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Il Mar Mediterraneo non è mai stato così caldo e imprevedibile. Le ondate di calore marine nel Mediterraneo stanno diventando un nuovo fattore strutturale che condiziona ecosistemi e attività umane, in particolare pesca e acquacoltura.
Il Copernicus Ocean State Report 9, pubblicato a settembre, fotografa un bacino che si riscalda più della media globale: +0,41 °C per decennio dal 1982, con valori ancora più elevati in Egeo, Levantino e Adriatico. Non si tratta solo di numeri: dietro ci sono filiere produttive italiane che rischiano di perdere stabilità, redditività e futuro.
Dal Delta del Po alla Sicilia: due emergenze simbolo
Tra il 2022 e il 2023, il Mediterraneo ha registrato la più lunga ondata di calore marina degli ultimi quarant’anni, con temperature fino a 4,3 °C sopra la norma. Nel Delta del Po, l’effetto è stato devastante: le venericolture hanno visto crolli produttivi fino al 100%. A rendere la situazione più drammatica è stato il dilagare del granchio blu, specie invasiva che ha approfittato delle nuove condizioni ambientali per consolidare la propria presenza.
Spostandosi in Sicilia, un’altra minaccia si è fatta concreta. L’espansione del vermocane barbuto, favorito dalle acque più calde, ha colpito biodiversità, piccola pesca e persino la salute umana. Due casi emblematici che mostrano come il cambiamento climatico non sia più un tema teorico, ma un fattore che altera gli equilibri economici e sociali della filiera ittica mediterranea.
Acquacoltura mediterranea sotto pressione
Se la pesca paga gli effetti delle trasformazioni ecologiche, l’acquacoltura vive una pressione altrettanto forte. Nel 2024, il 17% degli allevamenti di molluschi europei è stato colpito da ondate di calore estreme. Tutte le regioni oceaniche adiacenti ai Paesi con produzioni superiori a 5.000 tonnellate annue mostrano oggi riscaldamento e acidificazione sopra la media globale.
Per l’Italia, dove la molluschicoltura rappresenta un asse portante del comparto, queste cifre significano rischi diretti per imprese, cooperative e occupazione. L’aumento delle temperature riduce la resa e altera la qualità del prodotto, mentre l’acidificazione minaccia i cicli vitali dei bivalvi.
Politica e gestione: la partita si gioca ora
Il messaggio dell’OSR9 è chiaro: non basta la consapevolezza, servono risposte operative. A livello europeo, la Missione Restore Our Ocean and Waters 2030 punta a rafforzare monitoraggi, innovazione e governance. Per l’Italia la sfida è integrare questi dati nella gestione concreta, dalle concessioni in acquacoltura ai piani di pesca, fino alle strategie assicurative per coprire i rischi climatici.
Lo strumento più innovativo introdotto dal report è lo Starfish Barometer, un cruscotto che ogni anno fotograferà lo stato di salute dell’oceano e le pressioni umane. Una base utile per politiche più informate, ma anche per imprese e associazioni che devono ricalibrare i propri modelli.
Le ondate di calore marine nel Mediterraneo non sono un evento passeggero, ma un nuovo contesto con cui la filiera ittica italiana deve imparare a convivere. Ignorarle significa lasciare imprese e comunità costiere esposte a shock sempre più frequenti. Affrontarle con dati e strategie significa, invece, trasformare una crisi in un’opportunità di adattamento e resilienza.
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L’articolo Mediterraneo bollente, pesca e acquacoltura italiane nel mirino delle ondate di calore proviene da Pesceinrete.
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