo chiave nel promuovere la cooperazione scientifica verso una gestione comune delle risorse tra i paesi interessati, contribuendo all’attuazione del Codice di condotta della FAO per la pesca responsabile e dei principi dell’approccio ecosistemico alla pesca e all’acquacoltura. 

La CGPM, riconoscendo che il Mare Adriatico ha specificità ecologiche, socioeconomiche e di governance uniche, ha adattato il suo approccio subregionale in modo da assicurare che le politiche sulla pesca affrontino le criticità di quest’area in modo coordinato tra gli Stati costieri, senza con ciò trascurare le priorità nazionali,” ha spiegato Katarina Burzanović, Direttrice Generale della Direzione per la Pesca del Ministero dell’Agricoltura, della Silvicoltura e della Gestione delle risorse idriche del Montenegro. 

La cooperazione è fondamentale anche per garantire l’applicazione e il rispetto delle decisioni della CGPM. Tra gli interventi realizzati per contrastare la pesca illegale, non dichiarata e non documentata si annoverano il rafforzamento delle procedure di ispezione nei porti e il miglioramento degli obblighi di comunicazione dei dati, anche attraverso l’uso di diari di bordo elettronici, sistemi di identificazione automatici e/o sistemi di monitoraggio dei pescherecci per tutte le imbarcazioni che operano nell’ambito dei piani di gestione. Nella sottoregione, sono stati infine condotti, su base volontaria, programmi di ispezione congiunta, allo scopo di rafforzare la cooperazione e le capacità di controllo sia in mare che nei porti.

Una squadra della CGPM installa dispositivi di tracciamento su battelli per la piccola pesca artigianale in Montenegro ©FAO-GFCM

Facendo tesoro di tali azioni, la CGPM ha sostenuto, tramite il progetto FishEBM Med, l’attuazione pratica di strumenti di monitoraggio, controllo e sorveglianza perfezionati. Quest’anno, la CGPM ha operato in stretta collaborazione con il Montenegro per fornire un’assistenza completa e dotare la flotta montenegrina di piccoli pescherecci dei necessari dispositivi di tracciamento. L’iniziativa punta a migliorare il monitoraggio delle attività di pesca e a garantire pratiche sostenibili.  

Promuovere un’acquacoltura sostenibile 

Da tempo, la CGPM promuove attivamente lo sviluppo dell’acquacoltura sostenibile nell’Adriatico, collaborando con paesi come l’Albania per istituire zone destinate all’acquacoltura di pesci e molluschi. Tramite assistenza tecnica, azioni di rafforzamento delle capacità e missioni sul campo, la Commissione continua a sostenere il processo di individuazione di tali zone, garantendo che lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura sia in linea con l’approccio ecosistemico della FAO e con l’iniziativa Trasformazione blu.

La CGPM, inoltre, ha collaborato con organizzazioni scientifiche e produttori locali in Croazia per valutare meglio gli effetti dei cambiamenti climatici sull’acquacoltura, nonché per studiare possibili misure di adattamento. 

L’Adriatico è una delle sottoregioni oggetto di studio, nell’ambito di una più ampia attività di valutazione degli impatti dei cambiamenti climatici nel Mediterraneo. Il riscaldamento delle acque ha causato un aumento dei tassi di mortalità estiva di specie come la spigola, mentre alcuni allevamenti di cozze del Mediterraneo hanno subito importanti perdite nel 2024, poiché questa specie fatica a tollerare le alte temperature. Per adattarsi ai cambiamenti climatici, gli acquacoltori stanno sperimentando nuove misure, come l’acquacoltura multitrofica integrata. Sono in corso sperimentazioni con l’ostrica piatta, che sembra essere più resistente al riscaldamento delle acque rispetto alla cozza.  

Con l’intensificarsi del fenomeno, i suoi effetti sono particolarmente evidenti nell’Adriatico, che è un mare poco profondo e semichiuso. Elaborare e attuare misure di adattamento, quindi, sarà fondamentale per garantire una pesca e un’acquacoltura sostenibili e preservare gli ecosistemi marini. 

Le attività della CGPM nel Mare Adriatico sono rese possibili grazie al sostegno finanziario dell’Unione europea, principale donatore della CGPM, e al contributo del Fondo mondiale per l’ambiente. 

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L’UE guida la pesca sostenibile nell’Oceano Indiano

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L’UE guida la pesca sostenibile nell’Oceano Indiano – Il futuro della pesca nel cuore dell’Oceano Indiano cambia rotta con decisione. La recente riunione della Commissione per il Tonno dell’Oceano Indiano ha sancito un momento storico: per la prima volta, tutti i principali tonni tropicali – tonno pinna gialla, tonno obeso e tonnetto striato – sono soggetti a limiti di cattura vincolanti. Un traguardo che segna l’inizio di una gestione più responsabile e consapevole delle risorse marine, con l’Unione Europea in prima linea nel promuovere un modello di pesca sostenibile e lungimirante.

Non si tratta solo di numeri o regolamenti, ma di garantire un equilibrio tra la redditività del settore ittico e la salvaguardia degli ecosistemi. Le nuove quote assegnate ai principali attori della pesca, come UE, Indonesia e Maldive, offrono al mercato stabilità e prospettive certe. Un messaggio chiaro anche ai paesi emergenti: crescere sì, ma nel rispetto delle regole e della sostenibilità.

Tra le novità più rilevanti, spicca l’aumento del 15% del totale ammissibile di catture per il tonno obeso, frutto della collaborazione tra UE e Giappone e dell’adesione rigorosa ai pareri scientifici. Un approccio che ha già dato i suoi frutti con il tonno pinna gialla, ora fuori dalla zona critica di sovrasfruttamento grazie a un piano di ricostituzione avviato nel 2021. Ma la prudenza resta d’obbligo: ogni decisione su ulteriori aumenti sarà rimandata dopo una revisione accurata dei dati.

Non meno importante il capitolo dedicato agli squali. La tutela dello squalo mako pinna corta segna una vittoria per la biodiversità marina, con il divieto di detenzione e l’obbligo di rilascio immediato degli esemplari vivi. Un passo deciso contro la mortalità accidentale e un segnale forte verso pratiche di pesca più etiche. Anche se il principio delle “pinne naturalmente attaccate” deve ancora superare alcune resistenze internazionali, l’impegno europeo nel contrastare il finning resta incrollabile.

La riunione, ospitata a La Réunion, in Francia, dal 13 al 17 aprile 2025 e ha visto l’adozione di 14 proposte su temi cruciali come il controllo dei trasbordi, la governance interna dell’IOTC e l’impatto dei cambiamenti climatici sugli stock ittici. L’UE conferma così il suo ruolo di leader globale nella gestione sostenibile degli oceani, portando avanti una visione che coniuga rispetto per l’ambiente e sviluppo del settore.

L’UE guida la pesca sostenibile nell’Oceano Indiano

 

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