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Superano i 5,5 miliardi di euro, in un anno, le transazioni elettroniche effettuate da turisti stranieri nei ristoranti italiani. È il dato che emerge dalla seconda edizione del report “Tourism and Incoming Watch”, pubblicato da Nexi e Ministero del Turismo e riferito al periodo aprile 2023 – marzo 2024. La spesa dei turisti stranieri in ristorazione rappresenta oltre il 26% del totale delle transazioni internazionali registrate nel nostro Paese con moneta elettronica.
Rapportando questo dato alla stima di Banca d’Italia per il 2023, che valuta in oltre 54 miliardi di euro la spesa complessiva dei viaggiatori esteri, il risultato è chiaro: la ristorazione italiana ha generato oltre 14 miliardi di euro di valore economico, diventando la prima voce di spesa turistica.
Un dato imponente, che conferma la centralità dell’offerta gastronomica nell’esperienza di viaggio in Italia. Ma a ben vedere, non è solo l’alta cucina a pesare: è l’intera rete della ristorazione, tipica, regionale, legata al territorio, a trainare il desiderio del turista internazionale. In questa cornice, il pesce italiano, fresco o trasformato, assume un ruolo fondamentale nei menu delle destinazioni costiere e delle isole, diventando parte integrante della narrazione turistica.
Secondo il rapporto, a incidere fortemente sono i cosiddetti “foodies”: viaggiatori attenti all’offerta gastronomica, che spendono in media il 71% in più in ristorazione rispetto agli altri. I dati evidenziano inoltre una crescente digitalizzazione anche per i piccoli importi, con pagamenti elettronici sempre più diffusi anche sotto i 20 euro, segno di un’evoluzione culturale che riguarda non solo i turisti ma anche gli operatori Horeca.
A commentare il quadro è FIPE-Confcommercio, che sottolinea come questi numeri certificano “l’alto grado di digitalizzazione dei pagamenti del comparto, che registra un utilizzo sempre più esteso anche per le transazioni di piccolo importo”, come afferma il direttore generale Roberto Calugi. Allo stesso tempo, FIPE rilancia il dibattito sull’incidenza delle commissioni bancarie, che penalizzano i piccoli esercenti e rischiano di rallentare la completa transizione digitale del settore.
Il report evidenzia anche la geografia della spesa: le città d’arte restano dominanti (Roma, Milano, Venezia, Firenze, Napoli), ma cresce l’incidenza di aree turistiche ad alta identità territoriale e forte tradizione enogastronomica, come la Costiera Amalfitana, le Cinque Terre, Pompei, le colline toscane, la Costa Smeralda, i laghi del nord e le isole – Sicilia e Sardegna su tutte. In queste aree, il consumo di pesce è parte della promessa turistica e della customer experience, a vantaggio diretto di produttori, pescatori, trasformatori e distributori.
Per la filiera ittica italiana, questi numeri offrono un’indicazione precisa: valorizzare il pesce locale attraverso la ristorazione turistica significa intercettare flussi economici significativi, aumentare la percezione di qualità e rafforzare la connessione tra cibo, cultura e territorio.
Non si tratta solo di fornire materia prima, ma di entrare a pieno titolo in una narrazione contemporanea dove il prodotto ittico diventa esperienza, e dove ogni attore – dal porto al piatto – può contribuire a costruire valore.
Il boom della spesa turistica in ristorazione non è un dato collaterale, ma un segnale strategico. Per il settore ittico italiano è il momento di leggere il turismo come leva economica e culturale, consolidando filiere corte, raccontando il territorio e offrendo ai viaggiatori un mare da assaporare.
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L’articolo Turisti stranieri: 14 miliardi in ristorazione. Il mare italiano nel piatto proviene da Pesceinrete.
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