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Si fa presto a dire sostenibilità! Forse fino a ieri. Oggi, con la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e i nuovi European Sustainability Reporting Standards (ESRS), l’Europa chiede alle imprese di dimostrarla con numeri e verifiche.
Il 29 settembre 2025 si chiude la consultazione pubblica sugli ESRS: da qui nasceranno le regole definitive che determineranno come dovrà essere redatta la rendicontazione di sostenibilità. Un passaggio che riguarda anche la filiera ittica, dalle grandi aziende della trasformazione ai fornitori più piccoli.
Perché la CSRD riguarda il settore ittico
Molti operatori pensano che la CSRD sia un tema distante, riservato a banche o multinazionali. In realtà il perimetro degli obblighi è molto più ampio:
Dal 2026 saranno tenute a redigere il report di sostenibilità tutte le grandi imprese (oltre 250 dipendenti, o più di 40 milioni di fatturato, o oltre 20 milioni di attivo).
Dal 2027 l’obbligo si estenderà anche alle PMI quotate.
Le altre imprese della filiera, pur non direttamente obbligate, saranno comunque coinvolte come fornitrici: i grandi gruppi e la GDO chiederanno loro dati per completare la rendicontazione.
In concreto, per il comparto ittico nessuno potrà considerarsi escluso: l’impatto sarà diretto per alcune aziende e indiretto per tutte le altre.
Adeguarsi alla CSRD: cosa significa in pratica
Per le aziende ittiche adeguarsi alla CSRD significa avviare un percorso strutturato che richiede:
Raccolta dati ESG: consumi energetici, emissioni, uso dell’acqua, rifiuti di lavorazione, condizioni di lavoro, catena di fornitura.
Integrazione nei processi: non un documento separato, ma parte integrante del bilancio.
Definizione di obiettivi concreti: riduzione scarti, certificazioni di sostenibilità, efficientamento energetico.
Verifica esterna: i dati dovranno essere certificati da un revisore indipendente, al pari dei bilanci economici.
Le priorità per la filiera ittica
Tra i temi più rilevanti che emergeranno dagli ESRS, le aziende ittiche dovranno focalizzarsi su:
Gestione delle risorse marine: metodi di pesca e impatti sugli stock.
Consumi energetici e carburanti: dalle flotte alle linee di trasformazione.
Gestione di acqua e rifiuti: qualità degli scarichi e riduzione degli scarti.
Condizioni di lavoro: sicurezza dei pescatori e del personale nei siti produttivi.
Catena di fornitura: mangimi, packaging, logistica.
Tracciabilità e certificazioni: strumenti chiave per dialogare con buyer e consumatori.
Da dove partire subito
Per non arrivare impreparate, le imprese ittiche possono attivare fin da ora alcuni passaggi concreti:
Gap analysis: verificare quali dati già vengono raccolti e cosa manca.
Coinvolgere la governance: CDA e management devono guidare il percorso.
Adottare sistemi di monitoraggio: anche soluzioni digitali semplici possono essere utili.
Formare il personale: chi gestisce i dati ESG deve conoscere gli standard.
Dialogare con i partner di filiera: fornitori e clienti vanno coinvolti fin dall’inizio.
Sfide e opportunità
L’adeguamento alla CSRD comporta costi, complessità e rischio di burocrazia. Ma per il settore ittico è anche una grande opportunità:
- migliorare l’efficienza e ridurre gli sprechi,
- accrescere la reputazione verso buyer e consumatori,
- rendere l’azienda più competitiva nei mercati internazionali,
- accedere a investitori e bandi sempre più legati a criteri ESG.
Con la chiusura della consultazione ESRS il 29 settembre 2025, il quadro europeo della sostenibilità entra nella sua fase definitiva. Per le aziende ittiche significa non solo adeguarsi a un obbligo normativo, ma ripensare i processi in chiave trasparente e sostenibile.
EFRAG – Consultazione pubblica sugli ESRS
Commissione Europea – Corporate sustainability reporting
Grant Thornton – CSRD reporting: What you need to know
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L’articolo Si fa presto a dire sostenibilità! L’ittico nell’era dei dati proviene da Pesceinrete.
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